Voglio parlare e presentare a chi forse crede di conoscerla, ma forse non la conosce, la letteratura fantastica. Per lo meno, la letteratura fantastica come la intendo io, il che non è probabilmente l’unico modo di intenderla, ed è tuttavia quello che più mi interessa.

Mi viene in mente che un grande autore di gialli, S. S. Van Dine, ha prodotto molto tempo fa “Venti regole per scrivere romanzi polizieschi,” in cui era riportato tutto ciò che lo scrittore  non deve mai fare in uno di questi romanzi. Ovviamente, dico io, quella è la sua rispettabilissima idea, ma ritengo sia del tutto sbagliato prendere quel trattatello e adoperarlo come condicio sine qua non.

Ecco un esempio di queste regole:

  1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
  2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
  3. Non ci dev’essere una storia d’amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all’altare.
  4. Né l’investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è un buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.
  5. Il colpevole dev’essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l’oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.

e via dicendo.

Spero proprio che ai lettori moderni questo pezzo di archeologia risulti per lo meno ridicolo: per esempio mi fa ridere il fatto della storia d’amore che non deve risultare interessante!

Quello che voglio dire qui, è che esiste qualcosa di esattamente analogo per la letteratura di fantascienza. Non credo per tutta la letteratura fantastica, ma certamente per la fantascienza. È il modo, il punto di riferimento, la rosa dei venti per tutti più quotati critici di fs (abbreviazione universalmente usata per questo genere. Forse però si preferisce sf, dall’inglese science fiction). Ho un gustoso esempio nell’articolo che parla del mio libro “Nuove Vie per le Indie”: non pretendo di avere ragione, ma sono curioso di sapere le vostre impressioni.

Il fatto è questo: una volta pubblicato in e-book il romanzo, ho chiesto a un mio carissimo amico che poteva avere contatti con l’ambiente della fantascienza di sottoporlo a un critico, con la speranza che potesse parlarne a un pubblico più vasto.

Purtroppo il critico è uno di quelli vecchia maniera: se è fantascienza deve rispettare certi criteri.

Fortunatamente, mi dice l’amico, il critico ha deciso di non uscire con una pubblicazione ufficiale, perché sarebbe stata imbarazzante. Io non sono così certo di questo, tanto è vero che ho pensato di rendere pubblica la sua critica:

gramatieriHo letto il libro di Giambalvo, e devo essere sincero, non saprei bene cosa dire.
Se debbo dire qualcosa, non è il mio genere, e quindi il fatto che non mi abbia entusiasmato è sicuramente dovuto ad una questione di gusti personale.
Se devo dirvi qualcosa in merito, anche se il libro ha il pregio di essere un “pastiche” rinascimentale, una sorta di Milione ucronico, dai toni lievi e scanzonati (il chè non guasta), purtroppo, il linguaggio finto-medioevale esteso a tutto il libro non aiuta la lettura. O almeno, a me è sembrato molto pesante.
Permettetemi un giudizio da lettore, che però ha altri gusti: sarebbe stato meglio se il linguaggio finto-medioevale (chiamiamolo così per semplicità) fosse stato utilizzato solo nei dialoghi, oppure in capitoli presentati come pezzi di diario ritrovati. L’introduzione fantascientifica, che così com’è scritta appare un po’ scolastica, l’avrei eliminata, e le fanta-spiegazioni le avrei introdotte un po’ per volta in paragrafi alternati ai vari capitoli. Così com’è strutturato il libro invece, il lettore che ha letto l’introduzione si aspetta più o meno subito una parte fantascientifica che invece appare ottanta pagine più avanti (cioè ad un terzo del libro, troppo avanti!), e il rischio è che il lettore, già un po’ affaticato dal linguaggio, abbandoni il libro.

Riccardo Gramantieri

Questo è esattamente il problema: pur essendo un racconto che non può cosiderarsi verista, evidentemente non è un racconto di fantascienza. Per lo meno nel senso tradizionale.

Questo è però quello che io volevo: ho di recente visto una mostra di Klimt il pittore austriaco e mi ha colpito la sua ribellione verso l’accademismo dei critici e della sua epoca, aderendo e creando con altri un movimento che chiamò “La Secessione.”

La secessione viennese, soprattutto in pittura, non è tanto un atto di rivolta contro l’arte del passato, quanto piuttosto un’iniziativa tesa a creare l’arte [in Austria], un’arte corrispondente alle esigenze del tempo.

In altra parte di questo stesso sito ho già detto dell’attenzione che ho messo nel far sì che la lettura non risultasse mai difficile, malgrado l’utilizzo di una sorta di gramelot:

La storia era proprio come la volevo io: strana, la parte scientifica totalmente inventata, nessuna regola che non potesse essere stravolta, scritta in modo del tutto inaspettato poiché la gran parte utilizzava un finto italiano cinquecentesco: ho fatto moltissima attenzione a far sì che non risultasse pesante da leggere. All’epoca non avevo riferimenti, ma adesso potremmo dire che è una specie di Camilleri di fantascienza, inteso come stile.

Nessuno si è mai lamentato per il linguaggio utilizzato da Camilleri con Montalbano. Evidentemente al critico tutto questo lavoro è del tutto sfuggito. Mi dispiace, si capisce, ma del resto non si costruisce nulla senza gettare nel cestino un po’ di cose vecchie.

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.