Babel: Rebecca F. KuangStiamo parlando di Babel: Or the Necessity of Violence (Babel, ovvero è necessaria la violenza). Si tratta di un romanzo della scrittrice americana Rebecca F. Kuang, cinese, ma trasferitasi negli Stati Uniti a soli quattro anni.

Il romanzo ha vinto il Premio Nebula 2022.

È probabilmente la prima volta che un romanzo di fantascienza si inoltra su un argomento apparentemente molto tecnico: la traduzione di un testo letterario. Ma non dovete farvi impressionare dalle premesse.

La storia si svolge in un passato ucronico, negli anni ‘30 del 1800, in un Impero Britannico particolarmente aggressivo e poco attento ai diritti di eguaglianza dei sudditi. Il razzismo nell’epoca di questo romanzo è particolarmente violento e coinvolge cittadini sia per il colore della pelle, per la loro origine etnica in generale e chiaramente per le donne, considerate esseri di seconda categoria.

Il protagonista nasce a Canton con un nome cinese, che non ci è dato sapere. È un ragazzo molto giovane e viene assegnato a un protettore inglese, il misterioso professor Lovell, che ha una vasta conoscenza dell’arma più suggestiva di cui possa disporre il Regno Unito al tempo: la lavorazione dell’argento magico.

Il ragazzo ha perso la madre durante un’epidemia di colera a Canton, dopo di che il suo protettore decide di portarlo in Inghilterra per avviarlo alla sua stessa arte di conoscenza.

Il ragazzo dovrà però assumere un nome ufficiale, diverso dal suo trascurabile nome cinese e lui stesso deciderà di volersi chiamare Robin Swift, dopo aver guardato la copertina di Robin Hood e dei Viaggi di Gulliver.

Nel romanzo inizia un adorabile viaggio tra Canton e Londra e Oxford, dove esiste un alto edificio chiamato Babel, università unica e riservatissima, in cui si istruiscono i traduttori del Regno e si impara a preparare l’argento magico.

Sulle barrette di argento è possibile scrivere delle parole e la contrapposizione tra esse, come fosse un differenziale di campo elettrico, permette di proteggere, o attivare benefici per qualsiasi cosa: la migliore traduzione possibile, o la massima resa di un campo di avena, la morbidezza di un materasso…

Robin incontra qui degli amici, ma apprende che esistono anche dei nemici dell’Impero, i quali vorrebbero demolirlo dall’interno.

Inizialmente, il nostro non sa bene come porsi di fronte a tale scoperta, ma presto si renderà conto che il suo protettore, esperto nella magia dell’argento, è un terribile razzista. Il professor Lovell avrebbe facilmente potuto salvare la madre del ragazzo dal colera usando l’argento nel giusto modo, ma la risposta dell’uomo è terribile: “Ma cosa pretendi? In definitiva era solo una donna!

Qui il romanzo entra nella sua seconda parte, in cui gli animi si agitano e la rivoluzione, la violenza di cui il sottotitolo, minaccia di esplodere terribile.

La straordinaria bellezza di questa storia sta soprattutto in un attento mix di avventura e piacevoli considerazioni filosofiche. Bei paesaggi vittoriani, scorci notturni di taglio abbastanza gotico e piacevoli digressioni su cosa significhi esattamente trasportare un testo in una lingua diversa. Uno studio non banale, su quale sia la difficoltà di non perdere il senso originale dopo una traduzione.

È il caso, soprattutto, quando per esempio si tratta di rendere Omero per un pubblico moderno: si dovrà usare la lingua usata nella traduzione secondo l’utilizzo attuale, o un parlare artatamente antico di quello stesso idioma? Ma se così si facesse, si rispetterebbe di più il senso del racconto omerico, o invece un coetaneo di Omero che sapesse l’inglese, o l’italiano, o qualsiasi altra lingua, non considererebbe quella resa del tutto errata, essendo quella che lui percepisce dall’originale una lingua non arcaica?

La quantità di piccoli esempi e le difficoltà logico-linguistiche che l’Autrice propone sono enormi.

Considera quanto sia complicato tradurre semplicemente la parola hallo. Hallo, sembra molto facile! Buonjour. Ciao. Hallo. E via dicendo. Ma immaginiamo di voler tradurre dall’italiano all’inglese. In italiano, ciao può essere usato per salutare chi arriva, ma anche chi si allontana – la parola non lo specifica, indica semplicemente che c’è stato un punto di contatto. Deriva dal veneziano s-ciào vostro, che significa più o meno “servo vostro”. Ma sto divagando. Il punto è che quando traduciamo ciao in inglese – se stiamo traducendo una scena in cui i personaggi si allontanano, per esempio – dobbiamo imporre che ciao sia stato detto come goodbye. A volte questo è ovvio dal contesto, ma a volte no – succede quindi, spesso, che nella traduzione si debbano aggiungere altre parole per essere chiari. Come si vede le cose diventano subito complicate e siamo solo ai saluti.

Ho inserito questo brano, perché come lettori italiani ci è particolarmente vicino, ma chi leggerà il libro si divertirà moltissimo a scoprire in quanti e quali modi può essere complicata una traduzione. In questo senso, il libro mi è addirittura sembrato una specie di manuale che non potrà mancare negli scaffali di chi vorrà fare letteratura. E non solo per tradurre!

Il fatto straordinario, a mio avviso, è che si tratta di un romanzo tutto sommato di avventura, che arriva a produrre qualcosa come 560 pagine. Il lettore potrebbe temere di incontrare diverse pagine inutili, a scapito dell’avventura, ma non è così.

L’avventura, in chiave politico-storica, è perfettamente inglobata in tutta l’opera e il linguaggio chiaro, preciso, elegante di uno stile vagamente ottocentesco, ci fa sognare posti remoti, l’Oriente, ma anche l’Inghilterra imperiale e questa straordinaria Oxford del tutto immaginaria.

L’Autrice, nella sua premessa lo dice chiaramente:

Babel locationIl problema scrivendo un romanzo su Oxford è che chiunque abbia trascorso del tempo in quel luogo esaminerà criticamente il testo per stabilire se la mia rappresentazione si allinea con i suoi ricordi della città. Peggio ancora, se vi accorgerete che io sono americana che scrive di Oxford! Che cosa possono capire gli americani di Oxford? Vorrei provare a difendermi: Babel è un’opera di narrativa speculativa e quindi si svolge in una versione fantastica di Oxford negli anni ‘30 dell’Ottocento e la storia è completamente modificata dalla magia dell’argento […] Tuttavia, ho cercato di rimanere il più fedele possibile alla documentazione storica della Oxford vittoriana. […]

Alcuni potrebbero chiedersi quale possa essere la precisa collocazione del Royal Institute of Translation, noto qui come Babel. Ciò perché io ho svisato completamente la geografia locale per trovargli uno spazio. Chi ha visto la città, immagini un’area verde tra la Bodleian, lo Sheldonian e la Radcliffe Camera. Allargate di molto questo prato e ponete Babel proprio al centro. Se malgrado tutto, verificherete altre incongruenze, vorrei ricordarvi che questa è un’opera di fantasia.

Babel: Sheldonian Place

 

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.