[singlepic id=251 w=143 h=200 float=right]Questo romanzo, scritto da Katherine Addison, è stato selezionato sia per i premi Nebula, che per i premi Hugo. Il che dimostra un certo successo tra gli esperti (il comitato Nebula), ma anche tra i lettori comuni: 446 pagine di fantacronaca.

Katherine Addison in realtà si chiama Sarah Monette, nata e cresciuta nel Tennessee a Oak Ridge scrive fin da giovanissima. È laureata in letteratura Inglese, specialista di Drammaturgia Rinascimentale: spettri, tragedie sanguinose e cose simili.

The Goblin Emperor viene definito di genere Fantasy, ma siamo davvero lontani del fantasy vecchia maniera, tanto per intenderci quello di Marion Zimmer Bradley, Terry Brooks e Terry Pratchett in cui gli elementi dominanti erano il mito e il soprannaturale derivati direttamente dai classici di Tolkien, come Il signore degli Anelli.

[singlepic id=252 w=200 h=150 float=left]Qui si tratta di qualcosa di molto diverso: un mondo senza collocazione, un’epoca non definita, ma appartenente a un periodo più o meno vittoriano con qualche tecnologia pseudo moderna (dirigibili, posta pneumatica). Anche se l’accento in questo caso è soprattutto sui grandi problemi politici. Questo genere viene a volte chiamato Steampunk, termine scherzosamente derivato da Cyberpunk, la linea di fantascienza cibernetica di cui Cyberpunk è stato appunto uno dei più significativi racconti. Le avventure Steampunk si svolgono appunto in ambienti ottocenteschi, o simili all’ottocento, come se fossero stati scritti direttamente da Jules Verne, o da H. G. Wells.

[singlepic id=246 w=132 h=200 float=right]Tuttavia, a parte la particolare vena steampunk di questo specifico ibro, questi racconti traggono decisamente ispirazione dalla serie “blockbuster” A Song of Ice and Fire, meglio conosciuta da noi come Il Trono di Spade, scritta da George Raymond Richard Martin (che di solito si firma George R. R. Martin).

[singlepic id=250 w=160 h=100 float=left]Sono racconti in tutto e per tutto costruiti come romanzi storici, basati però su una storia del tutto inventata, su un pianeta del tutto inesistente. Qui non appare affatto, o quasi, la magia (tipica invece di Tolkien). Se qualche volta vediamo creature mitiche, esse fanno fisicamente parte della natura del luogo, quindi sono prive di magia.

Così gli Elfi, sono uomini e donne di un pianeta: un popolo con le orecchie mobili e a punta; l’inclinazione delle orecchie tradisce molte delle loro emozioni; i capelli sono verdolini. Come se fossero cinesi, o africani. I draghi, qui non ci sono, ma se ci fossero, sarebbero solo rari e preziosi animali, che non compaiono spesso e se fanno qualcosa di inatteso, sarà comunque del tutto naturale.

[singlepic id=245 w=116 h=150 float=right]In questo nuovo tipo di interpretazione del Fantasy, possiamo anche catalogare i libri di Christopher Paolini che hanno ottenuto un grande successo: si veda Eragon (2003), Eldest (2005), Brisingr (2008) e Inheritance (2011).

Il genere fantasy ha sempre avuto una grandissima componente popolare, in qualsiasi tempo. Si può dire che sia un genere antichissimo. Alcuni critici partono addirittura da Iliade ed Odissea e dobbiamo dire che in effetti gli elementi ci sono tutti.

[singlepic id=248 w=80 h=120 float=left]Più tardi, i romanzi fantasy si sono divisi in due netti rami: quelli tradizionali per gli adulti e quelli per i ragazzi. Moltissimi autori hanno scritto romanzi per ragazzi che contengono magia, o comunque elementi di genere fantasy. In Italia abbiamo qualche esempio che adesso non analizzeremo, limitandoci a segnalare il buon successo di Licia Troisi che ha creato un sorprendente numero di saghe con protagonisti giovanili e particolarmente apprezzate soprattutto dal pubblico delle giovani adolescenti.

Il romanzo che oggi stiamo analizzando, invece, sta più o meno a mezza strada tra il genere giovanilista e quello per adulti: il personaggio principale è un giovanissimo (diciottenne) e la storia è un racconto di crescita. Il ragazzo appartiene alla popolazione meno fortunata di quel mondo: è un Paese di elfi, o per meglio dire di elfoidi, con una classe dominante formata da elementi di carnagione verdolina, considerati belli, e una parte soggiacente formata da brutti Goblin di colore nero, o comunque scuro. Il protagonista si chiama Maia ed è un mezzo Goblin, maschio, la cui madre, morta quando il nostro aveva otto anni, era di razza nera, appunto, mentre il padre è nientemeno che l’Imperatore del Mondo. Sicché un bel mattino, in un luogo dimenticato, in cui Maia è stato relegato assieme a Setheris, un lontano cugino violento che lo odiava e che doveva accudirlo, ma forse è meglio dire sorvegliarlo, arriva un messaggero:

Il messaggero doveva avere al massimo uno o due anni più di Maia, ma era elegante anche se la divisa di pelle era tutta impolverata dal viaggio. Era evidente la sua pura razza elfica, cosa che Maia decisamente non poteva mostrare; aveva i capelli color euforbia chiaro e gli occhi color pioggia. Passò lo sguardo da Setheris a Maia e disse, “Siete Voi l’Arciduca Maia Drazhar, unico erede di Varenechibel Quarto e di Chenelo Drazharan?”

“Sì,” disse Maia stupito.

A quel punto sconcerto si aggiunse a sconcerto, quando il messaggero con perfetta dignità si prostrò completamente sul logoro tappeto. “Vostra Serenità Imperiale,” disse.

“Ehi, uomo alzatevi e smettete di blaterare!” gli disse Setheris. “Sappiamo che portate un messaggio dell’Arciduca padre.”

“Allora voi sapete ciò che noi non sappiamo,” disse il messaggero risollevandosi in piedi con graziosa mossa felina. “Noi rechiamo messaggi dalla Corte Unteilinese.”

Maia intervenne per placare la rabbia del cugino che già stava montando, “Vi prego di spiegarvi.”

“Vostra Serenità,” disse il messaggero. “Il dirigibile Saggezza di Choaro è precipitato ieri, tra il sorgere del sole e mezzogiorno. Erano a bordo l’Imperatore Varenechibel Quarto, il Principe Nemolis, l’Arciduca Nazhira e l’Arciduca Ciris, che tornavano dalle nozze del Principe di Thu-Athamar.”

“Dunque. Il Saggezza di Choaro è precipitato,” disse lentamente e prudentemente Maia.

“Sì, Serenità,” ripeté il messaggero. “Non ci sono stati superstiti.”

Il Mondo in cui si svolge questa avventura non è tecnologico, ma come abbiamo accennato, si usano i dirigibili:

Il dirigibile Radianza di Cairado era appeso minaccioso al suo pennone d’attracco come un’isolata nuvola temporalesca nel cielo appena prima dell’alba. Maia non era più salito su un dirigibile da quando aveva otto anni ed era stato portato alla Corte Unteilinese per il funerale di sua madre. I ricordi di quel viaggio erano piuttosto cupi. Ricordava di aver pregato Ulis di farlo morire. Anche lui.

Come si vede da questi brevi inserti selezionati e tradotti per voi, una delle caratteristiche difficili di questo romanzo è la scelta di nomi estremamente complicati: proseguendo nella lettura non è raro il caso in cui ci si perde un poco alla presenza di tutta una serie di personaggi con nomi chilometrici e impronunciabili. Molto spesso ci si chiede se li abbiamo già visti in precedenza e, se sì, chi siano! Varenechibel, Unteilinese… Ma spesso compare qualche nome non meglio spiegato e il lettore è chiamato a interpretarselo da solo: per esempio, Ulis è la divinità di questo Mondo, ma prima di questo passo nessuno ce lo ha detto. E nemmeno adesso a dire il vero: solo il senso della frase ci permette di capirlo.

Confesso che non mi dispiace questo modo di operare da parte degli scrittori, anche se non trovo particolarmente brillante l’idea di usare nomi impronunciabili: il lettore tende a passar oltre, perdendosi eventualmente personaggi importanti. Invece mi piace l’idea di non dare spiegazioni immediate di chi sia, cosa: l’azione avviene in un mondo per noi ignoto, ma per i personaggi e il narratore ben noto. Dobbiamo fare un minimo sforzo per capire, come se stessimo leggendo un antico testo cinese con riferimenti alla loro civiltà che è lontanissima dalla nostra e che noi non conosciamo affatto.

Vediamo in questo altro passaggio, posto poco più avanti del precedente, un esempio della tecnica che l’autrice ci propone evidentemente apposta:

[singlepic id=256 w=240 h=100 float=right]I dirigibili non sono costruiti per trasportare passeggeri, anche se a volte, assieme ai carichi, trasportano corrieri e altri servitori governativi. Setheris avrebbe voluto requisire la nave, ma Maia aveva rifiutato di disturbare gli altri passeggeri: quattro corrieri, due missionari e un maza anziano. Sicché adesso, per la sua disponibilità, soffriva della loro promiscuità e tutti lo fissavano con tanto d’occhi. Il suo passaggio al rango di imperatore non aveva tuttavia fatto alcun miracolo sulla qualità del suo guardaroba, in verità avrebbe preferito che il miracolo fosse avvenuto sulla sua persona: si era vestito correttamente con abiti da lutto, ma ogni capo mostrava chiaramente di essere stato tinto e ritinto molte volte e l’intero vestito dimostrava di non essere più stato usato da almeno due anni, cioè da quando era morta la sorella dell’imperatore, l’Arciduchessa Ebrenean. Quei vestiti, a suo tempo messi da parte da Setheris, due anni prima erano stati troppo larghi; adesso stavano appena giusti, forse troppo stretti. Non avendo a disposizione stecche di tashin, né pettini, aveva dovuto arrangiarsi facendosi una treccia a scendere sulla schiena, che poi arrotolò dietro al collo. Anche se quello stile era più adatto a un bambino che a un adulto. Certo non a un imperatore.

Vediamo subito che appaiono un misterioso (almeno fino a qui) maza anziano e delle stecche di tashin che dobbiamo semplicemente immaginare come qualcosa di adatto per fermare i capelli. Poi per la serie nomi assurdi, ecco apparire l’Arciduchessa Ebrenean. Ma non è il peggiore dei nomi possibili. Per esempio più avanti saremo ammessi alla Corte e qui avremo a che fare con Alcethmeret, Corazhas e altre piacevolezze. Alcuni nomi sono ricavabili con una più o meno attenta analisi filologica del testo. Per esempio il funerale delle vittime verrà fatto all’Ulimeire:

L’Ulimerie era nei sobborghi di Cetho, la città che circondava la Corte Unteilinese come una mezzaluna in cui era incastonata una perla.

È evidente come il nome derivi in qualche maniera da Ulis, la divinità, con cui è costruito il nome che in questa lingua significa Cimitero. Alla lunga, arrivando al termine del libro, avremo tra le mani una sorta di Stele di Rosetta per interpretare l’intera lingua Unteilinese.

[singlepic id=254 w=268 h=400 float=left]Insomma, il libro presenta più piani di lettura: quello semplice per sapere la storia. Come va a finire! Oppure quello più complesso, per scavare all’interno di una civiltà aliena accuratamente predisposta da Katherine Addison.

Alla fine, il racconto è molto suggestivo, ma non facilissimo. Come abbiamo provato a descrivere, la lettura richiede una certa attenzione e i lettori più semplici, o più nuovi, potrebbero non gradire tutto questo impegno.

Per non parlare di alcuni miei buoni amici, molto appassionati di fantascienza, che però rifiutano testardamente di seguire il genere fantasy, o peggio ancora, quegli altri non meno amici miei, che non sopportano né il fantasy, né lo Steampunk!

[singlepic id=255 w=130 h=98 float=right]Per quel che mi riguarda mi colpisce molto la citazione di Scott Lynch, riportata in copertina: “Provocatorio, stimolante e unico. Se gli intrighi di corte sono il tuo vino preferito, The Goblin Emperor sarà il più inebriente che tu abbia assaggiato da un bel po’.Scott è un autore meraviglioso e mi sento di consigliare a tutti il suo Gli Inganni di Locke Lamora. Quindi, anche se non sono in genere un ammiratore in assoluto del fantasy, adoro tuttavia lo steampunk e, in questo caso la penso esattamente come Scott Lynch. Questo è un libro che dovrebbe essere comunque letto, perché la creazione di questo mondo è davvero molto convincente.

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.