L’Onorevole divano

[singlepic id=330 w=250 h=354 float=left]«Un vero scoop!»: così – pensava Titti – avrebbero esclamato ironicamente i giornalisti nel ricevere il comunicato stampa che lei stava confezionando.

L’Onorevole l’aveva fatta correre al Centro Studi in un’afosa domenica d’agosto alle due del pomeriggio per scrivere e trasmettere al mondo intero una sua dichiarazione sulle prospettive future della pallanuoto femminile.

L’addetta stampa in erba stava per inviare l’entusiasmante testo, che avrebbe rivoluzionato per sempre l’assetto etico-socio-politico-economico del Paese. Tutta sola, annoiata e immalinconita, nell’ufficio deserto, rifletteva con rassegnazione sulle grigie occupazioni che la stavano distogliendo dai suoi creativi programmi, e inaspettatamente suonò il campanello.

Chi poteva essere? Spiò con sospetto dall’occhio magico: era Ric, vivace leader dei giovani democristiani della corrente dell’Onorevole.

Titti spalancò la porta, contenta di guadagnare un po’ di compagnia frizzante:

«Qual buon vento?».

Lui non rispose.

In un baleno la prese per mano trascinandola nel sacro ufficio dell’Onorevole. Qui con repentina mossa imprevedibile la cappottò lunga distesa sull’ordinatissima, lucida scrivania:

«Profaniamo il tempio! Fornichiamo sul tavolo dell’Onorevole!».

Ric scherzava, anche se, scherzando, emergono spesso desideri inconfessati. Fatto sta che, in men che non si dica, Titti si accorse inequivocabilmente che si stavano baciando. Che spirito d’osservazione! E dopo un minuto non si ricordava più come mai avesse deciso di non indignarsi della cosa.

Rinsavita per un barlume di secondo, saltò giù dalla scrivania. Ne seguì un rocambolesco inseguimento lungo il corridoio fino alla sala riunioni. Lì andarono avanti per un po’ con un “gira e rigira” attorno al tavolo ovale, mentre lui continuava a fare il vocione da lupo cattivo: «Ti mangio! Ti mangio!».

E lei, da brava Cappuccetto Rosso, saltellava via con aggraziati gridolini. Era piuttosto divertente!

Ad un certo punto, scavalcando il tavolone, riuscì a riguadagnare la porta. Ma in corridoio fu placcata dal robusto Ric: «Presa!».

Precipitarono tutti e due di peso sul divano degli ospiti dell’Onorevole. Un bel capitombolo, con lei schiacciata sotto il baciatore domenicale.

Il divano, già duramente provato dai culoni di centinaia di assessori della Bassa Padovana, non resse a tanto. Le due zampe destre cedettero con uno scricchiolio raccapricciante.

I due giovani abusivi profanatori di sedi biancoscudate, ambasciatori dell’amore in allegria, rotolarono sul pavimento senza riuscire a trattenere le lacrime per le risate, con le guance rosse e le teste scarmigliate. Non potevano smettere di singhiozzare di divertimento, nemmeno mentre tentavamo di occultare il tremendo e sacrilego malanno, ricomponendo alla meglio il divano. Riuscirono a rimetterlo in bilico sulle gambe sradicate. Assolutamente incoscienti, privi di sensi di colpa: giovani scellerati sfondadivani.

Mentre osservavano soddisfatti che tutto sembrava perfetto e certi che nessuno avrebbe sospettato del danno, suonò il telefono. Era l’Onorevole. E Ric sgattaiolò via quatto quatto come se il grande capo potesse scorgerlo attraverso la cornetta.


 

Uscito dal Centro Studi, il ragazzo s’incamminò verso casa, sorridendo e pensando a quanto fossero strani gli umani, ma soprattutto le umane, bisognose di giocare e di ridere anche mentre stavano per fare l’amore, che era una cosa seria. Alzò lo sguardo e vide le rondini rincorrersi nel cielo fra allegri richiami. Si ricordò della prima volta che era sceso sulla Terra e aveva assunto proprio le sembianze di una di loro, per osservare dall’alto il comportamento dei terrestri. Alla fine aveva imparato molto anche delle sue compagne di scorribande, le rondini. Pensò che infondo non c’era molta differenza fra Titti e una creatura alata. Leggera, piena di gioiosa levità, pur nella nobilissima e profonda missione di volare in alto.


 

La mattina dopo, l’Onorevole arrivò al Centro Studi in preda ad una delle sue forti emicranie, provocata dall’indignazione per il fatto che non tutti i giornali avevano pubblicato le sue esternazioni pallanuotistiche.

«Mi perseguitano!» brontolò a denti stretti, e si chiuse nella sacra stanza, aggiungendo di non disturbarlo per un’ora, per nessun motivo.

Puntuale, dieci minuti dopo, arrivò un uomo sulla sessantina, tracagnotto, pelato, palesemente emozionato ed impaurito all’idea di incontrare l’Ex Ministro, con il quale aveva appuntamento per elemosinare una raccomandazione per il figlio tabaccaio, in cambio dei voti del circolo bocciofilo alle elezioni politiche della primavera successiva.

«Dovrà aspettare un po’ – gli annunciò la segretaria -, si accomodi pure lì, in corridoio».

Il padre in apprensione si lasciò cadere pesantemente sul divano. Tutto l’edificio tremò, mentre l’omone finiva a gambe all’aria, tra i cuscini scomposti. Un tonfo storico: le due zampe divelte volarono contro la parete, ed il gemito del poveretto echeggiò fino all’ottavo piano del palazzo. Anzi, una signora che stava stendendo la biancheria sulla terrazza del nono, per lo spavento, lasciò cadere una molletta, che andò quasi a finire in bocca ad un signore sul marciapiedi, il quale, incuriosito dal trambusto, s’era fermato guardando in alto verso al finestra del Centro Studi.

Furibondo, l’Onorevole spuntò fuori dal suo santuario con la faccia paonazza, urlando:

«Cosa succede qui?!».

Titti rimase stupita nel rilevare tanta agilità nel malcapitato ospite steso sul pavimento. Fulmineo, balzò in piedi con felino guizzo e si dileguò sul pianerottolo e giù per due piani di scale, prima che il furente Onorevole potesse memorizzarne i tratti somatici.

La ragazza ’immaginò il titolone dell’articolo che sarebbe uscito il giorno seguente: “Orgia democristiana, sfondato divano”.


 

Quella sera Titti scrisse al Comando Interuniversale:

Esimi membri supremi del Comando,

negli ultimi giorni ho imparato due cose importantissime. La prima è che questi terrestri, quando vogliono accoppiarsi, perdono tempo in un sacco di strani rituali, fatti di inseguimenti e scherzi inconcludenti. In questo modo riusciranno di rado a riprodursi e finiranno per estinguersi.

La seconda riguarda i meccanismi diabolici dell’informazione di questo mondo. La maggior parte delle notizie che riguardano i suddetti accoppiamenti, sono assolutamente infondate, creando l’illusione che il problema della salvaguardia della specie non esista.

Eppure, miei esimi, è così divertente, che prima di aprire gli occhi agli umani, chiedo l’autorizzazione di giocare un altro po’. Non tanto. Mi basta una quarantina d’anni. Dopo tutto, il mondo è pieno di divani”.

Anna Laura Folena (2015)

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Appassionato di fantascienza credo da sempre, ma scoperto di esserlo in quarta elementare quando mi hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrei compiuto nove anni in quell'autunno.

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