La stella cadente

[singlepic id=302 w=250 h=356 float=left]Margherita era furiosa. Mattia, il suo primo e unico fidanzato, era morbosamente geloso di tutti e di tutto.

Geloso di tutti quelli con cui la ragazza aveva il minimo rapporto umano, non solo maschi, ma anche femmine, di qualsiasi interesse distogliesse la sua attenzione da lui. Secondo l’inconfutabile parere dello studente d’ingegneria, gli amici di Margherita erano imbecilli, quello che lei leggeva per nulla interessante. Secondo lui, la fidanzata superava brillantemente gli esami di Lettere perché erano facili ed insignificanti, riusciva a lavorare e studiare, perché tutto ciò ce faceva era un’inezia, scriveva articoli ordinari, racconti orribili, poesie incomprensibili. I piccoli successi di Margherita erano cretinate, i film che voleva vedere al cinema una pizza, gli attori teatrali pietosi…

Libertà, libertà! Margherita anelava libertà. Voleva spiegare le sue ali in tutta la loro ampiezza e volare via, lontana dal fidanzato carceriere e disfattista. Una mattina, senza dire nulla al cerbero, lei fuggì da Bassano insieme a sette giovanotti alla volta di un’isoletta semideserta. Via terra fino a Chioggia e poi via mare fino a Ca’ Roman, dove raggiunsero una decina o poco più di ragazzi e ragazze della loro associazione di volontariato. Stavano imbiancando già da qualche giorno una colonia per handicappati. L’isola ospitava solo la colonia, e molto più in là qualcosa tipo un convento di suore e una chiesa. Ca’ Roman era uno dei pochissimi posti d’Europa dove le rondini di mare nidificavano ancora. Un patrimonio di ricchezze naturali semi-inviolate a pochi passi da Venezia.

I volontari si erano sistemati nell’ala della colonia già restaurata. Per gli otto nuovi arrivati non c’era posto. Così si accamparono con materassi di fortuna nella piccola cappella sconsacrata. Tutto il giorno spennellarono pareti mangiando pesche e cantando canzoni di chiesa e canzonacce goliardiche.

Verso sera un tuffo nel mare caldo ed accogliente. Poi tutti a Pellestrina. Pizze e risate. L’ultimo vaporetto? Perso. L’unica soluzione per tornare sulla loro isola era una lunga e spericolata camminata sui murazzi. Tenendosi tutti per mano, in fila indiana fendevano impavidamente sciami compatti di zanzare fameliche. Marciarono a ritmo sostenuto fino a mezzanotte.

In preda al panico da vertigini ma sostenuta da una strana esaltazione da pericolo, Margherita rimaneva ancorata al braccio forte di Antonio, il più alto, il più solido e il più caro amico, che fischiettava temerariamente.

Arrivati a destinazione si fecero largo con le torce elettriche in mezzo alla pineta fitta e intricata, fino alla spiaggia, dove la legna era già pronta per il falò.

Era la notte di san Lorenzo, e si sdraiarono sulla sabbia con il naso verso il cielo. Era da molto che Margherita non vedeva così tante stelle brillare, e da tanto che non si sentiva così libera.

I ragazzi avevano migliaia di desideri segreti da esprimere, ma di stelle cadenti nemmeno l’ombra.

Dopo un po’ Anna, Luca e altri tre si tuffarono nel mare nero e le loro grida allegre si sentivano appena, sovrastate dalla voce delle onde e dal canto sommesso di qualcuno che strimpellava una chitarra senza troppa convinzione. Cristiana e Stefano erano spariti. Più in là Laura e Alessandro litigavano sommessamente e poi all’improvviso si baciavano. Sara e Giovanni si guardavano.

Margherita e Antonio non ci erano arresi: volevano a tutti i costi vedere una stella cadente, ed erano ancora sdraiati a scrutare il cielo.

Finalmente eccola… Una lunga scia, una breve emozione. Scomparve proprio laggiù, nel mare. Istintivamente Antonio balzò in piedi e corse verso la battigia, con le braccia protese in avanti. Finì dentro l’acqua fino a metà polpaccio, con scarpe da ginnastica, jeans e tutto. Margherita lo raggiunse in due secondi e gli chiese divertita: “Volevi acchiapparla?”. E lui, serio: “Prima o poi la prenderò, vedrai!”.

Quella notte nessuno dormì. Un incantesimo era sceso su di loro. Non dormirono le coppiette nascoste nella pineta e non dormirono gli altri, divoratori di pane e cioccolata, seduti a gambe incrociate sui materassi dentro la cappellina, raccontandosi barzellette sporche.

Forse dormiva Mattia, che non sapeva di aver perso per sempre Margherita e non sentiva il canto del mare, né avrebbe saputo gustarlo, insieme al mormorio della pineta, ai sapori e agli odori di quelle lunghe irrecuperabili ore.

Un po’ prima dell’alba Margherita si allontanò dagli altri, camminando di nuovo verso la spiaggia. Alzò lo sguardo verso il firmamento, girò in senso antiorario l’anello viola del suo braccialetto, e il teletrasporto si attivò.

Il capitano Erica trasalì nel veder comparire sua sorella più piccola, Margherita, sul ponte di comando dell’astronave. Non se l’aspettava. Si riprese subito e l’abbracciò: “Allora com’è andata sulla Terra? Sei stata via solo pochi minuti!!”.

“Ma scherzi, Erica? Sono passati 10 mesi solari”.

“E come sono questi umani?”.

“Sono tipi a posto. Basta lasciarli liberi”.

“Liberi di fare cosa?”

“Di inseguire le stelle”, rispose Margherita con aria sognante.

Il capitano si rivolse al primo ufficiale: “Facciamo rotta verso la Costellazione di Anubi. Ma fra due minuti. Prima devo risolvere una questione”. Poi sorrise alla sorella: “Sciocca! Chiunque fosse l’umano che ti ha fatto pensare questo, era te che inseguiva, sei tu la sua stella”. Così dicendo, Erica prese Margherita per il polso e fece ruotare il bracciale del teletrasporto.

Antonio aspettava l’alba in riva al mare. Riconobbe dietro di sé il passo lieve di Margherita, gli mancò il respiro, si voltò ad occhi chiusi per perdersi nel profumo della sua pelle, mentre lei lo riempiva e insieme lo circondava di fuoco, come un sole che sorge.

Anna Laura Folena (2015)

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Chi sono:

Appassionato di fantascienza credo da sempre, ma scoperto di esserlo in quarta elementare quando mi hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrei compiuto nove anni in quell'autunno.

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