Perché mai bisogna credere nel fantastico? Martin Bauer adesso ve lo potrebbe spiegare molto bene.
Era una mattina come qualunque altra nella periferia di Salisburgo, con un’aria fredda e penetrante, come durante ogni inverno austriaco, e quel gennaio non costituiva un’eccezione.
Un piccolo bar faceva capolino tra la neve e le vecchie casupole circostanti. Nulla di speciale, ma da quelle parti era di sicuro il miglior posto in cui riscaldarsi.
Tra tutti gli avventori, coperti e bardati anche all’interno del locale, uno solo saltava all’occhio, eroicamente in maniche corte, con l’aria di qualcuno a cui non importava coprirsi, perché non indispensabile. Quel grande ragazzone aveva sicuramente altro a cui pensare.
A lui si avvicinò la giovane cameriera, dal fisico slanciato e dalle lunghe trecce bionde.
Prima di interpellare l’uomo dallo sguardo così distaccato, la ragazza si prese un momento per osservarlo bene: era un giovanotto grande e grosso, piuttosto in sovrappeso, con un paio di occhiali dalle lenti rettangolari, barba e capelli castani incolti, con addosso una maglietta palesemente ottenuta in omaggio in qualche negozio di videogiochi. Era immobile, attonito, mentre fissava la schermata “home” del suo portatile.
“Buongiorno! Vuole ordinare?”, chiese la ragazza, con un genuino sorriso stampato sul suo candido viso.
Il corpulento ragazzo le rivolse allora i suoi tristi occhioni azzurri, lasciando che passassero diversi secondi prima di parlare, e poi finalmente ordinò, con tono molto indeciso: “Un cappuccino, grazie”.
Lei era quasi certa di averlo già visto da qualche parte, così decise di essere indiscreta e chiese: “Mi scusi, è possibile che l’abbia vista in televisione o su internet?”.
L’uomo la scrutò con quel suo sguardo malinconico, e dopo qualche attimo rispose: “No, non credo”.
“Scusi, allora, devo essermi confusa! Le porto subito il cappuccino!”, rispose, allontanandosi dal tavolo un po’ imbarazzata.
Lui abbassò la testa e tornò a fissare il suo portatile, davanti al quale stava vivendo un terribile dubbio.
Il suo nome era Martin Bauer, patito di fantascienza e videogiochi fin da quando era bambino. Aveva vissuto in pieno gli anni in cui essere un “nerd” significava apparire emarginato, solo, deriso. Sapeva cosa significasse. Per questo, all’età di 26 anni, avendo ereditato una fortuna da una ricchissima zia, decise di investire i soldi organizzando il più grande evento di fantascienza di sempre, per riunire tutti quelli che, come lui, si sentivano rifiutati e incompresi, ingiustamente visti come dei disadattati. Per nove lunghi anni quindi, grazie al denaro e all’ingegno di quel brillante ragazzone austriaco, si era tenuta ogni febbraio la convention fantascientifica di Salisburgo, ben presto divenuta la più grande fiera di quel genere al mondo, attirando migliaia di persone da ogni angolo del globo.
Ma quel giorno qualcosa tormentava Martin, che nonostante il successo della sua iniziativa, ne aveva sempre rifiutato la conseguente popolarità personale, considerandosi un fan qualunque, solamente dotato di più mezzi economici rispetto agli altri. Pur felice del successo dell’evento, si era reso conto che, col passare degli anni, non solo la sua fiera, ma l’intera fantascienza si stava trasformando dalla passione di nicchia, coltivata da pochi ragazzi incompresi, a un fenomeno molto più mainstream, una moda, e quella sua bellissima creatura, negli ultimi anni si era riempita di finti nerd e di ragazzine che a malapena sapevano chi e dove fossero. A chiunque altro questo sarebbe sembrato semplicemente positivo: la fantascienza forse si stava riscattando. Ma Martin non la vedeva in questo modo, non era quello il motivo che l’aveva convinto a dar vita alla convention.
Mentre pensava a tutto questo, ancora in dubbio se annullare ufficialmente la fiera, arrivò il suo cappuccino, o meglio quello che sembrava latte e cacao riempito di panna montata.
Martin non fece in tempo a riprendersi dallo choc di vedersi portare un simile insulto culinario proprio nella terra in cui il cappuccino era nato, che la cameriera esclamò: “Ah, ecco: ora mi ricordo chi è lei! È l’ideatore della convention di fantascienza di Salisburgo! Che figata! Lo scorso anno ci sono andata con mia cugina, troppo belli gli alieni, anche se quella cabina telefonica blu all’ingresso era piuttosto fuori posto. Se l’erano dimenticata dalla fiera precedente?”
Se fosse stato mortale, il dr Who si sarebbe rivoltato nella tomba! Martin la guardò sconvolto, ma non fece in tempo a dir nulla che lei separò medio e anulare, nel tipico saluto vulcaniano, e si allontanò sussurrando: “Che la forza sia con te!”.
Se prima aveva dei dubbi, ora Martin sapeva cosa fare: aprì il browser di internet, entrò in ogni suo social, e in un attimo tutti furono informati che la convention non ci sarebbe più stata. Tutti dovettero rassegnarsi al fatto che – il tempo della fantascienza era finito – e Nerdy Bauer, come molti lo chiamavano, sembrava irremovibile!
L’uomo rimase diverse ore seduto in quel bar, osservando da un lato, lo scatenamento di notifiche provenienti dai suoi social e dall’altro, quella sorta di Nesquik alla panna che non aveva mai ordinato.
Quando si decise a tornare a casa, pagò e infilò il giaccone autunnale uscendo in mezzo alla neve.
Non lo separava molta strada dalla propria abitazione, era a meno di un chilometro, gli bastava prendere una stradina piuttosto isolata che aggirava le principali vie del quartiere, passando a ridosso della pineta.
Era forse a metà percorso quando, con sua enorme sorpresa, notò un uomo in smoking fermo esattamente al centro della stradina.
Martin a quel punto cercò di mostrare indifferenza, tentando di passargli lateralmente, ma, arrivando più vicino, l’uomo si accostò e gli disse: “Signor Bauer! Le devo parlare, è importante!”.
Martin, spaventato, pensò di tornare sui suoi passi, ma voltandosi trovò di fronte a sé un secondo uomo, leggermente più basso e vestito allo stesso modo, che gli bloccò la strada dicendo, con fermezza: “Dove crede di andare?”.
“Chi siete?”, chiese Martin, molto spaventato.
“Io sono l’agente Saunders, rispose il più alto dei due, e questo è il mio collega Taylor, e siamo… della CIA!”
“Si, esatto, CIA!”, scandì l’altro uomo, estraendo un distintivo dalla tasca.
” La CIA? E cosa può volere la CIA da me?”, domandò Martin, con voce tremante.
“Lei ha annullato la convention annuale di Salisburgo, ha commesso un grave errore! È di vitale importanza che si ricreda immediatamente! Ne va della sicurezza del globo!”, rispose l’agente Saunders.
“Cosa? È uno scherzo, vero? Cosa può importare alla CIA della mia convention?”, chiese Martin, incredulo.
” È.… ehm… riservato!”, rispose il medesimo agente, con innaturale incertezza.
Seguì un attimo di silenzio tremendamente imbarazzante, durante il quale Martin guardò perplesso i due agenti statunitensi, dopo di che Taylor prese la parola:
“Ok, le spiegheremo il problema, ma solamente affinché lei comprenda la vitale importanza di ciò che ha fatto per ben nove anni. La questione è la seguente: il nostro mondo è in pericolo.”
“In pericolo? Che tipo di pericolo?”, domandò Martin con stupore.
“Numerose prove top secret dimostrano che nel giro di pochi decenni la terra potrebbe essere attaccata da una razza aliena ostile, incredibilmente potente!”, spiegò Saunders.
Martin si preoccupò: “Alieni? Che tipo di alieni?”.
“Oh sono alieni orribili e crudeli, sappiamo solo che hanno enormi chele come quelle dei granchi!”, intervenne Taylor.
“Si! Ed enormi teste verdi con grandi occhi neri – aggiunse Saunders -. Sono esseri immondi e rivoltanti, il cui unico scopo è colonizzare ogni pianeta già abitato!”.
“Ma… io non capisco – replicò Martin – …cosa ho a che fare io con tutto questo?”.
Taylor sospirò: “Vede, può sembrare assurdo o eccessivamente astratto, ma il fatto che le persone apprezzino la fantascienza e credano che il fantascientifico sia possibile nel lungo termine, si tradurrà in una generazione di professionisti con maggiore interesse nel prepararsi al primo contatto. Significa ricevere più fondi per il settore astronomico e maggior progresso tecnologico in ambito spaziale! Entro trent’anni saremo pronti persino a sconfiggere una forza aliena, combattendo nello spazio, ma solo se la gente continuerà a credere nel fantastico”.
“Esatto – proseguì Saunders -. Mentre, se ciò non dovesse accadere e le persone perdessero interesse, lo sviluppo si concentrerebbe su altri campi della conoscenza, e al momento dell’invasione gli alieni sbarcherebbero su una Terra impreparata, massacrando a sorpresa la popolazione! Lei, come ogni altro fan di fantascienza, può salvare il pianeta! Continui a far appassionare i ragazzi a questo mondo, sia paziente, passi oltre a chi la vive con superficialità, perché per ognuno di loro esiste anche un futuro scienziato, medico, ingegnere o astrofisico che daranno origine a una nuova storia!”
Seguì un altro momento di tombale silenzio. Il vento gelido fischiava nelle orecchie dei tre uomini, i loro visi sembravano congelati, i due agenti si scambiarono uno sguardo indecifrabile, quando d’improvviso Martin si decise a parlare:
“Wow… Io… non ci avevo mai pensato! Come sono stato cieco!!
Io ho una missione da compiere: permettere a questa generazione di ragazzi e anche uomini e donne, di inseguire i loro sogni! E a maggior ragione, se ci attende anche un’invasione aliena … non posso tirarmi indietro! Grazie agenti, mi avete illuminato!”.
“Si figuri – sorrise Taylor – adesso vada a casa e smentisca l’annullamento della convention! Ah, e si ricordi: lei non ci ha mai incontrati, noi non esistiamo! Sono stato chiaro?”.
“Certo, certo”, assicurò Martin, per poi aggiungere: “Ah, ecco, non è che per caso, vista l’importanza della mia convention, la CIA mi potrebbe far arrivare dei finanziamenti anonimi annuali?”.
“NO!”, esclamarono quasi urlando all’unisono i due agenti.
“Oh, ok, beh grazie lo stesso, avete cambiato la mia esistenza!”, affermò Martin, per poi riprendere frettolosamente la strada verso casa, deciso a perseguire la sua nuova missione di vita.
I due impettiti agenti restarono immobili, osservando Martin allontanarsi, dopo di che si scrutarono negli occhi con espressione impassibile, e dopo un breve silenzio l’agente Taylor esordì:
“Sei un idiota!”
“Cosa?”, replicò sorpreso il collega.
“La CIA? Davvero? Tanto valeva dirgli direttamente la verità, sarebbe stata una storia più credibile!”
“Ah certo, perché invece gli alieni con le chele sono plausibili! Ma che ti è saltato in mente?”.
“Improvvisavo! E a me sembrava più che verosimile! Complimenti piuttosto per la tua creatività! Grosse teste verdi e occhioni neri? Veramente?”
“Non sono io quello che insiste sempre per l’improvvisazione! Te l’ho detto che ci serviva un canovaccio!”.
“Tu ammazzi la mia creatività!”.
“E tu ci metti sempre nei guai coi tuoi piani folli! Sei tu l’idiota qui!”.
Ci fu un momento di silenzio, gli sguardi dei due uomini si incrociarono, passò qualche secondo e entrambi, contemporaneamente, scoppiarono in una grassa e genuina risata.
“Blorfz!”, escamò Saunders.
“Korpz!”, urlò Taylor.
“Ci togliamo questi ridicoli travestimenti olografici?”.
“Ottima idea!”.
Le due figure incravattate scomparvero, lasciando il posto a due alieni purpurei, dall’aspetto gelatinoso e dai robusti e numerosi tentacoli.
“L’importante è che ce l’abbiamo fatta, collega!”, esclamò Blorfz.
“Ben detto, siamo un duo esplosivo!”, replicò Korpz.
“Non posso crederci che se la sia bevuta e che abbia deciso di fare lo stesso la convention!”.
“Credici, invece, siamo forti!”.
“E anche quest’anno riusciremo a fregare il capo!”.
“Si, quel buono a nulla di un raccomandato, alla faccia sua! Mi pare impossibile che creda ancora che la convention sia un summit diplomatico segreto tra razze aliene!”.
“E ci paga pure profumatamente per andarci!”.
“Prolungandoci il contratto di un anno terrestre ogni volta!”.
“Sì, e riempiendoci di encomi!”.
“E possiamo pure andarci senza travestimento!”.
“Si, infatti, una pacchia! Come avremmo fatto questa volta senza la convention?”.
“Ah e poi possiamo pure rimorchiare qualche pupa terrestre!”.
“Aaah, ma sei un pervertito xenofilo, Blorfz!”.
Calò per un attimo il silenzio, poi i due si avvicinarono e esclamarono:
“Sei forte collega!”.
“No! Tu sei forte collega!”.
I due si batterono fragorosamente il tentacolo, per poi tornare sui propri passi in cerca della loro navicella occultata, dileguandosi, tra una risata e l’altra, in mezzo alla fitta neve.
World © Giovanni Domaschio
Immagine di copertina tratta da BadTaste.