Capitare a fagiolo

[singlepic id=320 w=250 h=355 float=left]Doveva essere una ricognizione rapida, come al solito, normale amministrazione. Invece mi abbassai troppo sulla superficie terrestre e, per evitare un umano che aveva deciso di festeggiare il suo novantesimo compleanno improvvisandosi deltaplanista, abbarbicato ad un istruttore rassegnato, rischiai di precipitare in mezzo alla campagna.

L’atterraggio di fortuna mi salvò la vita, ero illeso, ma il mio disco volante era gravemente danneggiato. La copertura era rimasta intatta, ma appoggiava solo sulle colonnine ai vertici dei tre diametri principali, e io e le mie console di comando ci ritrovammo all’aria aperta. Cercai di considerare il lato positivo della questione: almeno sarei stato al riparo dalla pioggia! Ma, a parte il fatto che non pioveva, mi resi conto immediatamente che se qualche umano mi avesse visto così, tutto ricoperto di pelo viola e squame gialle, con tre nasi e cinque occhi, avrebbe anche vagamente potuto sospettare che io fossi una creatura extraterrestre!

Proprio in quel momento sentii la voce di un cucciolo umano: “Mamma! Guarda che strani fornelli ha quel cuoco travestito da mostro ciccione pieno di pelo!”.

Mi voltai di scatto. La creatura stava indicando me. Mostro ciccione? Ma se fra i miei colleghi ero il più attraente e corteggiato dalle ragazze? Strani i canoni di bellezza di questo pianeta!

La madre dell’esserino terribile – una signora secca secca con la pelle liscia e glabra, senza neanche una squama, roba da far impressione – prese per mano il figlio e gli spiegò: “Non vedi che in questo gazebo non hanno ancora cominciato a cucinare? Lasciamo lavorare questo bravo e simpatico chef, mascherato da orco pancione e andiamo in cerca di un altro stand, dove la pasta e fagioli sia già pronta!”.

Fu allora che distinsi nell’aria un profumino mai sentito prima. Mi guardai attorno e mi resi conto che poco più in là si stava banchettando, con gran vociare d’allegria umana, e lavorio di attrezzi che producevano sequenze di suoni piacevolmente ordinati. Doveva essere quello che i terrestri chiamavano musica.

Confortato dalla constatazione che il mio aspetto non venisse percepito come anomalia, ma come giocoso camuffamento da orco mostruoso in sovrappeso, mi avvicinai ai festeggiamenti. Vidi tavolate gremite di umanità sudata e sorridente, fiaschi di bevande rosse che si svuotavano nei bicchieri dei commensali, colorando di euforia le loro guance e i loro nasi. I bicchieri si scontravano in aria fra loro, con rumore di vetro tintinnante, prima di toccare le labbra degli esseri. Fra un brindisi – così lo chiamavano – e l’altro, si dedicavano all’assorbimento orale del contenuto delle scodelle che avevano davanti a sé: strani e lunghi bruchi gialli e piatti che nuotavano in una crema marrone come lo splendido mare in riva al quale ero nato e cresciuto. Le mie sei narici erano inebriate dall’aroma proveniente dai loro cucchiai.

Un tipo con le guance più rosse degli altri mi si avvicinò, porgendomi uno di quei piatti fumanti. Mi diede una pacca su una spalla e mi disse: “Ma cosa t’è venuto in mente di travestirti da drago villoso? Prendi! Siediti e assaggia! Benvenuto alla Sagra del Fagiolo!”.

Osservai con curiosità mista a un certo timore quella strana cosa che avevo in mano. Poi, presi coraggio e la portai alla bocca.

Non posso descrivere quello che percepii. Non esistono parole, né terrestri, né di nessun altro mondo per esprimerlo. Nell’arco della serata capii che quella roba lì, quella sensazione si chiama “sa-po-re”. Io non l’avevo mai sentito! E se non sapete cosa sia, è inutile che io tenti di spiegarvelo. Dovere provare!

E fu così, grazie ad un banale incidente causato dalla geriatrica follia deltaplanista di un novantenne che tanti gusti aveva testato nella propria vita, che scoprii la causa di tutti i mali del mio pianeta: la mancanza di sapore. L’intuizione geniale che ebbi, mentre mangiavo quella pasta e fagioli, fu che il sapore non mancava solo nei nostri cibi, ma anche in tutto il resto. E per questo non riuscivamo più a progredire, a inventare cose nuove. Nei secoli della nostra storia avevamo eliminato e dichiarato fuori legge tutto ciò che era superfluo, come gli aromi e le spezie, ma anche come quella cosa che stavo ascoltando, la musica, e quelle decorazioni sulla stoffa sopra ai tavoli, la pittura.

Quando l’astronave venne a riprendermi, portai con me ricette terrestri che ridiedero sapore ai nostri pasti, e così ricominciammo a parlare fra noi mentre mangiavamo, scambiandoci idee interessanti. Convinsi il presidente galattico a cancellare il reato del suonare e del dipingere, e tutti i musicisti e gli artisti clandestini uscirono allo scoperto.

Quindi, gli scienziati ripresero ad avere illuminazioni geniali. Per esempio, mentre mangiava la pasta e fagioli terrestre, ascoltando un violoncellista, davanti al ritratto tridimensionale di una splendida fanciulla dai cinque occhi arancioni, mio cugino inventò ciò che avrebbe cambiato per sempre la storia dell’universo: il tempo libero.

Inaspettatamente, la sorprendente scoperta del mio illustre parente determinò una crescita improvvisa della natalità e il ripopolamento del nostro pianeta. Ora non siamo più in via d’estinzione, e la Sagra del Fagiolo è divenuta festa planetaria con obbligo di frequenza.

Anna Laura Folena (2015)

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Chi sono:

Appassionato di fantascienza credo da sempre, ma scoperto di esserlo in quarta elementare quando mi hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrei compiuto nove anni in quell'autunno.

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