Si può vivere di scrittura in Italia? Certo che sì, ma bisogna chiamarsi con uno dei dieci e venti nomi italiani che possono permetterselo.

Recentemente Robert J. Sawyer, autore di cui conosco vita e miracoli (credo che chi mi segue ormai lo sappia), ha rilasciato una breve spiegazione su come vengono pagati gli scrittori in America. Nel caso specifico soprattutto in Canada.

Non mi risulta che in Italia sia seguito un principio analogo a quello descritto da Rob e che andremo tra poco a descrivere.

Nelle mia rarissime avventure di scrittore pagato in Italia, nel migliore dei casi, mi hanno proposto contratti del tipo, “ti diamo 500 euro per la scrittura, poi un euro a copia venduta oltre le prime trecento!

Nel nostro ramo, vale a dire la fantascienza, la maggior parte delle vendite le fa Mondadori e gli altri Editori si accontentano di vendere un massimo di mille copie ed è già grasso che cola!

I conti sono presto fatti: 500 euro di possibile bonus, più (mille – 300 copie vendute) totale 1200 euro di ricavo per il più fortunato scrittore.

Ma bisogna dire che il più delle volte non si vendono 300 copie e molto più spesso non ti danno 500 euro di bonus! Conti ancora più magri, dunque.

È tuttavia ovvio, come gli autori che riescono a vendere i diritti del loro lavoro alla televisione, o al cinema possono probabilmente vivere in Italia solo di scrittura. Penso certo a Camilleri, ma anche ad altri autori, tutti scrittori di gialli, Maurizio De Giovanni con due o tre avventure napoletane, Marco Malvaldi con il BarLume, poi ancora Donato Carrisi, Gianrico Carofiglio, Antonio Manzini e il suo Rocco Schiavone…

Temo che sia un must, come si suol dire, vendere i diritti al cinema, o alla TV, perché l’impressione è che le vendite dei libri siano comunque troppo basse per diventare ricchi. O, se succede, è un’eccezione!

Per esempio, Umberto Eco, il cui successo, valido certamente, quantomeno per il genio del suo romanzo Il nome della rosa, risulta tuttavia abbastanza unico nella letteratura italiana moderna. E tuttavia, anche quel romanzo ha avuto un’impennata con la trasposizione cinematografica.

Dicevo prima, di Robert J. Sawyer.

Che gli è successo?

Il nostro è stato contattato recentemente da un Editore americano, che gli ha prospettato l’idea di una pubblicazione.

Mi è stato chiesto di inviare un vecchio racconto per un’antologia in preparazione contenete storie che avevano ricevuto molti rifiuti prima di essere poi pubblicate.”

Sappiamo che non sono quasi mai i racconti peggiori, ma quelli che hanno qualcosa di non ancora omologato. Sto parlando di bravi scrittori, si capisce!

Spiega Rob: “Per quel che avevo capito, doveva essere […] un’antologia di storie che erano state respinte molte volte prima di essere pubblicate per la prima volta, prodotte da scrittori nuovi, con a lato alcuni racconti di autori famosi, come nel mio caso, ristampati dopo un lungo percorso di precedenti pubblicazioni.”

Non era proprio così: “Arrivato il contratto, per l’antologia offrivano un centesimo a parola per la mia storia, promettendo, per altro, otto centesimi a parola a tutti gli scrittori partecipanti che non erano riusciti a trovare una casa editoriale in precedenza.”

Ecco qui sta il punto. Al di là dell’immensa idiozia di offrire un centesimo a Rob e otto centesimi a ogni John Qualsiasi, mi colpisce il metodo di pagamento negli States e in Canada che è molto diverso dal nostro! Offrono un tot a parola!

Confesso che la cosa non mi coglie impreparato, perché avevo già sentito parlare di questo tipo di offerta e molti anni fa, quando avevo letto i racconti di Isaac Asimov commentati da lui stesso.

In molti punti dei suoi commenti, Asimov inseriva frasi del tipo, “mi offriva tot centesimi per parola.”

Il primo che mi offrì dei soldi per una cosa scritta da me, fu Vittorio Curtoni, per il racconto Galattotour, per cui ricevetti un ricco assegno di 14.000 lire. All’epoca credo che tale cifra valesse poco meno di un ventesimo dello stipendio di programmatore di quei computer che occupavano l’intero piano della ditta in cui io lavoravo, programmando proprio uno di quei computer.

Non ebbi il coraggio di chiedere a Vittorio, quanto fosse a parola!

Tutto questo discorso, però, ci dice che in Italia la grandissima parte di scrittori, sia pur bravi, non potranno mai vivere della loro scrittura. A meno che non  siano giornalisti, sceneggiatori, o comunque impiegati in attività in qualche modo stipendiate. Anche tra i giornalisti, ci sono poi i cosiddetti freelance (lavoratori non assunti che si guadagnano da vivere vendendo i loro articoli a una o più testate), di cui non so nulla e che forse varrebbe la pena approfondire.

In America, tutto è diverso, ma alla fine cosa fece Rob? Decise di risolvere la malparata in amicizia: chiese di avere per lo meno 8 centesimi a parola come gli altri. E infatti ci rivela che “Vendo ristampe in tutto il mondo per molto, ma molto più di un centesimo a parola. Per esempio, ho appena venduto otto ristampe a un certo mercato ciascuna per 500 dollari degli Stati Uniti, il che equivale a circa dieci centesimi a parola.”

Anche qui, a ben pensarci non è molto: infatti un Editore acquista non solo il diritto di pubblicare quel racconto, ma anche il Copyright per un periodo di vent’anni.

Questo è successo anche a me con certe mie traduzioni: dopo moltissimo e pesante lavoro, scopro che sono pubblicate in tempi diversi su più volumi del medesimo Editore: “del resto,” mi dice, “non è scaduto il nostro diritto di pubblicazione.”

Il racconto di cui parla Rob nella nota a cui faccio riferimento è “Lost in the Mail” di cui alcuni critici hanno detto: “Tra le storie stampate in TransVersions #3, la più eccezionale è ‘Lost in the Mail’” — Tangent; “È un racconto eccezionale che si potrebbe dire, rende l’intero volume degno di essere letto” — Scavenger’s Newsletter; “Eccellente, immaginativa e ben scritta, ulteriore prova del talento di Sawyer” — NorthWords; “Se c’è giustizia nel mondo, Sawyer dovrebbe vincere l’Aurora Award per l’emozionante ‘Lost in the Mail'” — Sempervivum.

l’Aurora — il più alto onore del Canada per la fantascienza.

Lost in the Mail conta circa 4500 parole, per cui Rob ha ricevuto qualcosa come 360 dollari (al cambio attuale, più o meno 330 euro).

Non credo che possa troppo festeggiare nemmeno lui.

 

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.