Una delle questioni che più appassionano chi segue la fantascienza, e in particolare il cosiddetto fandom, è cosa sia la fantascienza.
Non staremo qui a enunciare definizioni, un po’ perché ne sono state coniate già moltissime da firme ben più autorevoli di quella del sottoscritto e un po’ perché non è questa la sede più idonea per affrontare l’argomento, però un accenno a uno dei caratteri distintivi vale la pena farlo.
Credo che possiamo convenire sul fatto che la fantascienza sia un genere (o un’incursione tra i generi, (per dirla come Renato Pestriniero) di confine, che vive e si alimenta sulla linea di demarcazione tra due sensibilità spesso viste come distanti, se non addirittura conflittuali: quella scientifica e quella umanistica.
Risulta quasi naturale che Trieste sia permeata da una vocazione fantascientifica, in quanto essa stessa città di confine. Non tanto un confine geografico, tra l’Italia e la Slovenia, tra cultura latina e quella slava, quanto uno spartiacque tra due aree del sapere che impreziosiscono Trieste esattamente alla stessa maniera nella quale impreziosiscono la fantascienza.
Parliamo di una città, infatti, in cui hanno vissuto figure salienti della nostra letteratura, come Joyce, Svevo, Saba e Slataper, fino a grandi autori della narrativa contemporanea del calibro di Claudio Magris e Paolo Rumiz.
Dall’altro lato, Trieste è la culla di realtà scientifiche di preminente interesse nazionale e (in alcuni casi) internazionale. Tra gli enti di ricerca e di divulgazione scientifica possiamo menzionare l’Area Science Park, Elettra Sincrotrone, la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, il Centro Internazionale di Fisica Teorica, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, il Laboratorio Immaginario Scientifico, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, mentre tra gli scienziati che in anni relativamente recenti hanno lavorato nel capoluogo giuliano spiccano i nomi di Carlo Rubbia e Margherita Hack.
La predisposizione di Trieste verso la sf si è presto tradotta da semplice afflato a iniziative concrete.
Era il 1963 quando venne inaugurato, su iniziativa dalla mediateca La Cappella Underground, il Festival Internazionale del Film di Fantascienza, rassegna cinematografica che proponeva agli spettatori triestini un assortimento di pellicole di sci-fi dirette da cineasti più o meno affermati, provenienti da tutto il mondo.
Il Festival (che viveva le sue serate più significative nella splendida cornice del castello di San Giusto) tornò a intrattenere gli appassionati di genere per quasi vent’anni, vantando partecipazioni di personalità di primissimo piano nella storia della fantascienza mondiale, tra cui Arthur C. Clarke, Frederik Pohl, Harry Harrison e Roger Corman.
Nel frattempo (era il 1972) il capoluogo giuliano ospitava la prima edizione in assoluto dell’Eurocon, il principale convegno di sf a livello europeo, oggi giunto al 42esimo appuntamento.
Incidentalmente, in quell’occasione e in quel contesto si teneva anche la prima Italcon, il raduno dei fan italiani, che nella circostanza era stato abbinato all’omologa manifestazione su scala europea.
Tra gli ospiti d’onore di quella memorabile edizione triestina figurava anche John Brunner, che appena quattro anni prima era stato insignito del Premio Hugo per il romanzo “Tutti a Zanzibar”.
L’incrocio tra Trieste e la fantascienza non era un fatto episodico, ma un sodalizio che in seguito si sarebbe fortificato.
Nel 1977 un nucleo di giovani appassionati che facevano base a Trieste diede vita alla prima fanzine italiana dedicata al fantastico anziché alla fantascienza in senso stretto: Il Re in Giallo.
A favorire la rinascita furono senz’altro le nuove tecnologie informatiche: i modem 56K che gracchiavano a ogni connessione cominciavano a popolare le case degli Italiani, dando loro accesso a realtà e a possibilità fino ad allora precluse. Tra i figli della rivoluzione telematica ci fu Continuum, fondata dal sottoscritto con Fabio Calabrese nel ’99.
La linea editoriale era di tipo “generalista” e contemplava la pubblicazione di opere ascrivibili alla fantascienza di qualsiasi filone, ma senza incursioni negli altri generi del fantastico (horror, fantasy, weird e via dicendo non rientravano nella proposta di Continuum).
Vista la nutrita schiera di collaboratori più o meno fissi provenienti da ogni parte d’Italia, è difficile affermare che Continuum sia stata una rivista triestina tout court, tuttavia l’ossatura era indubbiamente riconducibile al territorio: a grandi linee, la curatela a Furlani, la pagina di saggistica gestita da Calabrese, le recensioni a cura di Ursini.
Pochi mesi dopo, interrompendo vent’anni di assenza, rinacque il Festival della Fantascienza, sempre organizzato dall’encomiabile Cappella Underground che aveva deciso di ribattezzare la manifestazione col nome di Science plus Fiction.
Iniziata un po’ in sordina con l’edizione zero, una sorta di spin-off di quello che sarebbe stato in seguito, S+F negli anni ha registrato una crescita che lo ha portato a diventare uno degli appuntamenti di maggior rilievo per i cultori di genere.
Una crescita, occorre dirlo, che è passata attraverso dei momenti di flessione, come nei primissimi anni 2000, quando ci sono state delle annate in cui il programma era orientato in modo sensibile verso i film sulle apocalissi zombie, spesso del tutto superflui.
Ma, al di là dei passaggi a vuoto che fanno parte di ogni processo di maturazione, il giudizio sulla seconda vita del Festival non può che essere positivo, soprattutto per le capacità della Cappella Underground che a lungo termine ha saputo rafforzare la rassegna sotto ogni aspetto: i contenuti, l’organizzazione, la promozione.
Una nota di merito non affatto trascurabile risiede nel fatto di aver superato un frangente particolarmente insidioso: quello dei tagli alla cultura predisposti dalla Manovra Finanziaria della Regione FVG nel 2008, a seguito dello tsunami della crisi economica globale che aveva colpito trasversalmente ogni capitolo di spesa.
Come il suo precursore, anche il rinato Festival ha portato a Trieste ospiti importanti: il vincitore del Premio Urania dell’anno di riferimento, per esempio, ma anche George Romero, Neil Gaiman, Richard K. Morgan, Enki Bilal, Brian Aldiss e Rugter Hauer, solo per fare alcuni nomi.
Raggiunto il traguardo della ventesima edizione, S+F rimane oggi il cardine della fantascienza triestina, a maggior ragione dopo la sospensione della pubblicazione di Continuum.
La narrativa, comunque, rivendica il proprio spazio e l’occasione per riprenderselo si presentò nel 2017, quando Zona42 inaugurò la collana Altre Meraviglie pubblicando il notevole romanzo “Ad Astra”, di Antonio de’ Bersa, per la curatela di Jacopo Berti.
Si tratta di una storia di anticipazione scientifica, o se preferite di protofantascienza, che s’inserisce in un contesto di pionierismo del genere, accanto alle opere di scrittori universalmente noti come Jules Verne e H.G. Wells.
Autore e curatore di “Ad Astra” sono, neanche a dirlo, triestini: il primo di adozione, il secondo di nascita.
La riscoperta da parte di Berti di questo piccolo gioiello dimenticato e la successiva pubblicazione del volume presso Zona42 hanno configurato quella che è senz’altro una delle operazioni editoriali più interessanti nell’ambito del fantastico italiano dell’ultimo lustro.
Nello stesso anno, al Premio Urania Short si piazzarono ben tre autori residenti a Trieste: Simonetta Olivo, Fabio Aloisio e Lorenzo Davia.
Una simile concentrazione di triestini nell’ultima fase di un concorso così importante suggerì ai tre finalisti che nella loro città avrebbero potuto esserci un interesse e un fermento in parte inespressi, così decisero di fare degli approfondimenti.
Scoprirono di aver avuto ragione: fuori dalla cornice del concorso che li aveva fatti conoscere c’era quell’humus che si aspettavano di trovare, formato da autori che avevano saputo mettersi in evidenza e da progetti significativi germogliati in città.
Tra questi spicca Fantatrieste, antologia personale autoprodotta di Luigi R. Berto, che risale agli anni d’oro di cui si è detto prima (il volume è del 1973).
Quando si riuniscono degli scrittori che condividono un pilastro della loro vita personale e autoriale, gli interessi comuni e le affinità elettive si trasformano velocemente in progetti.
È così che dopo un paio di incontri si accennò all’idea di realizzare un’antologia di racconti di sf ambientata a Trieste e scritta da narratori triestini.
Il risultato è il libro che presentiamo: una raccolta di storie eterogenea, che offre un’ampia rappresentanza generazionale e tematica.
Accanto ad alcune delle firme più interessanti del momento (Olivo, Aloisio e Davia, per l’appunto) proponiamo autori che da decenni occupano una posizione stabile tra le certezze della fantascienza peninsulare, come Fabio Calabrese, Giuseppe O. Longo e Gianfranco Sherwood.
Un curriculum ragguardevole ce l’hanno anche Alex Tonelli e Caleb Battiago, noti esploratori di zone dell’immaginario contigue alla fantascienza dei puristi.
FantaTrieste si chiude con un racconto di Luigi R. Berto, il padre putativo della presente iniziativa. Visto che la sua raccolta personale di oltre quarant’anni fa (e di cui Pitco è un estratto) ha originato il progetto qui presentato, che ne riprende il nome.
Sì sottolineava prima l’ampiezza del ventaglio tematico oltre che generazionale, e ciò si configura nei filoni che trovano spazio in questa selezione: dal divertissment di Berto alle tematiche sociologiche e all’introspezione di Olivo; dalla fantascienza classica dal sapore asimoviano di Longo alle tinte dark di Battiago; dall’incontro con la mitologia a cui ci conduce Tonelli a quello con una civiltà aliena immaginata da Aloisio; dal thriller biotecnologico di Davia a una hard sf che si snoda tra due secoli di Furlani, dalla fantarcheologia “marittima” di Calabrese a quella “carsica” di Sherwood.
La Trieste fantascientifica aveva veramente molto da dire, insomma, e se in qualche misura l’obiettivo è stato raggiunto occorre ringraziare alcuni autori che non appaiono in qureste pagine, ma il cui apporto è stato di prezioso aiuto ai fini della realizzazione di questo progetto: Fabio Tarussio, Zeno Saracino e Fabio Novel. Altri nomi che suggeriscono che le incursioni nella FantaTrieste potrebbero non essere finite.
Il curatore del libro qui presentato, FantaTrieste, è Roberto Furlani. nato nel 1982 a Trieste, dove lavora come ingegnere elettronico. Connettivista della prima ora, con i suoi racconti ha ottenuto finali e segnalazioni ai principali concorsi nazionali di narrativa fantascientifica. Le sue storie sono apparse su varie riviste e antologie del settore. Dal 1999 ha curato per oltre dieci anni la storica rivista telematica Continuum, che ospitava alcuni dei migliori autori della fantascienza italiana. Fa parte del Collettivo Italiano Fantascienza (CIF).
Roberto Furlani. nato nel 1982 a Trieste, dove lavora come ingegnere elettronico. Connettivista della prima ora, con i suoi racconti ha ottenuto finali e segnalazioni ai principali concorsi nazionali di narrativa fantascientifica. Le sue storie sono apparse su varie riviste e antologie del settore. Dal 1999 ha curato per oltre dieci anni la storica rivista telematica Continuum, che ospitava alcuni dei migliori autori della fantascienza italiana. Fa parte del Collettivo Italiano Fantascienza (CIF).
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