Le venti giornate di Torino mi sono state presentate e proposte da un mio carissimo amico che, abitando a Torino, aveva avuto modo di scoprirle.

L’amico era arrivato quel mattino per tutt’altra occasione, non molto tempo fa, a festeggiare il mio compleanno e lo devo ringraziare per il regalo aggiuntivo che mi ha fatto segnalandomi questo piccolo libro: sono 128 pagine.

Le venti giornate di Torino: Giorgio De MariaL’autore, Giorgio De Maria, è stato un classico intellettuale di sinistra, nato nel 1924, morto nel 2009, ha avuto modo di vivere proprio gli anni più belli e più vivi della sinistra italiana. Tanto per intenderci quelli in cui intellettuali come Italo Calvino, Sergio Liberovici, Emilio Jona e Michele Straniero potevano fondare gruppi musical/letterari in un ambiente decisamente ricco. Io stesso ricordo il fermento creativo degli anni Sessanta e successivi. I club letterari, i gruppi musicali fatti in casa…

L’amico mi ha spiegato che De Maria aveva finito di scrivere questo romanzo nel 1975, tenendoselo praticamente per sé. Dopo la pubblicazione del 1977 presso le edizioni Il Formichiere, passata del tutto inosservata, aveva ormai deciso di dimenticare quell’esperienza.

Succede invece che De Maria abbia avuto modo di regalare una copia del suo libro a un certo Ramon Glazov, che credo australiano, il quale, con gran calma, ebbe modo di tradurlo in inglese e di pubblicarlo presso la casa editrice Norton nel 2017: quarant’anni dopo la sua prima pubblicazione.

Questo fatto fa bene sperare i tanti scrittori di fantascienza attuali ignorati dai più, anche se molti, forse, non potranno godere del nuovo successo previsto dopo il 2060! Nel 2017 il povero De Maria aveva già lasciato queste sponde da otto anni!

Ma infine, che cosa succede in queste venti giornate?

Si tratta di un libro moderatamente Horror, di grande fantasia e precorritore dei tempi moderni soprattutto quando si parla della Biblioteca.

All’epoca in cui avvengono i fatti si genera uno spaventoso “fenomeno di psicosi collettiva” e a Torino nasce un’istituzione conosciuta come la “Biblioteca.” Da non confondere con il benefico deposito pubblico di libri e conoscenze, questa organizzazione emergente rappresenta invece un’eco maligna.

La Biblioteca è ospitata nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, istituzione che esiste ed è meglio nota come Il Cottolengo, Ente gestito da religiosi e, nel romanzo, sostenuta da un esercito di misteriosi giovani, sorridenti e ben vestiti (all’apparenza venditori di case o trader finanziari). La sinistra di quel periodo era ben poco amichevole verso i preti e verso la Chiesa, ma risulterà facile affermare che questa Piccola Casa della Divina Provvidenza non è quella vera. Si tratta invece un’entità con lo stesso nome, in una Torino ucronica.

La Biblioteca offriva ai cittadini un tipo molto speciale di materiale di lettura. Dice Glazov: “I frequentatori della Biblioteca si rivelano essere in modo significativo, persone prive di qualsiasi desiderio di umana comunicazione.”

L’istituzione spinge la popolazione a scrivere un proprio diario, il più possibile scandaloso. Tutti si danno da fare a confessare i loro peggiori vizi e tutti potranno leggerli, pagando soltanto una mite prebenda. La Biblioteca diventa un immenso deposito di memorie di pervertiti e di maniaci, fantasie tabù e persino interi diari dedicati alla violenza. Tale raccolta di orrori – che De Maria spesso accosta a immagini di discariche e fogne traboccanti – cresce in altezza fino a proporzioni immense. Alla fine, in un condominio, il pattume di fogli scritti arriverà fin quasi al nono piano.

Piuttosto che aiutare i suoi utenti a crescere, la Biblioteca consuma la loro privacy in una specie di rete di spionaggio… maligna e futile.

Le venti giornate di TorinoSi crea una schiera di Paranoici: i diaristi. Chiunque intorno a loro, amico o nemico, potrà leggere le loro confessioni senza filtri.

Tali individui sono consumati da un’insonnia innaturale che i sonniferi non riescono a curare. Vagano giorno e notte per le strade, sempre col pericolo di incontrare mostruose creature che non si sa da dove siano arrivate e che molto spesso li assaliranno, uccidendoli.

Forse questa è la trovata più profetica del romanzo di De Maria: una versione analogica delle varie moderne piattaforme social, sempre aperte al pubblico. Apparentemente al prezzo di una modesta prebenda.

Come detto, il romanzo non è un Horror intenso, ma la sua parte di morbidi orrori è sempre più incalzante man mano che si procede nella lettura, anche se più o meno nulla di davvero spaventoso sembra accadere.

Come nel finale, in cui tutto si stempera in una specie di sogno, in un Paese non definito, per un destino che non ci è davvero dato a sapere.

Direi che si tratta di un vero capolavoro nel suo genere.

Bello anche lo stile di scrittura: si svolge negli anni Sessanta, ma si direbbe scritto alla fine dell’Ottocento, con la precisione e la ricchezza di un linguaggio che oggi non si trova più in quasi nessuno dei moderni scrittori.

Le immagini sono state realizzate con Intelligenza Artificiale Microsoft.

 

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.