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Damiano Pastrello

L’ancor giovane Damiano Pastrello, mi ha un bel giorno inviato una mail in cui diceva di aver scritto un libro e di averlo pubblicato sulla piattaforma youcanprint. Il self publishing è ormai diventata una forma di auto promozione piuttosto diffusa. Ai tempi miei si doveva per forza passare sotto il giudizio di un Editore e io sono vecchio abbastanza da ricordarlo bene.

Di Damiano sappiamo poco, se non che evidentemente non ama parlare molto di sé, infatti l’unica biografia che mi manda è “Ho 36 anni e sono residente in provincia di Padova. Al momento sono disoccupato, ma in passato ho lavorato nel settore metalmeccanico per circa tredici anni. Questa è la mia prima opera letteraria.”

Come farei con qualsiasi nuovo adepto alla fantascienza, gli dico che avrei volentieri letto il suo romanzo, cosa che ho fatto, per poi però scrivere le mie impressioni, ovviamente insindacabili. Discutibili forse, ma comunque quelle sono.

La storia è una specie di “Lo chiamavano Jeeg Robot.” Come il noto film, anche questo romanzo ha una ambientazione popolare, addirittura proletaria, con molta delinquenza tutto attorno. Qui siamo in un paese immaginario in cui domina la mafia ad altissimo livello, al punto da non rendere sicuro il semplice tornare a casa.Torneremo sulla storia tra breve…

Questo perché prima abbiamo un problema con questo libro: la scrittura. Ché non è solo popolare, ma decisamente insufficiente. Per non dire balorda.

Ora, qualcuno mi potrebbe dire che si è trattato di un’operazione voluta, in quanto un semplice e non smaliziato operaio, poco avvezzo a comunicare, (quale è il personaggio!) scriverebbe probabilmente così. Il libro è dunque una sorta di “Ulisse” Joyciano con sofisticate ricerche semantiche, atte a indicare la ricerca di uno stile fiorito da parte del nostro eroe, ché, come personaggio, non sarebbe in grado di svilupparlo. Se così fosse saremmo di fronte a un futuro capolavoro letterario.

Ma io non la penso così!

Parlando con Damiano gli riporto una sua frase qualsiasi presa dal suo libro: “risparmiavano anche di buscarsi qualche sbronza di troppo,” oppure subito dopo: “Con il passare del tempo le radici della città continuavano a farsi calpestare sempre di più da quelle che in gergo venivano chiamate organizzazioni criminali.”

Gli ho fatto notare che la prima frase è decisamente criptica e che dire “organizzazioni criminali” non è affatto un “gergo.” Quindi sarebbe stato meglio scrivere qualcosa del tipo “…così almeno non si ubriacavano,” e poi, “Quella città, sempre più, era occupata da bande criminali organizzate.” Semplice e scorrevole!

Damiano, mi risponde: “Ammetto di aver un po’ esagerato con le parole in certi punti e come hai detto te, era meglio semplificare. La cosa che mi stupisce di più è che altre persone l’hanno letto prima di te e ho anche richiesto un servizio di correzione approfondita. Nessuno finora ha notato certi difetti.

Questa è davvero grossa! Il libro è tutto così e in certi passaggi anche più strambo di così.

Ho fatto notare poi, al nostro Autore, che invece la gestione della storia è condotta mirabilmente. Con questo intendo dire che (superato il fastidio di leggere cose scritte in quella maniera strampalata) la storia è perfetta: nasce con un sapore provinciale, diventa violenta, c’è la sorpresa perché l’eroe si scopre improvvisamente un vendicatore, ingaggia la battaglia con i criminali e sembrerebbe tutto finito. Invece no. Il libro improvvisamente riprende tono, perché l’eroe sviluppa tutta una nuova serie di avventure congegnate in maniera davvero superlativa. Diciamo che la seconda parte si distingue decisamente dal suo fratello “Jeeg” cinematografico. E in meglio!

A fronte di questa perfetta gestione della trama, non so più che dire!

Davvero siamo di fronte a un nuovo stile diciamo “iper-popolare” da classificare tra le scoperte letterarie della fantascienza? Come prima, io non lo credo!

Confesso che la mia primissima impressione sia stata quella di un Damiano non di lingua madre italiana.

Ci diceva Paul Di Filippo solo un paio di settimane fa, che lui scrive i racconti con Claudio Chillemi perché “[…] dio lo benedica, [Claudio] sa scrivere in inglese [anche se] non è un inglese perfettissimo […]  Io ripulisco la sua prosa come farebbe un buon traduttore […]

Qui con la prosa di Damiano Pastrello è la medesima cosa: qualcuno dovrebbe ri-tradurlo in italiano!

A questa affermazione Damiano risponde per la prima volta un po’ piccato: “Come ti ho già accennato l’ultima volta, tu sei il primo che mi fa un’osservazione simile e ciò dimostra che ogni giudizio è soggettivo, quindi ritengo che il mio modo di scrivere possa piacere come no. Per quanto riguarda la mia nazionalità, ti garantisco che sono italiano al 100%”.

Eppure, per far diventare questo romanzo completamente leggibile, non bisognerebbe cambiare, né tagliare alcuna frase, ma semplicemente correggerle. Farò un ultimo un esempio. Ho preso del tutto a caso un passaggio discretamente complesso. Più o meno a pagina 17: versione ebook, quindi difficile dire con precisione:

Con i rancori che si attorcigliavano nella sua mente come serpenti costrittori, stava meditando un sistema per levarsi di torno quel Belton e poter lavorare in pace. A causa di ciò non si era reso conto che i suoi piedi avevano oltrepassato la linea che delimitava il confine di sicurezza. Quando il desiderio di una pinta di birra bianca ebbe il sopravvento sui pensieri malevoli che gli ronzavano intorno come uno sciame d’api, tornò in sé e rimase sconcertato quando capì di essere finito nel territorio occupato dai Lizard Boys. Si impose un immediato indietro tutta con i motori alla massima potenza, ma ormai era troppo tardi. I componenti della banda lo avvistarono e non ci misero molto ad accerchiarlo.

Una “decente” versione potrebbe essere:

Nella testa gli ribollivano mille idee, feroci come serpenti. Voleva levarsi di torno Belton e lavorare in pace. Continuava a pensare e non si era reso conto di aver oltrepassato una pericolosa linea di confine. Quando gli venne voglia di una pinta di birra bianca, mise da parte quello sciame d’api che aveva in testa e solo allora si accorse sconcertato di essere finito nel territorio controllato dai Lizard Boys. Pensò di tornare di corsa indietro, fuga con i motori alla massima potenza, ma ormai era troppo tardi. Quelli della banda lo videro e subito gli furono attorno.

Come si vede ho solo aggiustato il testo, perché per il resto viene voglia di vedere che cosa succede.Le trovate fantastiche sono molto interessanti, originali e diventano sempre più strabilianti man mano che la storia si sviluppa. La seconda parte del romanzo è inaspettata e ben condotta, una fantascienza di primissima classe.

Il mio consiglio a Damiano sarebbe quello di trovarsi qualcuno capace di aggiustare la sua scrittura: in pratica far uscire i romanzi con due firme. Anche se non ne conosco i motivi, so che ci sono stati parecchi Autori che hanno pubblicato a due mani. Ricordiamo per esempio gli illustrissimi Fruttero & Lucentini.

Il finale promette un “seguito,” ma c’è solo sperare che Damiano possa trovare il suo “traduttore,” perché io non credo di aver voglia di leggere un altro suo libro che proponga il modo di scrivere di questo.

Cosa ne pensa in definitiva Damiano Pastrello? “Al momento non ho nulla da commentare. In ogni caso intendo continuare e accettare ogni critica, positiva e negativa.

In questo riconosco decisione e anche coraggio.

Auguri!

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.