Il Premio Urania del 2023 va a un romanzo intitolato Quando lottano gli Dei, di Antonio Benvenuti. E finalmente mi sono deciso a leggerlo!
Perché finalmente? Perché ogni anno è proprio questo il mio stato d’animo verso il Premio Urania: una decisione da prendere! Il che è dovuto alle tante delusioni che ho ricevuto negli anni passati a proposito di questo premio.
Autori che in altre occasioni ho apprezzato poi sono stati premiati da Urania per lavori non particolarmente buoni, almeno secondo il mio non significativo giudizio. Non voglio far nomi, ma autori che hanno prodotto ottime opere qui, nella palestra di Urania, mi sono troppo spesso sembrati una pallida immagine del loro talento.
Naturalmente i riconosciuti critici esperti ed editori, il più delle volte tessono invece elogi alle opere che io giudico deludenti e, purtroppo, io non sono quasi mai della loro idea.
Ma vediamo che cosa ho voglia di dire su questo Quando lottano gli Dei.
So che in redazione hanno cambiato il titolo originale che era Hanno ucciso l’arcangelo, con quello decisamente meno significativo con cui il romanzo è stato pubblicato, cioè Quando lottano gli Dei.
Non conoscevo Antonio Benvenuti e non sono riuscito ad avere i suoi contatti. Avrei dovuto chiedere ad Urania, ma non l’ho fatto. Mi scuso quindi con Antonio che non ha avuto la possibilità di dire la sua in questo breve articolo.
Che dire? Il romanzo è diviso in due parti nettamente diverse.
Nella prima, che a mio parere è decisamente la migliore, scopriamo l’Universo di Benvenuti. Il nostro aveva già pubblicato due romanzi che sfoggiano (mi pare di capire) il medesimo Universo, in sé piuttosto originale. Ma non baserei tutta la mia carriera di scrittore su una singola idea, anche se molti scrittori lo fanno.
L’idea di Antonio è che esistano gli dèi con le loro schiere di angeli, arcangeli eccetera. Ma qui non siamo nell’ambito religioso: gli dèi sono creature di aspetto quasi mai umano, ma con innestati dei macchinari (le estensioni) classificate con le sigle da T0 a T10. Le T0 generano pochi vantaggi fisici all’essere in cui sono inserite (Estensione di sensi, di memoria e di calcolo), innestabili nei corpi degli esseri umani che così potranno diventare angeli. Invece le T10 appartengono solo agli dèi generando incredibili potenzialità speciali e uniche: estensioni divine!
Non è chiaro chi, o cosa siano questi dèi, visto che hanno a volte l’aspetto di una doppia piramide contrapposta, oppure di macchinari con ruote dentate ticchettanti.
In buona parte del romanzo seguiamo, tuttavia, le avventure di un neo angelo, cioè un giovane che si chiama Ser, è umano, o ne ha l’aspetto, ha seguito la scuola angelica ed è appena stato promosso ad angelo effettivo. In partenza ha innestate delle estensioni T4 (Armi intrinseche, capacità superiori)… Qualsiasi cosa possa significare tutto ciò.
Ser è un pivello, ovviamente, trattato malissimo dalle sfere superiori, o così per lo meno sembra. Dèi e angeli, arcangeli, serafini e compagnia, abitano nelle Arche, sorta di enormi astronavi che vagano nell’Universo e gli angeli promossi dalla scuola angelica considerano un fallimento essere assegnati a fare l’angelo su un pianeta: avere contatti con il popolo, una situazione poco apprezzata in forma di angelo custode.
Il pianeta ha una civiltà più o meno rapportabile al nostro medioevo, con tanto di Re, Imperatori e Streghe e non mancano nemmeno i demoni.
Bene, Ser viene proprio mandato su un pianeta e qui scopriremo molte cose di cui non voglio rivelare altro, oltre il già detto, essendo il vero succo di tutto il libro.
La prima metà del romanzo si svolge sul pianeta ed è (ammettiamolo) molto divertente, ben scritta e piena di sorprese.
Leggendo mi dicevo, “To’, sta a vedere che abbiamo finalmente trovato un bel romanzo premiato da Urania!”
Peccato che poi ci sia la seconda metà del libro: quella che evidentemente gli editor hanno invece considerato pregnante, visto il cambio di titolo imposto: qui avviene la battaglia tra gli dèi.
E allora, mi dispiace, io trovo invece tutto ciò di una banalità non degna.
Mi sembra che ai giudici del Premio importi più di tutto la presenza di lotte, battaglie e storie fumettistiche.
Se il romanzo fosse proseguito ampliando e sviluppando la prima parte sarebbe stato una grande storia. Così invece finisce per essere la solita delusione firmata Premio Urania!
Antonio Benvenuti, in una breve intervista a fondo libro afferma che, se il protagonista dovesse essere piaciuto, potrebbe apparire in altre storie. Ottimo: io gli consiglio di recuperare tutta l’atmosfera della prima parte e buttare il resto!
In questa edizione del 2024, mi chiedo anche che cosa significhi la copertina. Con tutta la fantasia disponibile e comprensibile anche dal poco che ho detto, che cosa mi rappresenta l’individuo solitario rappresentato?
Noi ce la siamo realizzata per nostro conto con l’intelligenza artificiale di Microsoft: la Sala delle Acclamazioni, capitolo su Zero, pagina 19.
Le pareti della Sala delle Acclamazioni erano dei nastri metallici che scorrevano senza sosta. Si rincorrevano, si avvolgevano insieme in spirali e guglie, roteavano creando architetture sempre mutevoli. Le incisioni sui nastri erano invocazioni nella lingua degli dèi, bassorilievi di squisita bellezza, componenti meccanici intenti in compiti segreti. Davanti al trono vuoto una trentina di figure attendevano inginocchiate.
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Come sempre, per concludere, abbiamo anche i tre racconti selezionati per il Premio Urania Short.
Su questa sezione, devo dire, di non aver mai trovato qualcosa che mi fosse davvero piaciuto.
I tre autori di quest’anno hanno in comune un pessimismo cosmico fastidioso.
Il primo racconto è una satira sulle donne che fanno continue operazioni estetiche. L’autore ha modo di presentare alcune scene di bassa macelleria e un finale ovviamente tragico.
Il secondo racconto parte subito con la bassa macelleria, tanto per chiarire che la fantascienza di oggi dovrà sempre essere sanguinosa e terribile. Poi, si capisce ben altro, ma direi che non mi viene voglia di premiare questa storia.
Il terzo racconto è a suo modo tenero, ma per quel che capisco poco sensato. L’autore deve aver preso spunto dal romanzo Premio Urania 2022, Per le ceneri dei Padri del bravo Davide Del Popolo Riolo, dove si tratta appunto di un mondo in cui ciò che per noi è etico, lì è esattamente l’opposto. In questo senso l’idea non è dunque troppo originale. È il solito racconto dove gli eroi, alla fine, dovranno scegliere un loro futuro in un mondo che non apprezzano. Da 1984 questa idea pare non essere ancora tramontata.
La tecnica di scrittura dei tre racconti non mi convince in nessuno: per cui, o nessun autore ha mandato dei racconti validi, oppure è che io la penso in modo molto diverso dai giudici di Urania. Ogni anno tre racconti pessimi, non può essere un caso.
nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.