Per un alieno come Leandro era difficile comprendere cosa ci fosse di tanto divertente nel chiudere in casa animali esotici simili a coccodrilli in miniatura oppure insetti potenzialmente letali, serpenti velenosi e ragni grandi come tartarughe sui toraci di culturisti dopati.
Fatto sta che ogni tanto una di queste creature riusciva ad evadere dal suo carcere, seminando il terrore in giro per qualche città.
Leandro stava leggendo sul giornale che una settimana prima era stato avvistato nel quartiere vicino al suo un grosso aracnide tropicale, e che poi se ne erano perse le tracce. Proprio in quel momento arrivò in portineria Alberto, un giovane docente di filosofia teoretica che abitava da qualche mese nel condominio e che da subito aveva eletto a suo confidente proprio il saggio Leandro.
Alberto appariva visibilmente turbato. Così il portinaio lo invitò a sedersi accanto a lui per fare quattro chiacchiere.
Il filosofo rispose cortesemente che preferiva parlare restando in piedi. Di fronte alle insistenze di Leandro, si oppose assumendo una tale aria spaventata e diventando così rosso che l’intuitivo portinaio, con aria comprensiva, gli consigliò schiettamente: «Caro Alberto, non hai nessun motivo di vergognarti, se soffri di emorroidi: sette persone su dieci ne vanno soggette!».
Così dicendo, tirò fuori l’apposita ciambella che aveva dovuto utilizzare lui stesso settimane prima, in seguito ad una scorpacciata di peperoncini pugliesi che avevano aumentato a dismisura la temperatura di alcune sue parti anatomiche particolarmente delicate.
Alberto scosse la testa: «No, no, Leandro, non è quello il mio problema. Va bene, mi siedo, ma prima devo controllare se c’è qualcosa sotto alla sedia».
Il giovanotto la capovolse con aria preoccupata e si tranquillizzò immediatamente, non registrando presenze anomale. Poi si accomodò con un sospiro di sollievo, cominciando a raccontare:
«Che brutta avventura ieri sera, Leandro! Ero fuori con quella ragazza… quella nuova di cui ti ho detto la settimana scorsa. Quella che fa la psicologa. Eravamo nella gelateria qui vicino, seduti all’aperto. All’improvviso mi sono accorto che c’era qualcosa di scuro e molto peloso, con tante zampe, che pendeva sotto ad una sedia di plastica bianca ad un tavolo poco distante dal nostro. Devi sapere, Leandro, che io non sono claustrofobico, non soffro di vertigini, prendo in mano le anguille vive e posso assistere a film terrificanti con sbudellamenti e squartamenti, ma i ragni… quelli no, Leandro, proprio non li sopporto. Mi terrorizzano! Mi basta vederne uno da lontano e mi sento male, mi prende un tremito in tutto il corpo, mi si annebbia la vista, balbetto, alla fine mi manca il respiro e rischio di svenire. Ieri sera dovevo controllarmi, perché temevo che la psicologa mi giudicasse male, emettendo diagnosi nefaste. Così, ero lì che sudavo freddo, quando quattro ragazzoni che parlavano inglese e indossavano magliette con la bandiera australiana si sono sistemati proprio al tavolo col ragno. A quel punto ero quasi muto per il terrore, ma mi sono vinto e ho avvertito del pericolo il giovanotto seduto sull’aracnide, urlando Spider! e indicandogli l’essere malefico. Per tutta risposta, lui ha guardato sotto alla sedia s’è fatto una risatina e ha continuato a stare seduto come se niente fosse sull’esotico ospite, mentre si mangiava una coppa al pistacchio. Io soffrivo terribilmente. La psicologa ha fatto eco alle risa dell’australiano, facendomi notare che chi è abituato a vivere in Paesi pieni di bestie strane e insidiose non può certo far caso ad un ragnetto! Ragnetto? Ma quello era grande come il barboncino di mia zia Tina! Per fortuna, poco dopo, la mia ragazza mi ha invitato a casa sua. Felice di lasciare quel luogo da incubo, l’ho seguita più che volentieri. Arrivati da lei, mi ha lasciato in salotto, invitandomi a sedermi, mentre lei si metteva più comoda. Rimasto solo, mi sono reso conto che nella stanza c’erano ben otto sedie, un divano a tre posti e due poltrone. Ti rendi conto? Ti immagini quanti ragni potevano esserci sotto? Traumatizzato dalla scena in gelateria, ho cominciato a cappottare tutti i mobili. Ho rovesciato le sedie, poi le poltrone, il tavolino da tè. All’improvviso è tornata la mia ospite, nonché legittima proprietaria della casa e del mobilio. Era in baby doll rosa, come una spumiglietta di puro desiderio… e mi ha trovato sudato e paonazzo per lo sforzo da maciste di tenere sollevato il sofà, in mezzo a tutte quelle sedie sottosopra. Non potrò mai dimenticare l’espressione che le si è dipinta sul volto. Ho dovuto confessarle tutto. Ora lei sa che soffro di aracnofobia acuta, vuole psicanalizzarmi e guarirmi prima di riprendere la relazione con me. Ti rendi conto? Tutto quel baby doll andato sprecato. Sono uno stupido! Uno scemo!».
Alberto aveva le lacrime agli occhi, tremava, era fuori di sé. Leandro doveva dire assolutamente qualcosa. E lo fece: «Caro mio, tu dormi troppo poco!».
In realtà quella era la frase jolly che il portinaio utilizzava ogni volta che la faccenda si faceva troppo complicata.
La mattina seguente Leandro vide uscire di casa Alberto, tutto pimpante: «Buongiorno, Leandro! Avevi ragione. Dormirci sopra mi ha fatto proprio bene! Ho deciso di partire per un mese in Australia. Ho il volo oggi pomeriggio. Terapia d’urto: in mezzo a meduse letali, serpenti assassini, ragni onnipresenti, animali bizzarri e insidiosi di ogni genere, saprò superare ogni mia fobia. Nessuna seduttrice freudiana in camicia da notte trasparente avrà più nulla da ridire. Ed è tutto merito tuo, Leandro: hai capito che dovevo solo dormire un po’. Grazie».
Problema risolto e portinaio stupefatto: non credeva che la frase che usava per togliersi dagli impicci psicologici dei suoi coinquilini potesse funzionare davvero!
Pensava a questo, qualche ora dopo, mentre riparava la cyclette tempo-cinetica che usava di tanto in tanto per viaggiare e curiosare nel futuro. Sapeva che l’attrezzo si doveva utilizzare con parsimonia e prudenza e mai per andare indietro nel tempo, per non rischiare di cambiare la storia. A distoglierlo dalle sue profonde riflessioni sul ritmo sonno-veglia indispensabile alla salute mentale umana fu una visione improvvisa e inquietante. Sotto al sellino della cyclette fece capolino l’enorme ragno, proprio a due millimetri dal naso di Leandro. Il portinaio scivolò, nel tentativo di agguantare al volo il cacciavite che gli era caduto di mano per lo spavento causato dalla bestia villosa. Il povero alieno finì con un avambraccio su un pedale, che si abbassò bruscamente all’indietro. Quasi istantaneamente, Leandro venne sbalzato nella preistoria. Di fronte a lui, a pochi centimetri, si ergeva fiero e ferino un omaccio, con un’enorme clava in pugno. Urlarono entrambi terrorizzati dalla reciproca apparizione.
Il primitivo brandì in aria il pesante e nodoso arnese. Leandro trattenne il fiato preparandosi a ricevere un colpo letale sulla testa. Ma l’arma cavernicola piombò sui riccioloni neri dell’omone stesso, che stramazzò a terra privo di sensi: aveva deciso di fingersi morto per sfuggire al potenziale nemico e, cadendo, aveva schiacciato il grosso ragno catapultato all’età della pietra insieme al portinaio.
Leandro tirò un sospiro di sollievo. Raddrizzò la cyclette rovesciata accanto a lui, montò sul sellino e pedalò fino al 2015, realizzando che al proprio risveglio l’uomo primitivo non l’avrebbe più visto davanti a sé: dormendo aveva cancellato il problema… e anche il nero essere a otto zampe. Il sonno era la soluzione ideale di molti mali, fin dalla notte dei tempi.
Di nuovo al sicuro nel suo appartamento, Leandro indossò il pigiama, proclamando a se stesso: «Caro mio, tu dormi troppo poco!».