© Franco Brambilla: idee su Mondo9

Ecco qui: in pratica la terza uscita su Mondo9. Secondo me Dario Tonani, sei un po’ intrappolato dentro questa serie. Non capisco se tu ti ci trovi bene, o se ti obbligano a rimanerci.

Intrappolato? Davvero ti do quest’impressione? Niente di più lontano dalle verità, e almeno nei tuoi confronti penso che sia una mia piccola sconfitta personale che tu lo possa pensare. Mi verrebbe voglia di farti a mia volta una domanda: che cosa te lo fa credere? Sono convinto che non ci sia gioia più grande per uno scrittore che sentirsi chiedere da un (grande) editore un sequel o la continuazione di una saga. Ti prego, non fraintendermi, ma fatte le debite proporzioni, faresti la stessa domanda a George R. Martin o a Valerio Evangelisti?

Ma infatti l’ho chiesto a Valerio, una volta mentre pranzavamo. Ma torniamo a te. La storia questa volta l’hai costruita apposta per fare un romanzo. Vale a dire non sono più dei racconti ambientati sul tuo amato pianeta, ma è una vera storia.

Sì, su espressa richiesta di Mondadori, che sulla storia ha fatto – coinvolgendomi con grande intensità e partecipazione – un lavoro meraviglioso. Volevano un vero e proprio romanzo dopo il fix-up di “Cronache di Mondo9”. Lo considero un attestato di stima straordinario, un’apertura di credito impensabile solo fino a pochi mesi fa: inutile dire che si tratta di una prima volta assoluta che un autore italiano di fantascienza approdi in Oscar Mondadori con un “original”. E, se vogliamo, anche un’operazione commerciale (e sono orgoglioso di poter usare questo termine, una volta tanto) molto coraggiosa…

Come la racconteresti tu questa storia? Io ho fatto un po’ di fatica a stabilire i flashback e i momenti presenti.

La storia è costruita su due piani convergenti, ben identificabili: all’inizio di ogni capitolo si ripercorre quella del “villain” di turno, l’avvelenatore Dhakritt, mentre il resto è incentrato sull’azione presente, che ha come protagonista Naila e il suo bizzarro equipaggio. L’unica comandante donna di Mondo9, alla testa di un equipaggio di soli uomini e con una “famiglia allargata” costituita da individui non consanguinei (un tema molto attuale, ne converrai). Certo, i punti di vista sono molteplici, come peraltro consuetudine del mio approccio alla narrazione: forse alludi a questo quando parli di “un po’ di fatica”. È, però, una modalità di scrittura ormai ampiamente consolidata soprattutto nella narrativa di genere (non solo fantascienza, fantasy, weird): una storia corale, o sei vuoi a più voci e a più occhi… Ma a me interessa far sapere che c’è una donna al comando! Con tutto ciò che questo sottintende: la lotta quotidiana per affermare il proprio valore e il proprio ruolo contro le consuetudini e il pregiudizio in un ambiente – quello della marineria – tipicamente maschile.

La narrazione “corale” mi ha già spiazzato con Kim Stanley Robinson. Anche lì sono stato rampognato un po’. Ad ogni modo tu sei convinto che a me tu non piaccia come scrittore, invece non è così: mi piaci moltissimo come scrittore. È chiaro che personalmente non avrei mai scelto lo stile che usi per questa serie. Ti spiego prima io, poi dirai la tua. Trovo “scomodo” questo ambiente che definire decadente è un complimento: ruggine, schifezze, cuori estratti dal corpo di vittime quasi contente di esserlo, città in cui non c’è niente, o per lo meno quasi niente è descritto. Malgrado gli ambienti spesso aperti, la mia è sempre una sensazione di claustrofobia.

Questione di sensibilità personale. Conosco il tuo pensiero critico nei confronti del libro e di tutta la fantascienza italiana, e ti dirò che ogni storia, una volta pubblicata, appartiene ai lettori, che possono decidere se adottarla o meno. Non voglio apparire retorico, ma ogni libro è per il proprio autore come un autentico figlio. Tu lo consideri sporco, sboccato e irrispettoso e trovi difficile accoglierlo nel tuo… ambiente domestico? Non è un’offesa né a lui né a me, né tantomeno al padrone di casa. È il gioco delle parti che ogni scrittore deve accettare. La mia ti apparirebbe come una difesa d’ufficio, per cui mi astengo. Sullo stile poi staremmo a ribattere reciprocamente per ore. Sappi solo che un libro, prima di essere pubblicato in Oscar Mondadori, viene letto e sezionato da uno stuolo di persone, e che la scrittura è uno dei primi elementi che guardano gli editor.

Franco Brambilla: un pettinatore volante

Un “pettinatore volante” © by Franco Brambilla

Non dire così Dario: non ho “un pensiero” né critico, né negativo verso tutta la fantascienza italiana, solo verso quella brutta. Anche se hai in qualche modo ragione, perché è piuttosto diffusa! Invece tu scrivi bene e questo è quel che conta. Per esempio la parte fantastica di Mondo9 è molto articolata e piena di sorprese. I puristi forse direbbero che non è fantascienza, ma io non sono mai stato un purista! Grande ambientazione. C’è una cosa che però mi mette un po’ in soggezione: ma dove le comperano le sigarette quelli di Mondo9?

Premetto, non ti piacerà saperlo. Ma sulla cosa, permettimi (date le tue idiosincrasie), ci gioco anche un po’: il tabacco, non è vero tabacco, ma cacca di nave, mista a raschiatura di fondi di caldaia.

E dagli, con le idiosincrasie. Ti sbagli. Ma a proposito delle sigarette pensavo a quel tipo su un pettinatore che ci si trova tra i piedi a ogni duna. Quello che mette su il banchetto con le sigarette che vengono dalla parte tropicale e piena di alberi.

Su Mondo9 si fuma di tutto, la necessità aguzza l’ingegno. Ti ho descritto come sono fatte le sigarette nel deserto, ma altrove…

So che ti ha fatto una grandissima differenza Franco Brambilla che si è in pratica innamorato di Mondo9! Ha creato delle splendide immagini visibili sul suo art book dedicato a Mondo9.

Devo moltissimo a Franco Brambilla, che ha lavorato come un vero e proprio concept artist sul set di un film. Gli ho sempre riconosciuto il merito di aver contribuito ad aumentare a dismisura la visibilità delle storie di Mondo9. Specie in un presente in cui la fantascienza è soprattutto visuale – cinema, fiction tv, videogame, spot pubblicitari – e molto poco declinabile con la stessa forza sul piano testuale…

Ho l’impressione di notare come il tuo modo di scrivere tenda a influenzare molti giovani scrittori italiani. Ai miei tempi gli scrittori parlavano di problemi della provincia nel 2165, che erano esattamente uguali a quelli della provincia dell’epoca. Solo che poi apparivano alcuni marziani, o qualche guerra nucleare: i racconti erano tutti così. I romanzi, non li scrivevano in molti e credo li leggessero anche in meno. Oggi leggo racconti e anche romanzi (un miglioramento!) dove l’ambiente è sempre ostile, personaggi piagati e privi di futuro. I ragazzi che lavorano alle mie cose web amano questi racconti, che io faccio fatica a capire. La domanda è, come mai la fantascienza italiana è sempre così distante da quella americana? A meno che non si voglia affermare che N. K. Jemisin abbia copiato da Dario Tonani!

La fantascienza pesca dal presente. E il presente è quello che è. Dico sempre che scrivere science fiction è come fare snorkeling nella realtà, per poi sollevare la testa e respirare il futuro. Mi consideri un influencer per le nuove generazioni di autori italiani: è un bellissimo complimento, ma non è affatto così. Ognuno traccia e segue il proprio percorso stilistico e creativo, e lo fa sulla base di ciò che assimila e vede intorno a sé. Sinceramente non capisco perché lamenti il fatto che la fantascienza italiana sia “sempre così distante da quella americana”. Quando è vicina, molti critici/lettori ci accusano di copiare e di non avere riferimenti nostri e originali; quando ce ne distanziamo, però, stigmatizzano che seguiamo strade troppo periferiche, magari cupe e senza speranza. Poi, concedimelo, ma questa differenza di approccio a cui fai riferimento è tutta da dimostrare.

Be’, certo non intendevo “copiare,” ma i nostri autori sono distanti dagli autori americani dal punto di vista dei successi. Qui non ci siamo, temo. Quando uno come te ha successo, mille altri cadono nell’oblio. Non dico sia colpa di chi scrive. Non solo!

Ma per finire, ci dici quali sono i tuoi autori preferiti?

Di nomi ne avrei a iosa. Ne scelgo quattro “contemporanei” e un paio di classici, fra i quali uno che ti farà senz’altro piacere. Cormac McCarthy, China Miéville, Richard K. Morgan, Neil Gaiman. E tra i mostri sacri del passato, Philip K. Dick e Jack Vance.

Jack Vance era evidente e chiaramente mi fa piacere. Anche la tua fantasia nasce da quello stile. A parte Vance, ti sei ispirato a qualcuno altro tra loro?

Tutti, chi più, chi meno! Grazie della chiacchierata, Nuove Vie del fantastico, stay tuned!

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.

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Nato a Milano il 21 luglio 1959, dove consegue la laurea in economia politica all'Università Bocconi, diventando giornalista professionista. Pubblica, in Italia e all'estero, diversi romanzi e oltre 120 racconti su antologie e quotidiani nazionali.