La mattina del 2 gennaio, Edmondo, ad ore antelucane, era stato in un luogo misterioso a farsi gonfiare un palloncino con l’elio, ci aveva legato sotto una rosa rossa e aveva lasciato scorrere la bava trasparente da pescatore in direzione della camera di Patrizia, che quel giorno compiva 24 anni. La ragazza, appena sveglia, alzando la tapparella, avrebbe trovato, galleggiante nell’aria davanti al suo nasino insonnolito, un fiore profumato, quale segno dell’abnegazione creativa del suo ammiratore.
Era tutto calcolato alla perfezione.
Tutto, tranne le folate di vento. Una di queste aveva provocato la catastrofe: il volo della rosa era stato irreparabilmente deviato tra i rami di un ippocastano.
«Povero ragazzo, povero ragazzo», commentò quella mattina il portinaio Leandro, testimone diretto dei tragici fatti. E scuoteva la testa con disappunto, facendo saltellare i richiamati sulla pelata, raccontando a Patrizia la sciagura e mostrandole il fiore impigliato. La ventiquattrenne l’avrebbe visto ondeggiare lì per settimane, sempre più secco e triste.
Mentre la giornata lavorativa distoglieva Patrizia dai tragici avvenimenti mattutini, Leandro, con la discrezione che da sempre lo contraddistingueva, informava dell’accaduto tutti i parenti e i vicini di casa della ragazza. Nel pomeriggio, una processione di curiosi visitò il cortile interno del condominio, ispezionando l’ippocastano, e per tutti non c’era altro commento possibile: «Povero ragazzo!».
Fuori dal coro, il padre di Patrizia s’indignava: «Come si permette questo impudico e spudorato studentello di compiere un gesto tanto ardito, svergognato e inverecondo per importunare la mia bimba? Magari vuole perfino farle qualcosa di terribile, tipo abbracciarla!». Accigliato osservava con risentimento la rosa svolazzante, che sembrava provocarlo beffarda, ancheggiando lentamente.
Quella sera, la ragazza, sinceramente dispiaciuta per la triste vicenda, telefonò a Edmondo.
«Grazie», gli disse.
«Prego», rispose.
E la conversazione languì come un aulente fiore purpureo in cima ad un ippocastano.
La sera del 5 febbraio, rientrando a casa, Patrizia salutò sorridendo il portinaio Leandro, che le chiese con aria complice: «Ormai è passato più di un mese! Ma dove è finito quel povero ragazzo della rosa?».
Patrizia non lo sapeva: «Non ne ho proprio idea. Ma… Leandro! Cos’è questo frastuono? Chi è che sta abbattendo l’albero davanti alla mia finestra?».
Due ore dopo, Leandro aprì l’armadio e fece uscire Edmondo: «Via libera, i vigili se ne sono andati. Credono che l’albero sia crollato per cause naturali. Mi chiedo come mai i terrestri le barzellette le raccontino sempre sui carabinieri e mai sui vigili! Ma cosa t’è saltato in mente di segare il tronco? ».
«La colpa è solo tua, Leandro! Sei tu che mi avevi suggerito quella sorpresa della rosa volante! Sei stato tu ad assicurarmi che avevi calcolato tutto alla perfezione. Io mi fidavo di te», e il giovane innamorato quasi piangeva.
Leandro, scosse i richiamati: «No, caro Edmondo. Non è colpa di nessuno. Dipende dalle nostre origini. Sul nostro pianeta non esiste il vento! Non potevamo prevedere la catastrofica folata. La Terra è davvero complicata». Poi aggiunse: «Povero ragazzo!».
L’amministratore del condominio commissionò una perizia a un esperto di botanica, che appurò che l’ippocastano era gravemente malato, era pericolante da tempo, ed era stata una vera fortuna che fosse crollato proprio in un momento in cui nessun bambino giocava in cortile.
Quando Leandro lo riferì ad Edmondo, il giovane alieno si sentì sollevato dal senso di colpa per aver ucciso una creatura vegetale vivente.
Così rincuorati, i due amici extraterrestri ricominciarono ad essere prolifici di idee creative.
La mattina del 14 febbraio, san Valentino, Patrizia spense la sveglia e si diresse verso la finestra, sollevò la tapparella e… Capì che quell’anno forse la festa degli innamorati meritava di essere degnamente celebrata.
Tre piani più su, sul tetto dell’edificio, Leandro teneva ben stretto per la cintura dei pantaloni Edmondo, che si sporgeva per calare la rosa rossa davanti alla finestra di Patrizia.
Quando il portinaio alieno capì che questa volta ce l’avevano fatta, che l’amico aveva conquistato la sua amata e che i due avrebbero passato il resto dei loro giorni sempre insieme, indissolubilmente legati, commentò: «Povero ragazzo!».