Ovvero, tutto ciò che concerne l’anticipazione del “quarto libro” che non avrebbe dovuto esistere e invece sì.

ritratti e testo
di Giuseppe Festino

[singlepic id=163 w=200 h=246 float=right]Credo che difficilmente, agli inizi del 1981, qualcuno avrebbe immaginato che Isaac Asimov, dopo la bellezza di quasi quarant’anni, si sarebbe messo a scrivere la continuazione della sua opera più celebre, la Trilogia di Foundation.

Ma fu proprio ciò che immaginai io, al massimo delle mie capacità inventive, quando mi venne chiesto di partecipare a una burla editoriale creando qualcosa di verosimile, tuttavia ai limiti del credibile.

Un fatto straordinario, insomma, stupefacente.

Pensavo che immaginare Asimov dopo quasi quattro decenni di nuovo alle prese con Foundation fosse il massimo dell’inverosimile. Ma sbagliavo: qualcosa di più fantastico, di assolutamente fantascientifico, che non avevo nemmeno considerato, stava per verificarsi: cioè che Asimov veramente si apprestasse a scriverlo, quel seguito!

Ma sto precorrendo i tempi.

La burla – realizzare, come ho detto, un “evento editoriale” impossibile – richiese un certo periodo di gestazione. Se la memoria non mi tradisce (ne è passato, di tempo), impiegai almeno un mese prima di farmi venire l’idea buona, quella che non si vede l’ora di realizzare. E, una volta tanto, si trattò di una trovata giunta a freddo, a tavolino, dopo aver vagliato un bel po’ di alternative.

[singlepic id=167 w=282 h=200 float=left]Avevo rifiutato quasi immediatamente la proposta di disegnare qualche striscia di fumetto con Flash Gordon imitando lo stile di Alex Raymond, ma introducendovi alcuni elementi che se notati con occhio ne avrebbero denunciato l’inattendibilità. Non sarebbe stato difficile. ma non mi intrigava.

Decisi invece di puntare su una falsa copertina per un falso romanzo, chiedendomi quale autore prendere in considerazione. Che dipingessi un soggetto fantascientifico era scontato: ma quale scrittore avrebbe attirato maggiormente l`attenzione? E con quale opera? La scelta cadde subito su Asimov, l’autore più noto i cui libri erano (e sono tuttora) i più venduti nel nostro Paese.

Asimov era celebre per il ciclo di Foundation, la trilogia ambientata in un remoto futuro di Imperi Galattici, scritta negli anni ’40, ristampata a più riprese, punto fermo nell’immaginario di ogni appassionato. Ai suoi estimatori la “notizia” di un quarto volume della serie avrebbe fatto l’effetto di una bomba, ed era proprio su questo che contavo. Per i lettori di fantascienza non avrebbe potuto esserci nulla di più favoloso.

Mi parve un vero lampo di genio. In più» Potendomi muovere nel territorio fantascientifico, mi sentivo completamente a mio agio.

Avevo pensato, dicevo, visto che era (ed è) il mio mestiere, a una copertina. Una copertina per Urania, ovviamente, la collana di fantascienza più popolare, quella cui rimanevano legati i miei ricordi giovanili. Sognavo da un’eternità di realizzare qualcosa di simile per la rivista che amavo di più. Questa volta l’avrei

fatto. Ero felice e fremevo dalla voglia di cominciare, a costo di rubate ore al sonno per non intralciare i miei impegni professionali.

Oltre a rappresentare una pietra miliare nella narrativa fantascientifica, il Ciclo asimoviano era stato pubblicato in Italia proprio da Urania, e siccome si trattava di tre romanzi collegati, la sua caratteristica seriale non escludeva, nonostante gli anni trascorsi dall’uscita del libro conclusivo, che l’autore potesse riprenderlo in mano per un seguito. Mi pareva un ragionamento sensato. Una faccenda simile avrebbe galvanizzato gli appassionati. Esattamente quello che desideravo.

Per quanto possa sembrare strano (ma chi mi conosce sa che non sono un venale) godevo del “vantaggio” di lavorare senza l’obiettivo di un profitto, per il semplice gusto di farlo, dovendo soddisfare soprattutto il mio senso estetico, nella certezza di sorprendere chi avesse visto la copertina del fantomatico nuovo romanzo asimoviano. Di solito e così che per me l’impegno coincide col puro svago, nell’intento di divertire coloro che stimo e al cui giudizio tengo in modo particolare.

[singlepic id=166 w=200 h=245 float=left][singlepic id=165 w=200 h=245 float=right]Già pregustavo, infatti, gli apprezzamenti di Nessim Vaturi, proprietario della libreria milanese “La Borsa del Fumetto” e artefice concettuale dello scherzo; cosi come ero curioso di vedere come avrebbe reagito Luigi Bona, la prima “vittima” dello scherzo medesimo, in quanto editore del solo, unico e autentico Wow, pubblicazione specializzata in fumetto, fantascienza e cinema, di cui a sua insaputa stavamo mettendo insieme una parodia che avrebbe visto la luce (non era già abbastanza esplicito?) in coincidenza col primo giorno dell’imminente aprile. Mi attendevo anche commenti stupiti dagli amici che mi stavano più a cuore e avevano condiviso con me gli anni magici della rivista Robot: [singlepic id=164 w=200 h=243 float=left]Vittorio Curtoni, Giuseppe Lippi, Giuseppe Caimmi e Sergio Giuffrida. Per non parlare dei tanti altri che vorrei aggiungere alla lista.

Chiuso Robot, non erano molte le occasioni che mi si presentavano per fare immagine di sf. Oltre che alle cose di routine, lavoravo per la Heyne Verlag, una Casa Editrice tedesca che mi aveva contattato a Brighton, in Inghilterra, nel 1979, durante una convention mondiale per l`assegnazione dei premi Hugo. ln quel periodo, era l’unica collaborazione che avessi nel settore. Poi, mi mandava in sollucchero il pensiero di imitare la tecnica dell’artista che ammiravo di più dopo Corrado Caesar: Karel Thole. Il lavoro che l’illustratore olandese aveva realizzato per le prime edizioni italiane dei tre libri di Asimov era (tanto per non smentirsi) ottimo, ma erano le copertine delle successive ristampe che contenevano gli elementi figurativi necessari per creare un collegamento ideale con l’aspetto grafico-illustrativo che intendevo dare all`ipotetico Quarto Libro. Le traduzioni dei primi tre si intitolavano rispettivamente Cronache della Galassia, Il crollo della Galassia Centrale e L’altra faccia della Spirale. l titoli originali erano invece Foundation, Foundation and Empire e Second Foundation. Si prestavano egregiamente allo scopo: Terza Fondazione era in pratica un titolo consequenziale a quelli autentici anglosassoni, e senz’altro, fra copertina e riferimenti pittorici, i lettori avrebbero subito colto il collegamento.

Un altro giudizio che mi interessava parecchio conoscere, naturalmente, era quello dello stesso Thole, visto che avrei preso deliberatamente a prestito elementi pittorici da lui elaborati in completa autonomia, prescindendo dalle copertine americane. ln più, era un modo per dimostrare quanto apprezzassi la sua arte, dal momento che avrei “copiato” la sua tecnica per rendere l`inganno sufficientemente illeggibile. Né avrei potuto fare diversamente, anche se avessi considerato la possibilità di dipingere con lo stile di Caesar (è da sempre che sono innamorato delle sue tavole a colori, e che colori!). Ma dovevo sottolineare l’attualità le la conseguente credibilità) della falsa anticipazione. Così, per rimanere aderente alla versione meno datata delle copertine che Thole aveva realizzato per la Trilogia, oltre che in linea col taglio grafico che Urania seguitava da anni a conservare (l’immagine inserita nel caratteristico cerchio rosso), dipinsi le “megalopoli planetarie” realizzando una sintesi estrema del design tholiano per il pianeta Trantor, e la veduta a perpendicolo della spirale galattica. Decisi poi di aggiungere un ritratto dell’autore. Non avendo mai fatto un ritratto di Asimov, quella mi parve una splendida opportunità: non solo sarebbe stato il componente principale dell’illustrazione, ma avrebbe richiamato ulteriormente l’attenzione sulla novità editoriale del celebre scrittore. Al contrario di parecchi suoi colleghi, le sembianze del Nostro erano conosciute dalla stragrande maggioranza dei lettori già da parecchio tempo.

[singlepic id=168 w=200 h=288 float=right]Collocai il mezzo busto in primo piano, un poco fuori centro, e in basso posi un accenno di avveniristici edifici “tholiani” sulla linea d’orizzonte tagliata fuori dalla cornice del tondo. Nello spazio dello sfondo scuro, alle spalle di Asimov, le sfere-grattacielo e la spirale rosseggiante della Galassia. Un bel colpo d’occhio, modestamente.

[singlepic id=162 w=200 h=243 float=left]La scritta del titolo e la scelta dei caratteri, che affidai alla competenza grafica di Ferruccio Alessandri (anch’egli coinvolto nell’operazione) completò l’opera, facendone una perfetta imitazione delle copertine di Urania che circolavano in quel periodo. Alessandri, fra l’altro, approntò per l’occasione e con l’inconfondibile stile colloquiale dello stesso Asimov, un testo nel quale faceva raccontare in prima persona allo scrittore come avesse deciso di tornare alla saga galattica di Foundation: la classica ciliegina sulla torta. Il tutto debitamente firmato Isaac Asimov e, immediatamente sotto, la specifica che la traduzione era di Ferruccio Alessandri.

A questo punto, chi avrebbe mai potuto immaginare che si trattava solo di una panzana! Ciò che stava per succedere al di là dell’Atlantico, fra i grattacieli che ospitano nella Grande Mela i colossi editoriali era quanto di più distante potesse trovarsi dalla mia (nostra, a questo punto) audace immaginazione.

[singlepic id=169 w=200 h=284 float=right]Arrivò aprile, e in occasione di un evento settoriale che si sarebbe tenuto a Pistoia, Wow Speciale aprile (tutto dichiarato, come vedete) venne messo a disposizione del pubblico. Presente alla manifestazione, osservai con quanto interesse i visitatori si affrettassero ad acquistare una copia del “marameo”, taluni accorgendosi ben presto dell'”annuncio” editoriale sistemato dulcis in fundo in ultima di copertina. Non so se ciò servisse a incrementare la vendita dei fascicoli: quel che è certo e che non passava inosservato. I fedeli di Asimov, oltre ai generici amanti di narrativa fantascientifica, non potevano immaginare quale fosse la verità. Non lo davano troppo a vedere, ma sono certo che sbrodolassero per la sorprendente notizia. Al termine della parentesi pistoiese tornammo tutti a casa, a riprendere l’esistenza consueta. Esaurito il momento di divertimento nel vedere le facce degli addetti ai lavori mentre svelavamo i retroscena dell’inganno, finiamo quasi per dimenticarcene.

Pochi mesi dopo, l’autunno successivo, arriva in Italia un nuovo numero di Locus, una rivista statunitense che si occupa esclusivamente di editoria fantasy, horror e fantascientifica. ln un succinto trafiletto, si legge che Asimov aveva accettato dal suo editore l’anticipo per dare un seguito proprio al Ciclo di Foundation!

[singlepic id=171 w=200 h=335 float=left]Vi fu un frenetico giro di telefonate per far circolare la notizia (internet non la si era ancora sentita nemmeno nominare), e quando lo venni a sapere rimasi di stucco per la sorpresa. Nel 1983, finalmente, il libro apparve in Italia. Come giustamente precisa Giuseppe Lippi nella sua introduzione a L’orlo della Fondazione, ripubblicato nel 1985 negli Oscar Fanta scienza Mondadori, «…il romanzo non s’intitola Third Foundation, certo, e la sua prima edizione non vede la luce in Urania, ma la profetica anticipazione non perde nulla della sua magia». Lippi, odierno curatore di Urania come all’epoca lo fu degli Oscar Fantascienza, conoscendo gli antefatti di quella singolarissima coincidenza, al momento della pubblicazione del “quarto libro” nella collana da lui seguita volle completare il percorso della Copertina Che Non Avrebbe Mai Dovuto Esistere. Così suggerì a quelli dell’Ufficio Artistico della Mondadori di mettersi in contatto con me. Io, infatti, avevo la copertina già pronta per loro.

Incontrai i responsabili, mostrai il lavoro originale e accettai di apportare all’illustrazione le modifiche (poche in verità) che mi chiedevano. Mentre lasciavo il palazzo di Segrate mi domandai se conoscessero la storia di quella tavola. Ne dubitavo. E sono convinto che, se anche ne fossero stati al corrente, per giustificare la loro funzione avrebbero preteso lo stesso che intervenissi per “aggiustarla”. Ma io non intendevo affatto ritoccare il lavoro. Non si trattava di mancanza di umiltà da parte mia: semplicemente, quell’illustrazione cosi era nata, così era stata stampata sul fascicolo del falso Wow, e così doveva rimanere. Ma perché non accontentare quei signori? Non c’erano problemi dopotutto.

Invece di apporre ritocchi, rifeci il lavoro completamente, ex novo, ricopiando la prima versione in ogni dettaglio e aggiungendovi i cambiamenti che volevano alla Mondadori: un po’ più di rosso nelle “braccia” della spirale galattica; più carico d’azzurro l’incarnato del ritratto di Asimov. Alla fine mi ritrovai col falso di un falso.

[singlepic id=170 w=200 h=331 float=right]Tornai a Segrate a consegnare il lavoro “ritoccato”. I numi dell`Ufficio Artistico espressero il loro apprezzamento e la copertina venne pubblicata. Successivamente, ebbe addirittura grazie al cambiamento dell’impostazione grafica degli Oscar una seconda edizione compensatami interamente, come se avessi lavorato di nuovo (cosa che, dopotutto, avevo fatto).

Nell’introduzione al volume brossurato, Giuseppe Lippi raccontava ai lettori, insieme all`autentica genesi dell’opera asimoviana, quell’improbabile aneddoto, la minuscola ma pur sempre fantastica parte che mi competeva. Da quel preparato e appassionato professionista che è, Lippi bontà sua aveva voluto rivelare la verità procurandomi una gratificazione addirittura superiore a quella di vedere la copertina pubblicata.

[singlepic id=161 w=200 h=245 float=left]Ma la storia non finisce qui. In seguito mi dissero che lo stesso Asimov era venuto a sapere che uno sconosciuto illustratore italiano aveva inopinatamente “divinato” che lui avrebbe dato un seguito alle vicende di Hari Seldon, lo psicostorico dell’Impero Galattico, nonostante i quarant`anni trascorsi. Grazie a Ernesto Vegetti, collezionista e instancabile catalogatore di tutto quanto viene pubblicato di fantascienza da noi, aveva ricevuto una copia del “doppione” fasullo di Wow Speciale aprile, accompagnata da una lettera in cui gli veniva riferita la stranezza di quanto era avvenuto. Asimov aveva risposto a Vegetti per ringraziarlo e per informarlo che quell’esemplare di Wow sarebbe stato conservato insieme alle proprie memorabilia e agli scritti presso la Boston University. Davvero non male, per una cosuccia cominciata come uno scherzo tra appassionati. E, tutto sommato, una perfetta conclusione fantascientifica.

Devo dire che con Asimov mi è andata sempre bene. Uno dei primi racconti con cui iniziai la collaborazione per Robot, fu Straniero in paradiso, proprio del Nostro, per il quale disegnai le due illustrazioni a mio giudizio migliori tra quelle da me realizzate per quel n. 6 che mi tenne a battesimo come professionista di sf. Mi ripetei per Asimov sul n. 30 con L’uomo bicentenario. Inoltre, alcuni anni or sono (quante cose mi sto lasciando alle spalle!) ho dipinto una tavola interamente dedicata allo scrittore, realizzata dopo la sua scomparsa. L’illustrazione, un acrilico 35 x 50, verticale, e servita per una mostra collettiva di illustratori italiani tenutasi a Chicago e mi è valsa una citazione particolare nel comunicato stampa dell’ANSA. E non vado oltre per evitare che questa modesta memoria si trasformi in un’autocelebrazione.

Il Buon Dottore ci ha lasciati nel 1992, dopo aver scritto oltre a L’orlo della fondazione altri due libri sull’Impero Galattico. intendeva unificare tutti i suoi romanzi in un’epica saga, convogliandovi anche i racconti robotici. Si potrebbe pensare che con lui sia finito anche l’ultimo capitolo della Fondazione, ma non è detto. Di questi tempi tutto e possibile. Sarebbe fin troppo facile, soprattutto per me, azzardare la previsione che in futuro qualcuno si metta a scrivere ancora sull`epopea dell’Impero asimoviano. Sono operazioni editoriali piuttosto comuni, di recente, e non si può più escludere nulla.

Personalmente, la soddisfazione di quella straordinaria “previsione” fa parte delle mie memorie più singolari, consapevole con un po’ di rammarico che tra i visitatori del santuario riservato a Isaac Asimov, a Boston, nelle stanze dell’Università, difficilmente vi sarà qualcuno che verrà a sapere della strana, quasi impossibile storia celata dietro la piccola immagine incorniciata dal tondo uraniano, sull’ultima pagina del fascicolo di Wow Speciale aprile proveniente dall’altra sponda dell’Atlantico, immaginata per un`arcana coincidenza da un appassionato che ha fatto della sf la propria filosofia esistenziale.

[singlepic id=160 w=200 h=245 float=right]Non posso fare altro che rallegrarmi, invece, che tutto ciò sia servito a un amico come Antonio Bellomi per trovare ispirazione al racconto che avete letto su queste stesse pagine, e che fa seguito a quello pubblicato sul primo numero di Mystero. È stata per me un’altra piccola sorpresa. Non ne sapevo niente.

Per concludere (e non vi sarà difficile immaginare il mio imbarazzo) ho una confessione da fare: negli anni ”70 tentai un approccio col primo volume della Trilogia. Dopo una quindicina, forse meno, di pagine, mi resi conto che la lettura non mi catturava. Leggere per me dev’essere un piacere. perciò piantai il libro che, da allora, e rimasto sullo scaffale. Di Asimov, però, ho letto quasi tutta la narrativa e anche parecchia divulgazione, Ma la Trilogia e gli altri romanzi che l’autore vi ha aggiunto sono rimasti lì, in attesa. Credo sia venuto il tempo di riprovarci.

+ posts

nasce a Castellammare di Stabia, 22 settembre 1943 ed è uno dei più prolifici e conosciuti illustratori tradizionali di Fantascienza e pittore. Ama moltissimo i lavori di Kurt Caesar prodotti agli inizi delle pubblicazioni della rivista Urania e ha preparato una replica completa di quelle copertine, i cui originali sono stati in gran parte perduti e inviati al macero