Tanto di cappello

[singlepic id=319 w=250 h=333 float=left]Il Mago Vulcan agitò la bacchetta in aria con il suo celebre ed agile giro di polso. Istantaneamente apparve sul palcoscenico una tigre siberiana che, con le fauci fameliche spalancate in un ruggito agghiacciante, spiccò un balzo verso il pubblico. Gli spettatori per un istante si sentirono gelare il sangue nelle vene. Molti urlarono con quanto fiato avevano in corpo. Un’elegante signora matura molto prosperosa, inspirò così potentemente in un grido risucchiato che la scollatura esuberante esplose in un trionfo di seni terrorizzati, incorniciati da perle hawaiane. Il suo anziano accompagnatore spalancò di colpo la bocca e la dentiera rotolò sotto al sedile del firmato uomo quarantenne con folta barba finta-selvaggia, accomandato davanti a lui. Quest’ultimo, fu sul punto di svenire e in un interminabile secondo si vide passare davanti tutta la vita e si accorse di essere affetto da complesso di Edipo.

Il Mago Vulcan tracciò in aria un altro flessuoso movimento, e la tigre scomparve con la stessa rapidità con cui si era materializzata poco prima. Il pubblicò sospirò di sollievo, mormorò di stupore e poi proruppe in un fragor di battimani lungo tre minuti e 42 secondi. Durante quell’applauso, il barbuto decise di cercare casa per contro proprio. La sua mamma se ne sarebbe fatta una ragione. Subito dopo prese coscienza di aver raccolto dal pavimento qualcosa di strano. Una dentiera! Ah! Che schifo! La lanciò istintivamente dietro alle spalle con orrore paragonabile solo a quello appena provato nell’immaginarsi già dilaniato dalle zanne e dagli artigli del felino che stava per piombargli addosso. L’anziano amico della popputa prese al volo la protesi e si mise ad armeggiare col telefonino, in cerca del numero del suo odontoiatra. Voleva chiamarlo subito per fissare un appuntamento per l’implantologia.

Il Mago Vulcan s’inchinò solennemente al suo pubblico in delirio e terminò lo strepitoso spettacolo come sempre: estraendo un grazioso coniglio bianco dal suo cilindro. L’animaletto agitò le zampe in modo così buffo e dolce, che la signora con la scollatura esplosa ebbe un sussulto di tenerezza e lasciò cadere il foulard di Gucci con cui stava nascondendo pudicamente le sue grazie.

Dieci minuti più tardi, in camerino, Norberto, in arte Mago Vulcan, lanciò uno sguardo d’intesa al coniglietto: “Spick, stasera hai superato te stesso!”.

Il compagno strizzò un occhietto rosso e rispose: “Tu hai superato te stesso! Lo spettacolo è tuo. Sei tu il grande Vulcan!”.

Norberto gli porse una carota scuotendo la testa: “Sai benissimo che è tutto merito tuo e del proiettore tascabile di ologrammi, che hai portato dal pianeta Vulcano. Senza di te i miei trucchi non potrebbero stupire nessuno. La tigre di questa sera era incredibile! Ti sono grato, davvero”.

Il coniglio inclinò il musetto da un lato con un orecchio abbassato, come faceva quando qualcosa lo turbava. Norberto ogni tanto ripensava alla prima serie di Star Trek. Senza volere, gli autori del telefilm avevano dotato il vulcaniano Signor Spock di lunghi padiglioni auricolari a punta, proprio come i veri abitanti di quel pianeta, così simili ai conigli terrestri.

Spick sospirò: “Norberto, dobbiamo parlare. Sai, in realtà sono io che ti ringrazio per avermi nascosto per tutti questi mesi, dopo che precipitai sulla Terra. Ma…”.

“Ma cosa? Non devi sentirti in debito! Mi hai ripagato ampiamente, portandomi alle vette della fama mondiale, come miglior prestigiatore del mondo!”.

“No, non è quello… è che ho finalmente trovato il modo di tonare a casa. Durante le lunghe ore dei tuoi spettacoli, chiuso nel tuo cilindro l’ho un po’ alla volta trasformato in una insuperabile, anche se minuscola, astronave. La congiuntura astrale è quasi perfetta. Domani pomeriggio devo partire… Non sapevo come dirtelo: quello di stasera è stato il nostro ultimo spettacolo.”

Il giorno dopo, Il Mago, affranto, accompagnò il suo amico vulcaniano in un prato sulla montagna più vicina. Voleva molto bene a Spick, gli sarebbe mancato, ma alla tristezza per il distacco si aggiungeva la preoccupazione per la propria carriera. Senza il coniglio che azionava da dentro il cilindro il proiettore di ologrammi, come avrebbe potuto proporre spettacoli all’altezza delle aspettative del pubblico internazionale?

Spick era pronto per partire. Prima di mettere in moto il cilindro, si voltò verso Norberto e gli porse un pacchetto con tanto di fiocco: “Questo è il marchingegno generatore di ologrammi che ho azionato per te durante gli spettacoli che ti hanno reso famoso. Voglio che lo tenga tu e ti trovi un altro assistente che lo usi per prolungare il tuo successo”.

Norberto, commosso, abbracciò il coniglio spaziale. Lo ringraziò fra le lacrime. Spick pose fine allo straziante addio: con decisione accese la mini astronave, vi si chiuse dentro e partì a razzo. Il cilindro si sollevò fra scoppi e scintille e scomparve fulmineo fra le nuvole.

Le mucche che pascolavano lì vicino si terrorizzarono per tutto quello strepito di luci e frastuoni. Galopparono via in preda al panico, muggendo come piroscafi imbizzarriti. Tutte! Tutte tranne una, la più grande in assoluto. Coi suoi occhioni dolci sgranati si avvicinò calma a Norberto. Continuando a ruminare, lo fissò in volto e parlò.

“Aiuto! Una mucca che parla!”, si spaventò il Mago Vulcan.

“Non temere e non essere triste, Norberto – lo rassicurò la mastodontica bovina –, perché io posso aiutarti. Sono un’extraterrestre sulla Terra in missione segreta. Così segreta che nemmeno io so in cosa consista. Comunque, se vorrai, sarò io la tua assistete al posto di quel vulcaniano!”

Norberto la osservò sconvolto e rispose: “Cara amica… ma che razza di cilindro dovrò procurarmi adesso?”.

Anna Laura Folena (2015)

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Appassionato di fantascienza credo da sempre, ma scoperto di esserlo in quarta elementare quando mi hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrei compiuto nove anni in quell'autunno.

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