umberto_folena_smCon un racconto di quelli che davvero mi piacciono, ecco tornare Umberto Folena: cosa sarebbe successo se…
Fantasia, storia, un pizzico di follia e tantissima ironia: grazie a chi scrive racconti come questo!
Franco Giambalvo

Dalla “Gazzetta sabauda”, 8 settembre 2043.

[singlepic id=284 w=250 h=162 float=right]È con il cuore gonfio di gioia e d’orgoglio che vi parliamo di un grande successo, forse il primo effettivo della sua storia, dell’Onu. E degli ultimi atti del processo di pacificazione dell’un tempo martoriato continente africano. Lo facciamo mentre accompagniamo in volo da Roma ad Addis Abeba il primo governatore italiano della risorta colonia d’Etiopia ed Eritrea, il conte Ranieri Colonna Bigolone di Monterapace. Con emozione scrutiamo verso il basso dal finestrino dell’agile quadrimotore Aermacchi: sotto di noi rosseggia l’Egitto, il penultimo paese del continente guidato, si fa per dire, da uno sciagurato governo autoctono. Fino a quando?

È opportuno in questa fausta circostanza, sia pure succintamente, ripercorrere le gloriose tappe che hanno condotto al radioso rinascimento africano. Tutto cominciò con l’ultima violentissima crisi in Burundi e Ruanda di sedici anni fa, causata da un rigore fischiato da un arbitro nigeriano a favore del Burundi contro il Ruanda nel corso di un’amichevole giocata a Brazzaville. Ne seguì l’ennesimo, fatale olocausto umano. Il conflitto tra tutsi e hutu appariva insanabile, al pari di quelli analoghi che insanguinavano il Corno d’Africa, il Darfur, il Sud Sudan, l’Algeria, la Nigeria, la Liberia, l’Angola, il Congo… Come risolverli?

[singlepic id=285 w=250 h=200 float=left]L’idea venne al più attrezzato pool di cervelli esistente al mondo, un autentico concentrato di cultura, creatività e innovazione, nel rispetto della tradizione: la direzione marketing della Coca Cola, ad Atlanta! Era ed è, la Coca Cola, l’organismo che più di ogni altro – Croce Rossa, Chiesa cattolica, Grande Oriente e perfino l’Onu – possedeva e possiede una reale, concreta, effettiva ma soprattutto capillare conoscenza di tutti i paesi del mondo, essendo ovunque profondamente radicata. Nell’angolo più sperduto del globo puoi forse faticare a trovare un’aspirina o una benda sterile, un prete, un medico o un funzionario dell’Onu; meno raramente un mercenario o un kalashnikov a prezzo ragionevole; ma sempre potrai confidare sulla presenza rassicurante e refrigerante d’un distributore automatico di Coca Cola. Ma soprattutto la Coca Cola conosce la gente del posto. Mediante le sue ricerche di mercato, ne scruta costantemente timori e desideri, incubi e sogni, tristezze e speranze. Sa che cosa desidera la gente; a volte sa quello che neanche la gente sa di sapere.

L’idea, dicevamo. L’idea fu semplicissima. Venne individuata una personalità super partes, energica, non affetta da buonismo, che godesse della fiducia della finanza internazionale, che nel magma africano stava rischiando di perderci, dopo aver molto lucrato. La personalità era il barone Fritz di Sassonia-Coburgo Wallenstein. Giunse nella dilaniata Bujumbura confidando unicamente sul proprio prestigio, coadiuvato da circa cinquemila consulenti in comunicazione strategica e pacificazione tattica reclutati tra ex istruttori dell’Esercito della Germania Democratica, attempati ma felici di ritrovarsi in prima linea, con un missione umanitaria da [singlepic id=280 w=250 h=156 float=right]compiere. In poche ore il Burundi precipitò letteralmente nella calma. Gli F117 assicurarono comunicazioni finalmente rapide e sicure in un territorio estremamente complesso. Le residue sacche di resistenza vennero estirpate dagli ex istruttori, a capo di disciplinatissime orde di cosacchi disoccupati. I cingolati ridisegnarono rapidamente il territorio radendo al suolo villaggi dalla collocazione anacronistica, palesemente d’intralcio per i futuri parchi tematici. Il ricorso a gas nervino e ad esecuzioni sommarie fu limitato allo stretto indispensabile. Dopo tre giorni, i capi tribù implorarono, del tutto spontaneamente, il barone Fritz di assumere il titolo di Kaiser di tutte le Afriche centrali. Il barone chinò il capo e si rimise docile alla loro volontà.

Altri Paesi africani, a quel punto, compresero il messaggio di speranza e si rivolsero all’Onu sollecitando interventi analoghi, anche per evitare a Kaiser Fritz di dover proseguire nella sua opera di pacificazione. I vantaggi furono subito evidenti. I metodi umanitari, seppure drastici, consentirono una radicale diminuzione della popolazione superflua e la scomparsa di troppe mefitiche periferie urbane, sentine di vizio e malattie. L’uso chirurgico del buon vecchio napalm permise la sterilizzazione definitiva di territori preda di annose epidemie, oltre all’eliminazione di molte antiestetiche erbacce. La popolazione sieropositiva fu isolata in appositi centri di riposo, dove tuttora riposa.

Così pacificati, molti Paesi africani chiesero di tornare all’ovile. La Nigeria dimenticò la tirannide liberticida dei suoi troppi dittatori e le risibili pretese dei fondamentalisti islamici del nord, nell’abbraccio gentile ma fermo di Sua Maestà Britannica. Cuba si dichiarò immediatamente disponibile a creare due protettorati in Angola e Mozambico. «Abbiamo l’esperienza e conosciamo il territorio», suggerì Ernesto Castro, il figlio naturale segreto di Fidel (qualcuno ancora azzarda la vecchia tesi complottista: il suo clone…), presidente e rappresentante commerciale nell’isola di Microsoft. L’Onu tuttavia affidò i due Paesi alla risorta corona portoghese, che di esperienza ne poteva vantare di più.

[singlepic id=286 w=200 h=245 float=right][singlepic id=282 w=200 h=269 float=left]Gli anni successivi rivelarono quanto le scelte fossero state oculate. Kaiser Fritz sposò la principessa Brunilde di Uganda-Tanzania, creando l’Impero d’Africa Equatoriale, comprendente Burundi e Ruanda (i giardini che ben conosciamo, tanto che ormai si pensa di eliminare gli antiestetici reticolati elettrificati che tengono divisi hutu e tutsi), Congo e Corno d’Africa, regione divenuta in breve florida per la produzione di pop corn. La Mauritania, per la verità non particolarmente appetita, fu affidata a Boris R. Nichols, fino al mese precedente venditore di auto usate a Santa Monica, prima di essere riconosciuto, grazie alla prova del Dna, come ultimo erede dei Romanov. La Nigeria, impreziosita da dozzine di raffinerie, è il “benzinaio d’Africa”, che con gioia, tramite la Bp, rifornisce a prezzi stracciati i distributori europei. Ad Algeri la popolazione festante accoglieva l’ingresso della Legione Straniera guidata di persona da Napo Lapo Bonaparte, novello imperatore, con al suo fianco la consorte, l’ex attrice italiana Valery Biondi, soprannominata dai tuareg “Nostra Signora del Deserto” … Ed in effetti il deserto era più desertico, svuotato di ogni resistenza fondamentalista islamica, dopo il passaggio dei Mirage in cielo e dei cingolati classe “Cambronne” a terra. I legionari si occuparono del lavoro di fino, con la buona vecchia baionetta. La pace oggi regna perfino in Liberia, dove purtroppo le radiazioni non consentiranno per qualche secolo il rimpatrio della popolazione, che era esule al momento della soluzione definitiva del problema.

Sì, l’Onu fu talvolta costretta a scelte dolorose, e soprattutto costose. Il Sudan fu ridotto alla ragione soltanto dalle cannoniere americane, francesi e russe che, risalito il Nilo in un’epica spedizione sponsorizzata dalla Nestlè e ripresa in esclusiva dalla Cnn, bombardarono Khartoum mettendo fine al regime islamico.

Ogni Paese occidentale, oggi possiamo ben dirlo, ha fatto la sua parte assumendo su di sé il proprio fardello di storia. Oggi, colonie e protettorati vegliano sulla pace, il benessere, la democrazia e il progresso del continente.

Come a tutti, anche all’Italia tocca ora ritornare là dove il destino già un tempo la condusse. E potrebbe non finire qua. Domani è annunciato l’arrivo a Roma dell’ingegner Gheddafi jr (riabilitato dopo la parentesi del Grande Disordine), che lascerà per poche ore la sua martoriata Libia. Affiderà Tripoli nelle mani di Sua Maestà il Re, Emanuele Filiberto, scegliendo per sé l’incarico di direttore sportivo della Real Juventus? I Savoia riceveranno il mandato ufficiale dell’Onu, vincendo l’agguerrita concorrenza del Sultanato Turco?