Se volete, una specie di cruccio che provo nei confronti del tempo che passa è la grade differenza di logica critica che scopro sempre di più nei miei amici lettori. Appunto col passare del tempo…

Prima di tutto, mi interesso di fantascienza e scopro, ogni giorno di più, che chi mi sta attorno a stento sa che cosa sia. Si basano non so bene su cosa, ma in genere dicono, “A me non piace!” La percentuale di persone tra le mie conoscenze che dicono così, è non solo significativa, ma decisamente maggioritaria e, oggi ,molto più visibile di un tempo.

Poi mi imbatto in qualcosa che per la mia esperienza non posso che definire alieno, relativamente ai gusti di chi legge fantascienza.

Per esempio, un coraggioso (secondo me) lettore, qualche settimana fa ha pubblicato su Facebook una sua considerazione, che purtroppo non riesco a ritrovare e dovrò quindi citare a memoria.

Il signore dei draghiLa sua lamentela riguardava Jack Vance, autore immaginifico come pochissimi altri e di lui riportava la fotografia della prima pagina de I Signori dei Draghi (The Dragon Masters), romanzo breve, poco più di 100 pagine, del 1962 con svariate traduzioni in italiano.

Il lettore in quel caso domandava e si domandava, come fosse possibile leggere una simile roba noiosa. Devo dire, che The Dragon Masters non è il libro più significativo di Vance, anche se la prima pagina riportata non è certo quella più difficile da comprendere.

Poi, è probabile, che il lettore abbia pensato di stare per leggere un romanzo Fantasy, per via dei draghi, ma questo non lo è per niente.

Ma di sicuro, un lettore alle prime armi non dovrebbe cominciare a leggere Vance da questo The Dragon Masters.

Per esempio, sono abbastanza certo che il breve romanzo abbia rappresentato un bel problema di traduzione, il che lo rende difficile da giudicare. Vance usa il linguaggio con maestria, un po’ come ha fatto Joice in Finnegans Wake tanto per fare un esempio. Le descrizioni accurate non sono tanto fatte per il lettore, ma piuttosto per far sentire il suono dell’ambiente descritto. La prosa di Vance è più un pezzo di sinfonia, che letteratura tradizionale.

I nomi, qui, come pure è capitato a volte anche a me nel tradurlo, si è tentati di riportarli in italiano con una traduzione letterale, poiché spesso hanno riferimenti a delle parole esistenti. Per esempio, Borgo Banbeck, forse era meglio leggerlo come Banbeckborgo. Valle Barbeck, per cui Vance usa il termine poetico Vale, per dire ‘valle’, forse sarebbe stato più giusto presentarlo come il Barbekvallo. Insomma, il problema nella traduzione è che Vance non crea nomi con senso, ma nomi con suono! Il che è difficilissimo da riprodurre.

Ma tornando al post… In quel momento (come altri a me sodali) mi sono quasi scandalizzato: dire che Vance è noioso e leggendo una sola pagina per niente significativa, mi pareva del tutto fuori schema.

Poi, leggendo le parole di un altro lettore, ho cominciato a pensare!

Il secondo lettore diceva, A me piace Vance, ma che qui ci sia qualcuno che dia dell’incapace a giudicare (noi intervenuto contro) a un altro che non la pensa come loro, mi pare sia la mostra di un atteggiamento inutilmente autoritario e una mancanza di accettazione delle idee diverse.

Mi ha colpito il fatto che costui aggiungesse, [qualcuno] come succede nel mainstream.

E allora ho capito. Lo stile e il genere che da sempre mi piaceva, non esiste più.

I nuovi romanzi di fantascienza, questi che a me sembrano (quasi sempre) illeggibili, vincono invece i premi. La fantascienza non è più la letteratura del meraviglioso, perché deve invece essere qualcos’altro. Forse la letteratura delle cavalcate politiche, il cambiamento climatico, la denuncia delle non democrazie, l’inclusione di genere e soprattutto, deve usare uno stile di scrittura poco arzigogolato, o meglio ancora, duro, moderno, cupo e privo di descrizioni. Il genere che oggi è il più popolare è il pianeta malato con descrizione di purulenti foreste. Ultimamente, poi, sono preferibili i lavori scritti da donne.

Ciò che ho detto determina una serie di parametri che sono in definitiva i più considerati da editori e lettori. Gli alieni non vanno più bene in nessuna salsa, ma di questo ci eravamo già da tempo resi conto e la loro scomparsa non è certo la cosa peggiore che sia capitata alla fantascienza.

Poi, leggendo un articolo del 30 giugno 2024 su ‘La lettura’ inappuntabile allegato del Corriere della Sera, scopro un commento che mi fa capire come probabilmente questo gusto stilistico oggi sia diverso non solo per la fantascienza, ma forse per ogni tipo di letteratura.

L’articolo in questione è di Vanni Santoni, uno scrittore di tendenza realista che, quindi, forse non nasce con la fantascienza. Ma nella sua critica si rivela informato quel che serve!

Nel suo articolo parla, con buona conoscenza, di Kim Stanley Robinson, scrittore ben noto e soprattutto in possesso di uno stile di scrittura assai originale. Direi, in qualche modo, giornalistico.

Aurora, Kim Stanley RobinsonIl romanzo recensito da Santoni non è nuovo. Si tratta di un lavoro del 2015, intitolato Aurora, che stranamente non ha avuto una pubblicazione in Italia prima di adesso e che ora si affaccia all’attenzione del lettore italiano attraverso un editore non proprio consueto: Ubiliber, la Casa Editrice dell’Unione Buddhista italiana.

La recensione è molto positiva e, a mio avviso, è assolutamente veniale, o forse necessario, il piccolo spoiler che Santoni fa non nascondendo ai suoi lettori la parte conclusiva della storia. Qui non la riporteremo, ma chi conosce Robinson, sa che non poteva andare in altra direzione.

Ciò che volevo però dire, è che parlando dello stile di scrittura dell’autore americano, Vanni Santoni afferma, “[siate informati] del fatto che, se si riesce a passar sopra a uno stile di scrittura piuttosto insipido e a guardare ai soli contenuti, si tratta di una lettura valida sotto ogni punto di vista…”

L’evidenziazione è mia.

È lo stesso appunto, più o meno, che avevamo già trovato nel mancato lettore di Jack Vance. Qui il recensore, più specialista e più addentro nella critica costruttiva, tiene fortunatamente conto dei contenuti dopo aver svolto una ricca analisi e soprattutto, dopo aver letto tutto il libro.

Ma siamo allo stesso punto. Che cosa è successo allo stile che una volta piaceva e adesso sembrerebbe quantomeno insipido? Vorrei che qualcuno me lo spiegasse.

L’immagine di copertina è stata prodotta da IA Microsoft Designer

 

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.