Abbiamo cominciato ormai molto tempo fa, (il 23 aprile 2015) a offrire un libro gratis, abbiamo contattato un Autore poco sconosciuto qui in Italia, E. R. Mason, che ci ha concesso di fare questa operazione. Le storie che abbiamo in animo di proporre sono due: hanno alcuni personaggi in comune e sono delle avventure spaziali.
Dopo l’ultima campagna di reclutamento abbiamo incontrato alcune persone che ci hanno dato una mano decisiva nel nostro sforzo. E abbiamo concluso la traduzione!
Ed eccoli “i nostri eroi!” Da sinistra a destra si tratta di Roberto Climastone, Ferdinando Temporin e Paolo Beretta, che fisicamente hanno completato la traduzione. Permettetemi una menzione particolare a Roberto, velocissimo, che ha letteralmente “distrutto” i tempi in un rush finale entusiasmante. Abbiamo poi anche Arianna Zanini, che si è proposta per la revisione finale. Arianna, sta’ in campana che tra poco tocca a te!
Questo il nostro calendario:
- A dicembre 2016 (oggi) sei capitoli, fino al diciottesimo.
- A gennaio 2017, altri sei capitoli, fino al numero ventiquattro.
- A febbraio 2017 gli ultimi sei capitoli, fino al trentesimo.
Ma attenzione! Appena superato questo periodo festeggiante, invierò ad Arianna il testo originale e il libro completamente tradotto. Quindi Arianna riceverà tutto all’inizio di gennaio 2017. Comincerà dunque la sua revisione. Se avrà tempo, Arianna potrebbe finire per l’uscita di febbraio, nel qual caso a febbraio potrebbe essere la presentazione finale del nostro romanzo tradotto! Altrimenti, con calma, quando Arianna avrà finito, presenteremo il lavoro revisionato.
Quindi cara Arianna, se hai altre proposte, o domande, sappi che sono qui a tua disposizione. Da oggi in poi l’azione è tutta tua.
Adrian Tarn, allergico alle regole e inaffidabile romantico, accetta di lavorare nella Sicurezza della nave spaziale cartografica Elettra. Il tranquillissimo viaggio in Amp-luce si interrompe quando viene scoperto un veicolo alieno, apparentemente abbandonato alla deriva. Adrian entra nella nave con una squadra in Attività Extra Veicolare (AEV), ma scopre di non ricordare affatto il momento in cui è uscito dall’Elettra! Una improvvisa e inspiegabile amnesia!
L’astronave aliena è costruita per esseri piccoli. Al centro c’è un tavolo con una superficie che pare un buco nero. Uno degli esploratori, Frank, apre una scatola che gli esplode in faccia e spinge la bellissima Nira, la cui macchina fotografica scompare sotto la superficie del tavolo nero. Nira, spostata dall’impatto, resta agganciata ai cavi di un piccolo ascensore che improvvisamente si mette in movimento da solo. Adrian riesce a salvare la donna, recupera Frank e tutti tornano velocemente sulla loro nave. L’analisi dei campioni recuperati fornirà strani risultati: nel veicolo alieno c’è energia neuronica, anche se non è stato trovato alcun segno di vita.
In seguito altri incidenti: Maureen Brandon, Capo Analisi Dati, distrugge l’intero data base dell’Elettra e sparisce in modo misterioso, in sala macchine si scatena una sanguinosissima scazzottata tra due tecnici, senza apparente motivo e i due ne escono con gravissime conseguenze fisiche. Tutti quanti si rendono conto che la nave è del tutto inutilizzabile e quindi è impossibile andare via. Adrian sente dire dal capitano che forse sarà necessario consultare l’Inviato, anche se non gli viene spiegato chi, o cosa sia questo Inviato.
Adrian viene convocato dal Capitano, con altri responsabili, per parlare dell’evento e studiare un piano che permetta loro di trovare una soluzione qualsiasi.
Un irritante ‘bi-biip’, ‘bi-biip’ mi risvegliò da un profondo, sonno dorato. Il mio corpo formicolava di piacere e non voleva muoversi.
Il bip bip insisteva.
Mi pareva di aver dormito solo poche ore, le palpebre troppo pesanti per sollevarsi. Attraverso le strette fessure degli occhi vedevo solo un grigiume sfocato. Le luci della stanza si erano accese automaticamente, ma basse. Mugugnai passandomi una mano sulla faccia, nel tentativo di mettere a fuoco.
Sfocato grigiume.
Scossi piano le palpebre e la mia vista finalmente si attivò. Un muro grigio, a quindici centimetri dalla mia faccia, con grigie condutture che correvano là sopra.
Ma non c’erano tubi sul muro vicino al letto. Guardai lentamente a destra e a sinistra e capii che si trattava del soffitto. Mi tenni ad un pezzo di conduttura, rotolai su me stesso e vidi la mia cabina giù in basso. La coperta volteggiava a mezz’aria, come un fantasma nella poca luce. I cuscini le galleggiavano intorno. Una pila di bicchieri di plastica era a mezz’aria nella porta aperta del bagno. Quando la coscienza prese finalmente possesso, risi dell’assurdità della situazione. Il mio corpo era abituato alla mancanza di gravità e non mi aveva avvertito che il sistema gravitazionale della nave non funzionava più. Se uno viaggia di solito in assenza di peso, non prova alcun fastidio. Anzi è piacevole. Ma per quasi tutti a bordo, la perdita di gravità doveva essere un inferno.
Spinsi leggermente indietro il soffitto e mi aggrappai al bordo della scrivania. Sul mio terminale si era aperta una finestra con un messaggio di sicurezza:
‘Tarn, a rapporto nella sala conferenze ponte. Codice 10.’ Codice 10 significava emergenza. L’orologio sullo schermo segnava le 3:17.
Rovistai nei cassetti, trovai una tuta marrone chiaro pulita e con una aggraziata capriola all’indietro mi ci infilai, quindi indossai un paio di scarpe nere da ponte. Tipicamente la gente dimentica di indossare le scarpe in caso di un’inattesa assenza di gravità e quando la gravità torna, si vedono numeri da circo sul ghiaccio, con gente che slitta verso l’alloggio.
Il corridoio era deserto. Appena fuori dalla mia porta, un reggiseno nero fluttuava ad altezza d’occhio seguito da uno scatolone di cartone vuoto. Alla fine del corridoio, un orsacchiotto di pezza marrone era appiccicato alla presa di ventilazione. In direzione ascensore superai la porta aperta di una cabina, dove un guardiamarina in pigiama stava aggrappato alla porta del bagno piegato in due a vomitare. Mi diede uno sguardo pietoso e si tenne una mano sulla bocca.
Mi spinsi lungo i muri verso l’ascensore e pigiai il tasto d’apertura. Quando le porte si aprirono, vidi un corpo che fluttuava all’interno. Sangue e vomito erano alla deriva nella cabina e c’erano schizzi sui muri e sul soffitto. Mi appesi alla porta e afferrai il tizio. Aveva una brutta ferita alla testa. Una lacerazione di quindici centimetri sulla sommità del cranio. Usciva un piccolo rivolo di sangue che formava globi nell’aria. Il poveraccio aveva dimenticato le istruzioni di sicurezza fornite prima della missione. Aveva messo in moto l’ascensore a gravità zero senza aggrapparsi. Schiacciando il bottone della discesa l’abitacolo era partito sparato verso il basso e l’aveva colpito violentemente alla testa.
Il battito era buono. Lo lasciai andare cautamente e toccai il mio orologio. “Tarn alla stazione medica.”
Nessuna risposta.
“Tarn alla stazione medica. Ho un’emergenza sanitaria!”
Passò un buon mezzo minuto prima che una voce femminile malferma mi rispondesse. “È il guardiamarina Moore all’apparecchio. Passo.”
“Ho una persona nell’ascensore della sezione centrale della nave al livello cinque con una ferita grave alla testa. Serve una squadra medica urgente.”
Altra pausa stranamente lunga. “Sig. Tarn, può portarci il paziente?” Ora la voce era spaventata e incerta.
“Si, ma dovrebbe ricevere assistenza medica, immediatamente!”
“Signore, non abbiamo personale! Qui sotto siamo in emergenza. Se potesse portarlo qui, sarebbe il modo più veloce”.
Scossi la testa incredulo. “Bene, stiamo arrivando.” Un ascensore pieno di pozze di sangue e vomito non era la mia idea del modo migliore di viaggiare, ma risultò essere quello più veloce. Premetti la mano nuda sulla lacerazione, immobile, per non creare movimenti d’aria che avrebbero ulteriormente mosso le schifezze. Abbracciai il tipo e mi aggrappai al soffitto.
Pigiai con il piede il pulsante di discesa. Il vomito ed il sangue filarono in alto e noi ondeggiammo verso il basso. Quando l’abitacolo iniziò a rallentare, planammo verso il pavimento nella momentanea gravità dovuta alla decelerazione.
Le porte si aprirono su un altro corridoio cosparso di detriti fluttuanti. Dietro il primo angolo, un’orda di malati in volo attendeva di essere ammessa nella stazione medica. Fissarono il loro compagno ferito con poca compassione. Dovetti darmi da fare per passare, trascinando la forma afflosciata dietro di me. Vicino all’entrata, qualcuno con un grosso tubo aspirante stava ripulendo l’aria dai contaminanti. Un soldato esasperato si avvicinò e trascinò via il mio paziente. Non era così che si trattavano gli amici gravemente feriti.
Quando riuscii ad allontanarmi dalla zona medica, mi fermai al primo lavatoio e per la seconda volta mi tolsi dalle mani il sangue rappreso di qualcun altro. Accesi il mio comunicatore da polso. “Tarn a Centro Manutenzione.”
“Parla Derns, passo.”
“Mandate qualcuno alla sezione elettrica per togliere l’alimentazione a tutti gli ascensori fino a nuovo avviso. Le persone si stanno facendo male.”
“Avrò bisogno di ordini scritti per farlo, signore. Ma lo farò sulla parola se mi promette di inviarmeli per iscritto appena possibile.”
“D’accordo. Si assicuri che gli ascensori vengano messi in sicurezza al livello dei ponti, con le porte aperte.”
“Ricevuto.”
Prima che potessi ringraziarlo, una chiamata prioritaria si accavallò alla nostra connessione. “Grey a Tarn. Rapporto!”
“Parla Tarn, Capitano.”
“Era atteso qui venti minuti fa. Qual è il problema?”
“Emergenza medica, Capitano. Sono al livello tre. Sarò lì tra pochi minuti.”
Chiuse la conversazione senza rispondere. Era così che il Capitano esprimeva il suo disappunto. Ironicamente, a gravità zero potevo raggiungere i ponti superiori più velocemente che se ci fosse stata gravità. Mi feci strada verso la grata d’accesso ai cavi del livello tre nel punto di contatto tra i corridoi Nord-Sud e Est-Ovest ed aprii la porta d’accesso verticale anteriore al condotto. I tunnel sono grandi il minimo che permetta l’accesso a tecnici e ingegneri. Vanno dritti in su. Generalmente non è raccomandabile risalire un condotto per cavi a gravità zero. Se la gravità venisse improvvisamente riattivata, ci si troverebbe a rimbalzare sui muri precipitando per sette piani. Mi insinuai dentro e guardai in su per assicurarmi che la via fosse libera. Fasci di luridi cavi neri, assicurati da ganci. Mi sollevai usando le prese per mani e piedi incassate nei muri.
Trovai il punto in cui i cavi si diramavano verso la porta di accesso con su stampato un grosso ‘4’ rosso, feci saltare la porta con un pugno lasciandola alla deriva. Diverse persone dal volto cereo mi guardarono mentre spuntavo. La sala conferenze era subito dietro l’angolo.
Il Capitano Grey si era legato in qualche modo alla sedia, le braccia che fluttuavano libere sopra la superficie del tavolo. Mi ignorò mentre entravo. Due ufficiali della manutenzione erano aggrappati al tavolo, ostentando sicurezza. Il tono di Grey era petulante. “Una qualsiasi gravità è meglio di nessuna gravità, maledizione.”
Fu il turno del tecnico alla sua destra. “Possiamo farlo abbastanza presto, Capitano, anche se all’inizio sarà un po’ casuale. La gravità sarà probabilmente troppo alta o troppo bassa. Potremmo avere, diciamo, 2G e poi si dovrà ridurla poco per volta. Anche se sulla nave ci potranno essere zone di assenza e zone a gravità elevata anche dopo aver stabilizzato i generatori di campo gravitazionale. Una squadra dovrebbe restare all’interfaccia del controller per una taratura continua. E ovviamente lei già sa che non potremo portare la nave a ipervelocità senza il sistema computerizzato che compensi i cambi di accelerazione.”
“Ce ne occuperemo poi. Non possiamo fare molto per andarcene di qui senza una qualche gravità”
Annuirono e mi superarono uscendo. Mi aggrappai ad una delle sedie che erano ancorate al pavimento intorno al tavolo e mi tirai giù a livello del Capitano.
“Lei non soffre il mal di spazio, Tarn?”
“Ho passato troppo tempo fuori, Capitano.”
“Vorrei essere come lei, ma lo nascondo bene.”
“Molto bene, da quel che vedo signore.”
“Pare che il sistema regolatore dei generatori di campo gravitazionale sia rimasto influenzato allo stesso modo degli altri sistemi. Ecco qui. Ora tenteremo di escludere il controller e fornire energia direttamente ai generatori per costringerli ad accendersi. Dovrebbe essere un’esperienza interessante. Non è mai stato fatto su una nave di queste dimensioni.”
L’equipaggio non sembra in grado di gestire molto bene l’assenza di peso. Direi che bisogna provarci.”
“La prego di risparmiarmi le sue menate. Non l’ho chiamata qui per dei consigli. C’è un altro problema che richiede la sua assistenza, come se non bastasse.” Grey si passò una manica sulla fronte e sospirò. “Durante l’ultima ora circa non siamo stati in grado di localizzare il Comandante Tolson. Una squadra di sicurezza è stata inviata a cercarlo. La prego di prendere il comando dell’operazione e di farmi rapporto ogni ora.
“Quando e dove è stato visto l’ultima volta?”
“Gli ho parlato via rete alle 01:30. Era nelle sue stanze. Nessuno lo ha più visto o sentito da allora.”
“Andrò in ufficio immediatamente e l’aggiornerò appena saprò qualcosa. C’è altro?”
“Oh sì, c’è un’altra cosa. Farò un annuncio in tutta la nave poco prima che alimentino il campo gravitazionale. Mi aspetto che possa esplodere un caos totale. La prego di fare quello che può per minimizzarlo.”
Grey rimase seduto, guardando silenziosamente davanti a sé mentre galleggiavo via dalla stanza. Mi diede l’impressione di un uomo ordinato la cui vita era andata improvvisamente fuori squadra. Era a capo della nostra piccola oasi. Volevo che tornasse ad essere lieto e indifferente. Non mi piaceva ciò che era diventato. Per la prima volta la situazione mi parve grave. Mi dicevo che ora bisognava aver paura, la misi da parte, ma quella continuava a fissarmi da lontano.
Il quartier generale della sicurezza è una stanza ovale, con file e file di computer che mostrano sugli schermi i dati della nave ventiquattro ore al giorno. Il basso soffitto provvede a diffondere solamente l’esatta quantità di tenue luce bianca che permette una facile lettura dei dati. Per un vice comandante è la migliore situazione di lavoro. I quartieri di Tolson sono adiacenti all’ufficio stesso.
Ann-Marie Summers, segretaria personale di Tolson, sta dietro la scrivania, mastica un chewing-gum contro il mal di spazio e cerca di mettere in ordine le cose che continuano a volteggiarle attorno. I lunghi capelli rosso fiamma galleggiano in spesse ciocche sulle sue spalle e la morbida camicetta di seta bianca le si gonfia attorno al mento. Ha trovato un paio di scarpe magnetiche nere che la tengono ancorata allo sbiadito tappeto arancione. Quando entro lei si prende il naso tra le dita e soffia per liberare le orecchie otturate. Mi guarda con gli scuri occhi castani contornati da profonde occhiaie di stanchezza e provo compassione per lei.
Mi abbranco a un lato della scrivania e le dico: “E così hanno svegliato pure te!”
“Non serviva svegliarmi, Adrian. Ero in bagno a vomitare l’anima, quando mi hanno chiamato.”
“Va meglio?”
“Insomma. Non ho più niente nello stomaco. È ormai una specie di esercizio. Dimmi, per favore, che sanno come risolvere questo dannato problema.”
“Dovrebbero darci un qualche tipo di gravità, almeno per tenerci fermi e in piedi, poi dovranno sistemare il vero danno.”
Mentre si afferrava la bocca, per combattere l’impulso di vomitare, girai attorno alla scrivania e afferrai un fermacarte a forma di Terra che lei non poteva raggiungere. “Mi hanno detto di cercare di rintracciare il Comandante Tolson. Che mi puoi dire su di lui?”
La richiesta le fece, momentaneamente, dimenticare la nausea. Scosse la testa, ma fece una smorfia per via del movimento. “Mi hanno chiamato perché non riuscivano a trovarlo. Sono stati controllati tutti i locali che vanno dal livello sette al livello tre. Anche gli armadi degli attrezzi che possono contenere una persona. Non l’hanno trovato. È una cosa dannatamente strana.”
“Grey è stato l’ultimo a parlargli, vero?”
“Così mi hanno detto. Era pronto a subentrare al turno notturno. Era stato in riunione fino all’una.
L’abbiamo chiamato su tutti i canali di sicurezza e non ha mai risposto. Ci sono stati problemi alla rete, ma non alle comunicazioni. Abbiamo cinque persone che lo cercano. Le trovi sullo specifico canale ‘sierra-tango’. Purtroppo alcuni di loro sono indisposti e adesso sono fuori gioco.”
“Sicché nessuno lo ha più sentito o visto da più di due ore?”
“Sì. Avrebbe dovuto chiamare quando abbiamo perduto la gravità. Poi è sempre stato disponibile per il Capitano Grey.” Tossì e si portò subito due dita alle labbra, guardandomi coi suoi supplichevoli occhi scuri.
Annuii, la capivo e mi spinsi attraverso fino alla porta per chiuderla. “Stai sopportando eccezionalmente bene tutto questo, Anne-Marie. Metà equipaggio è in infermeria e probabilmente molti degli altri sono incapaci di muoversi. Sono stato sorpreso a trovarti già qui.”
Lei si sforzò di fare un lieve sorriso.
“Grazie, Adrian. Tutto questo non faceva parte delle mie istruzioni. Non mi era mai successo prima. Dicono che, prima o poi, ti abitui, ma non ci credo.”
“Invece sì. I più si adattano alla mancanza di gravità entro tre giorni.”
“Oh, non dirmelo!”
“Tranquilla. Prima di allora sistemato tutto. So come ti senti, però c’è qualcosa di importante che ti voglio chiedere, e devi fidarti di me. So che le segretarie sono famose per la lealtà verso i loro capi.
Niente di ciò che mi dirai uscirà da questa stanza.” Lei mi fissò, socchiudendo gli occhi. Proseguii.
“Può essere che il Comandante Tolson possa trovarsi in un posto dove non vuole essere raggiunto, un luogo in cui va per interessi suoi e che magari non vuole far sapere?”
Si mostrò sorpresa. Con fredda professionalità iniziò nuovamente a rimettere a posto la scrivania. “Non capisco che vuoi dire.”
“Ann, a bordo abbiamo un sacco di problemi seri, anche adesso. Abbiamo bisogno di trovare Jim Tolson, almeno per sapere che sta bene. So che tu sai quasi tutto ciò che succede qui. Non è il momento di avere segreti. Abbiamo avuto, nell’ultima ora, abbastanza incidenti. Dobbiamo sapere dove guardare. Ti giuro che qualsiasi cosa mi dirai resterà strettamente confidenziale. Tutti hanno una vita privata, su questa nave. Per caso Jim Tolson è legato a qualcuno e nessun altro lo sa? C’è un posto dove va e che lui non vuole far sapere?”
“Be’, anche se così fosse avrebbe risposto alle chiamate.”
“Già lo avrebbe fatto, a meno che non gli sia capitato un guaio. Fidati di me.”
Lei inghiottì un paio di volte e mi lanciò sofferente. Si passò due dita sulle labbra e parlò sottovoce, come se stesse confessando un terribile segreto: “Ho sentito qualcosa, ma non credo sia vero. O, forse, non ho capito bene. Magari è un progetto speciale, o che ne so. Mi sento male a parlarne. È improbabilissimo.”
“Dai, Ann. Di che si tratta?”
“Della signora Brandon. Mi è stato detto che lui la vede fuori servizio, spesso e a ora tarda. Erano soci, prima di questo viaggio e lui l’ha aiutata ad avere l’attuale impiego. È molto sconvolta per la mancanza di gravità e lui potrebbe essere andato lì per tranquillizzarla. Ma non spiega perché non ha risposto alle chiamate.”
“La squadra di ricerca ha pure controllato i quartieri dell’equipaggio?”
“Hanno telefonato, bussato alle porte, ma se non rispondevano non sono mai entrati di forza. Hanno iniziato le ricerche alle 2.10 e riferiscono ogni ora. Mancano circa trenta minuti al prossimo aggiornamento, se non lo trovano prima.”
“Terrò sotto controllo le chiamate e riferirò personalmente al Capitano.”
Lei stava per far cenno di sì, poi mise la mano sulla bocca e attraversò rigidamente il tappeto per scomparire in bagno.
Usai il terminale della sua scrivania per vedere la posizione degli alloggi dell’equipaggio. Maureen Brandon era al quinto livello, nella suite diciotto-B.
Brandon e Tolson. Era una cosa difficile da digerire. Una ragazza bella giovane e glaciale che si portava a letto un ufficiale superiore vecchio, burbero e grasso. L’aveva aiutata ad avere il lavoro, ma anche se si diceva che la Brandon usasse le persone per avanzare nella carriera non si sapeva che dormisse con loro. Era uno di quei casi in cui non era chiaro chi fosse lo sfruttatore. Se veramente c’era una relazione tra loro, era la prova evidente di dove potesse arrivare l’ambizione di una persona.
Mi avviai verso il livello cinque, spingendomi lungo i corridoi fiocamente illuminati. In zona alloggi, senza nessuna area tecnica, le luci sono sempre tenute al minimo. Le fievoli luci davano un’ulteriore aria di tristezza, una cosa che un minimo di gravità artificiale avrebbe migliorato.
Non ero mai stato nell’alloggio della Brandon. Non c’era mai stato un motivo per farlo e lei non mi aveva mai invitato. Perché andare a salutare una gelida ragazza interessata solo a chi le migliorava la carriera, che quindi ti avrebbe semplicemente cacciato con disprezzo? La sua porta era l’ultima in un corridoio senza uscita, accanto a un ingresso intra rete della nave. Il mondo di Pell. Mi agganciai allo stipite della porta e suonai il campanello. Niente.
Attesi un minuto e poi di nuovo. Ancora niente.
Entrare lo stesso? Scrollai le spalle e aprii il pannello di servizio dove c’era il pulsante di apertura. Niente. Era chiuso dall’interno.
Ero in una posizione complicata. Chiamare la manutenzione per far aprire la porta col comando remoto, attirando una spiacevole attenzione sulla Brandon, che ne aveva già fin troppa? Se Tolson era all’interno, anche lui non l’avrebbe voluto. Se non c’era nessuno quando lei l’avrebbe saputo sarebbe stato un casino. Se invece era dentro la sua rabbia sarebbe stata immediata. Ci pensai almeno un minuto e decisi che ognuno doveva sopportare la reputazione che si meritava. Premetti la comunicazione sull’orologio. “Tarn a manutenzione.”
“Rodrigez, avanti.”
“La signora Brandon ha un problema con la serratura della porta della sua cabina. Livello cinque, diciotto-B. Puoi far sbloccare, per favore?
“Subito, Signore. Un minuto per il collegamento.”
Mentre aspettavo, appeso alla porta, venne diffuso un annuncio in tutta la nave. “A tutto il personale;
seguirà un test di ritorno gravità artificiale tra dieci minuti. Si prega di isolare tutti gli oggetti mobili e tenersi pronti alla gravità.”
Quando il messaggio finì di essere trasmesso per la seconda volta, si udì il lieve scatto della serratura. Premetti il tasto di apertura e la porta si aprì con un fruscio.
Ciò che vidi oltre la porta era così intensamente perverso da cogliermi impreparato. Il primo impulso fu di chiedere scusa, premere il pulsante di chiusura e scappare. Vestiti, cuscini e coperte volteggiavano nella stanza. Accanto a me, un flacone medicinale aveva rilasciato in aria tutte le sue piccole pastiglie blu, forse la ben nota droga illegale. Un pad per appunti che mostrava un film pornografico di un uomo e una donna, roteava lentamente in mezzo alle pillole.
Il terminale della Brandon era dall’altra parte della stanza. La sedia della postazione era rivolta verso la porta e lei era seduta sopra, completamente nuda, gli occhi blu dilatati e fissi. Le candide morbide gambe allargate e appoggiate sopra i braccioli della sedia, trattenute da cinghie lasche, appena sopra le ginocchia. I piedi fluttuavano e anche i polsi erano legati dietro la testa con una cinghia tutto attorno alla gola.
La bocca era aperta in un bacio sospeso nel tempo: la tipica posizione che avresti potuto trovare in una rivista porno. Non si muoveva e non diceva niente, sedeva là, vulnerabile, lo sguardo perduto oltre di me.
Balbettai: “Signora Brandon?” Niente.
“Maureen?”
Niente, solamente quello sguardo fisso e quegli occhi blu. Mi avvicinai piano e provai una specie di nausea. Prima di riuscire a capire cosa stesse succedendo piombai pesantemente a terra, mentre le varie cose poco prima fluttuanti, mi piovvero addosso e attorno.
Mi alzai ed ebbi la sensazione che la nuova gravità fosse almeno una volta e mezzo quella standard. Uno sporco scherzo passare da niente peso a un peso superiore al normale, ma meglio di niente.
Mi tirai su ed ero disfatto. Raggiunsi la Brandon, con le dita sentii che la pulsazione era normale, quindi afferrai una coperta e gliela avvolsi attorno. Sciolsi le cinghie e le riposizionai le gambe e braccia in una posizione più opportuna. Lei manteneva quello stesso sguardo verso il nulla. La scossi per una spalla. “Maureen?”
Niente.
Le diedi leggeri pacche sulle guance e lei sbatté le ciglia. Arrancai verso il bagno. riempii una tazza d’acqua fredda. Quando ritornai lei tremava, ma non aveva ancora ripreso conoscenza.
Sollevai la tazza alle sue labbra. Sorseggiò, inghiottì tossendo e sputando.
“Cosa? Che succede? Dove sono?” Guardò la coperta. “Cos’è questa? Dove sono i miei vestiti? Che fai tu qui? Dov’è Ji…” Girò di scatto la testa per guardare la stanza, stringendo la coperta al corpo. Mi guardò, confusa e disorientata. “Cosa diavolo sta succedendo? Non sto bene.”
“Probabilmente per l’alta gravità. Mi sembra che ora lei stia bene. La gravità non ha funzionato per un po’. Si ricorda?”
“Che c’entra la gravità. Che vuoi fare? Ti conosco. Sei Tarn. Della Sicurezza. Come sei entrato? E perché sei qui?”
“Sono venuto per vedere se stava bene. L’ho trovata così, com’è. Cosa è l’ultima cosa che ricorda?”
“Ero con… Aspetta un po’; che diavolo vuoi da me. Dammi i vestiti.”
Si alzò di scatto, tenendo stretta la coperta e fissandomi come se fossi un maniaco sessuale. Si avvolse bene la coperta attorno al corpo, trovò un vestito sul pavimento, entrò nel bagno e chiuse la porta.
Osservai le pessime condizioni della stanza. Era tutto sparso in giro. Il letto era sistemato a divano e non c’erano i cuscini. Un tubetto vaselina era infilato tra le pieghe della spalliera. Il contenuto era su tutti i braccioli. A fianco del divano, su un bordo, vidi qualcosa: una tuta troppo grande per lei. Il nome sulla targhetta, sul taschino, era ben visibile: Tolson. La donna uscì dal bagno in accappatoio blu, lo sguardo a metà tra l’arrabbiato e l’impaurito. Si fermò vicino alla porta, chiedendosi cosa fare.
“Per quanto siamo rimasti senza gravità?”
“Qual è l’ultima cosa che ricorda?”
“Ti ho fatto una domanda!”
“Prima io.”
Stava recuperando in fretta, ma se fosse stata nel pieno delle sue capacità mi avrebbe già mandato via e avrebbe risolto per conto suo. Però sembrava ancora spaventata.
“So chi sei, caro Tarn. Sei un cane sciolto che non segue le regole. È per questo che non sei ancora ufficiale.”
“Chi tra noi non segue le regole?”
Per un breve istante sembrò colpita. “Credo sia meglio che questa conversazione venga portata davanti a un ufficiale superiore. So che puoi fare altro, intanto. Io ne parlerò al Comandante Tolson.”
“Buffo che ne parli, no?”
“Cioè?”
“Non riusciamo a rintracciare il Comandante Tolson. Sono qui proprio per questo.”
Lei guardò altrove, poi andò verso il divano e si sedette stringendo le braccia al corpo, anche se la superficie metallica era dura senza i cuscini. “E come mai saresti in cerca del Comandante Tolson?”
“Signora Brandon, un cane sciolto, come me, serve a qualcosa. Magari io per lei sono la cosa migliore che poteva capitarle. Dicono che chi vive in una casa di vetro non deve tirare pietre. Io non lo faccio. Da ciò che ho capito lei, durante il vostro tempo libero, lavora col Comandante a un progetto speciale per migliorare la sicurezza della nave. Eccomi qui, ok? Qualcuno dovrà investigare su quel che le è accaduto e su come mai non ricorda che sulla nave non c’era gravità. Se lo faccio io, avrà la più stretta riservatezza. Forse non sarà necessario includere altri nell’indagine, tranne forse il dottore, anche se è difficile al momento perché è sovraccarico di lavoro. Le mie domande sono semplici. È seduta accanto alla tuta del Comandante Tolson. So quindi che lui era qui. La gravità della nave si è interrotta per circa due ore. Qual è l’ultima cosa che ricorda?”
La donna considerò le sue opzioni, poi fece un tentativo. “Il Comandante Tolson era qui. Cercavamo un modo per collegare gli scanner biologici coi sensori della sicurezza, ottimizzando il sistema. Io stavo al terminale e facevo una simulazione e questa è l’ultima cosa che ricordo.”
“Si ricorda che ora era?”
“Circa l’una.”
“Questo fa di lei l’ultima persona ad averlo visto. Per caso le ha detto dove volesse andare uscendo da qui?”
“Voleva tornare a dormire.”
“È sicura?”
“Sì, ma non prima di… stavamo lavorando per cui…”
“Per cui non ricorda come mai lei fosse senza vestiti, con solo una coperta addosso, non ricorda che è mancata la gravità, né sa quando il Comandante Tolson se ne sia andato. Giusto?”
Adesso era sconcertata. Sollevò lo sguardo e per la prima volta parve vulnerabile. “Che è successo?”
“Non ne sono sicuro. Ci sono stati parecchi casi di vuoti di memoria. Forse a causa dei problemi che stiamo avendo al sistema. Lei dovrebbe chiamare il dottore e sentire che dice. Appena possibile. Lui capirà. Lei, come sta adesso?”
“Come se avessi un peso sul petto.”
“È la gravità. Credo che tra poco l’aggiusteranno.”
“Che cosa racconterai tu?”
“Nessun problema. Il Comandante era passato qui da lei un momento. Lei ha avuto un vuoto di memoria e non si ricorda quando se n’è andato. Se lui salterà fuori, non servirà nemmeno dire che si era fermato qui. Niente di speciale.”
“Voglio sapere cosa mi è successo.”
“Posso lavorarci non ufficialmente, ma ho bisogno di sapere una cosa, giusto tra noi. Lei era vestita quando il Comandante si trovava qui? Non sono un moralista, ma se lei lo era allora significa che è stato commesso un crimine grave. Mi creda, la sua risposta resterà tra me e lei.
Rispose con voce bassa. Non avrebbe avuto il coraggio di dirlo forte. “No, non ero vestita. Non lo aspettavo così tardi. Ero già a letto quindi avevo solamente una coperta addosso. Ma vorrei che non si venisse a sapere.”
“Grazie. Rispetterò la sua privacy. Ma la prego di farsi vedere dal dottore subito, e mi chiami se ricorda altro o se le serve qualcosa.
La lasciai e mi avviai pesantemente verso i quartieri generali della sicurezza, schivando, o attraversando, tutto ciò che era uscito dalle cabine ed era finito nel corridoio.
Troppa gravità è, in qualche modo, un sinonimo di anziano. Servono molte più forze per muoversi e si fa una enorme fatica. Si spende tanta energia per fare delle cose semplici, di solito naturali, come per esempio respirare. Ciondolavo nel corridoio come un vecchio.
La storia della Brandon è facile da decifrare. Non c’è nessun dubbio che avesse una storia con Tolson. Per una come lei un semplice avanzamento di grado, utile alla carriera; per lui, invece, la soddisfazione del totale piacere che lei gli offriva. Dovevano essere stati immersi nel loro rituale erotico quando è successo qualcosa. Senza dubbio era lei che si era fatta legare alla sedia. La sua posizione politica era compromessa e avrebbe fatto qualsiasi cosa lui le avesse richiesto.
La scusa di essere già a letto al suo arrivo era stata rapida e astuta; ma si sarebbe resa conto che la coperta non era al posto giusto. Avrebbe certamente capito che io sapevo.
Sicché a un certo momento dopo essersi messa in posa per Tolson sulla sedia, la sua memoria ha avuto un improvviso black-out, e poco dopo Tolson è uscito, senza riprendersi la tuta. Un’altra perdita di memoria. Il che mi fa pensare che il Comandante Tolson sia in giro per la nave nudo e rintronato.
Tornando al quartier generale, dico ad Ann-Marie di andare a dormire e mi siedo in mezzo ai suoi computer inattivi. Cerco di dare un senso a ciò che sta succedendo e aspetto la chiamata del gruppo di ricerca. Alle 6.15, alla fine del primo controllo, Tolson non è ancora stato trovato.
Ci incontrammo nuovamente col Capitano Grey alle 07:00 nella sala conferenze del ponte. La nostra situazione era passata da fastidiosa ad allarmante. Nessuno, a bordo dell’Elettra, riusciva più a dormire. Il Dottor Pacell, Flaherty del gruppo Analisi Dati, Leaman di manutenzione, Leadstrom di biologia e Kusama di Sala Macchine erano gli araldi di pace di Grey, e questa volta pure Pell era stato tirato dentro. Si era trattato di un piccolo raduno spontaneo e solenne, in cui tutti sembravano cercare nello sguardo altrui qualche buona notizia.
Grey era stanco. Il caratteristico sguardo d’acciaio stava cedendo e la sua uniforme di volo mostrava troppe grinze. Parlando, batteva il dito sul tavolo. “Quanto ci vuole per avere un livello di gravità decente, Sig. Leaman?”
“Abbiamo rimpiazzato ogni scheda madre nel sistema, capitano. Tutto il materiale a bordo ha problemi. Non è colpa delle nostre apparecchiature, è un’interferenza esterna. Non c’è altra spiegazione”
“Sig. Leaman, ci serve una gravità perfettamente funzionante!”
“Non posso cambiare le cose, capitano. Non siamo noi, ma un’interferenza esterna”
“Sig. Flaherty, l’Analisi Dati ha scoperto qualche radiazione esterna o altra anomalia che possa influenzarci in questo modo?”
“No capitano, nulla di nulla. Là fuori è praticamente zona morta, non c’è niente neppure da analizzare.”
Il capitano fece un respiro profondo e si rilassò.
“Signori, abbiamo o non abbiamo un virus che manda a puttane i nostri sistemi?”
Silenzio.
Il capitano si voltò verso Pell. “Pell, abbiamo malfunzionamenti informatici su tutta la nave, ma la rete è operativa. Cosa sta facendo lei che gli altri non fanno?”
Pell non pareva voler rispondere. Stava perfettamente immobile, come se avesse paura di muoversi.
“Pell, c’è un virus che passa per la rete o no?”
Pell non riuscì a trattenersi. “Non c’è nessun virus”
“Per cui? Vuol dire che ce lo siamo sognati?”
“Capitano, i nostri firewall funzionano alla perfezione. Abbiamo impostato punti di controllo in tutto il sistema, abbiamo persino creato un terminale esca nella zona di rilascio, camuffandolo come parte del sistema. Insomma, una trappola virtuale per il virus. Non ne è uscito niente, non c’è nessun virus. I malfunzionamenti non sono in rete ma solo nei computer coinvolti.
Flaherty schizzò in piedi, indignato. “Il che è ridicolo! Insinua forse che qualcuno ha deliberatamente manomesso i nostri computer?”
Pell reagì con assoluta indifferenza. “È l’unica spiegazione possibile”
Flaherty proseguì imperterrito, “Lei è pazzo! Brandon era al computer di navigazione e non in sala motori quando si è guastato. O vuol forse suggerire che più persone stiano sabotando i sistemi per tutta la nave?”
Pell si sedette calmo, giocherellando con una chiavetta USB e non disse niente, perché era proprio ciò che stava pensando.
Il capitano Grey si grattò la testa. “Signori, facciamo un passo indietro nella nostra ricerca di risposte e proviamo ad approcciare la cosa da un angolo diverso. Voglio che ogni capo dipartimento riveda le problematiche che gli competono, controllando se un sabotaggio sia in qualche modo possibile. Vista la situazione, non possiamo permetterci di scartare nessuna ipotesi.” Si rivolse a Leaman. “Non posso credere di dover considerare questa possibilità, ma i ricognitori sono pronti?” Leaman rispose. “Abbiamo installato speciali parabordi. Shops ha fatto un gran lavoro, su due turni che ci hanno lavorato tutta la notte a zero G. Sì, capitano, sono pronti.”
“Molto bene signori, questo è il programma. Faremo muovere questa nave alle 13:00. Alle 12:00 farete uscire i ricognitori, schierandoli lontani dalla Electra. Cercheremo di muovere con la propulsione manuale, ma se non funzionasse, i ricognitori ci spingeranno via. Ci allontaniamo il più possibile, manterremo la posizione e valuteremo il da farsi. Mr. Kusama, lei è pronto?”
“Sì, capitano”
“Dottore, l’equipaggio come se la cava?”
“Considerando quello che hanno appena passato, abbastanza bene, capitano. Una ventina di persone hanno ferite piccole o medie, a causa dell’assenza di gravità e del successivo ripristino, qualcuno ha problemi per la gravità attuale. A quanto pare, nei primi tre livelli ci sono zone in cui si passa, di colpo, da due G a mezzo G e si perde l’equilibrio, si cade. Poi è registrato almeno un caso d’amnesia con la signora Brandon, che per il resto sembra a posto. Ho intenzione lavorarci appena possibile per capire meglio la sua condizione. L’infermeria è piena da scoppiare e sarà così anche nei prossimi giorni, ma nulla di ingestibile. C’è un’altra cosa, però, che deve sapere: sta circolando voce secondo cui ci stia succedendo quello che è successo alla nave là fuori, qualsiasi cosa sia.
“E da dove diavolo sarebbe spuntata questa idiozia?”
“La tensione a bordo, al momento, è notevole. È la supposizione più logica. La miglior cura, per noi, è andarcene prima possibile”
“Riguardo a quella nave, Dott. Leadstrom, ha scoperto qualcos’altro dai suoi dati? Ci sono forme di vita laggiù o no?”
“Duecentottanta tracce biologiche individuali, al momento. Nessuna risposta dai tentativi di comunicare. Se pure fossero vivi, non ci sentirebbero a causa delle loro stesse grida. Ah, una cosa: il gruppo di analisi ha tradotto la directory del data base alieno”
“Bene, di che si tratta?”
“Porcheria. Riteniamo si tratti di un file spazzatura che non è stato eliminato”
Grey scrollò stancamente il capo, quindi si voltò verso di me. “Tolson?”
“La ricerca preliminare è stata completata. Come ho riferito, di lui non c’è traccia. Abbiamo iniziato una ricerca allargata, anche in zone in cui non ci si aspetta che possa essere. Ci vorrà del tempo.”
“Voglio che facciate tutti rapporto direttamente a me per qualsiasi sviluppo. L’obbiettivo principale è muoversi da qui. Non fatevi distrarre. Prepariamo tutto quanto e leviamoci dai piedi: al momento, non importa dove, qualsiasi altro posto è buono, tranne qui. Infilate i piloti nei ricognitori e che aprano con calma i portelloni degli hangar manualmente, se necessario. Ci rivediamo tra un’ora e niente scherzi: facciamolo e basta.
Marie Ann era tornata alla Sicurezza, stava parlava con R. J. e metteva in ordine tutto puntigliosamente. Era ancora un po’ pallida, ma sembrava decisa a darsi da fare sul serio.
R.J. era piegato su un terminale, con due tazze di caffè riscaldate a batteria. Me ne passò una mentre arrivavo. Gli andai al fianco, sorseggiando la bibita amara.
Si mise a ridere. “È solubile. Nelle caffettiere della mensa l’acqua non bolle. Credo si possano definire “caffettiere a un G”.
“Come ti va sottopeso?”
“Meglio che sovrappeso. Ho prestato servizio su una nave di ricerca nell’Atlantico per un anno, ricordi? I miei giorni col mal di mare sono finiti.”
R.J. aveva lo sguardo di chi ha qualcosa in testa e non vede l’ora di dirlo. In qualche modo, la sua curiosità era contagiosa, così quando Ann Marie se ne andò, mi disse a voce bassa “ho una teoria che voglio provare”
“Pensi di spiegarmela?”
“No, non ancora, è troppo sommaria. Ma piuttosto, come va la memoria?”
“Ho ancora quel buco, ma a parte quello non ci sono problemi.”
“Ricordi che andavi alla camera stagna, ma non di esserci entrato, giusto?”
“Già.”
“Diamo un’occhiata alle registrazioni video delle camere stagne e vediamo cosa salta fuori.”
Concordai con lui che era un’ottima idea. Seduti alla postazione di sicurezza richiamammo lo storico dalla camera d’equilibrio. Il numero del video che ci interessava era più o meno in cima. Inserimmo le coordinate, videocamera 1 del ponte B, quindi la data e l’ora. R.J. premette avanzamento e lo schermo si illuminò.
Effetto neve. Una schermata di rumore statico. Altro avanti, ma niente, per cui provammo la videocamera 2, quella di riserva. Effetto neve, stessa cosa.
R.J. suggerì di provare le videocamere esterne, quelle puntate sui portelloni della camera stagna. Sempre, rumore statico.
Alzai le spalle. “Quindi, il virus ha corrotto anche le librerie video.”
“Scendiamo a dare un’occhiata alle videocamere della camera di equilibrio.”
“Che vuoi fare R.J.? Ci vuole un ordine esplicito del capitano per aprire le porte interne. È una cosa tanto importante?”
“Ma sì, santo cielo! È molto importante!”
Trascinammo i nostri corpi appesantiti giù fino al secondo livello. A un certo punto, attraversammo un’area di un quarto di G, ma R.J. non fece mai una piega. Al portellone della camera stagna, premetti il tasto sul comunicatore da polso. “Tarn a Capitano Grey”
La risposta arrivò più in fretta di quel che mi aspettassi. “Qui Grey, mi dica”
“Capitano, chiediamo autorizzazione per apertura portelloni della camera stagna del ponte B”
“Siete autorizzati a rompere i sigilli d’ispezione, Sig. Tarn. Qualche novità?”
“No signore. Le squadre ci stanno ancora lavorando sopra.” “Grey chiudo”
R.J. disse, “Guarda!”. Il sigillo sulla maniglia di destra della porta era sparito. Ci voltammo verso quella di sinistra, solo per constatare che il sigillo mancava anche da quel lato. Premetti il grosso pulsante rosso a lato della porta e guardai la grossa ruota che iniziava a girare. Aprimmo il pesante portellone ed entrammo: la camera sembrava in ordine. Sulla destra, dieci tute spaziali, regolarmente appese alle rastrelliere e gonfiate alla pressione minima. A sinistra, accanto al portellone esterno, le bombole d’ossigeno. Cubicoli di emergenza per il personale in uscita, in caso di depressurizzazione rapida. Segnali rossi ovunque. Diedi un’occhiata alle telecamere di sorveglianza: a posto.
R.J. mi interruppe: “E quello che diavolo è?”
Era un sacco da spazio con copertura d’argento anti raggi, lì in un angolo come mucchio di plastica. Una cosa del genere non può stare in una camera stagna e infatti viene sempre fatto un controllo accurato. Pezzi di plastica abbandonati sono una gravissima violazione alla sicurezza. Ci misi un piede sopra e ne sollevai un lembo.
Quello che vidi dentro mi spaventò davvero, sobbalzai e lasciai andare il lembo. Era un corpo, ma in condizioni orrende, anche se ancora perfettamente riconoscibile. Tolson, rannicchiato in posizione fetale, nudo, coperto da uno strato gelatinoso spesso cinque centimetri. I tratti somatici parevano sciogliersi: le ciglia erano scomparse, così come le labbra, aperte in un bianco sorriso grottesco. I pochi capelli rimasti erano ridotti a fango. Le mani erano strette vicino alla bocca, come un se l’uomo fosse terrorizzato a morte. Le dita si erano ridotte alla prima falange e parevano quelle di un embrione umano. Sul volto un’espressione di orrore talmente intensa che non l’avrei più dimenticata.
Richiusi il sacco di plastica per nascondere la cosa e mi voltai verso R.J., che era lì a bocca aperta. Non c’era nulla da dire. Premetti il comunicatore: “Tarn a sicurezza”
La voce di Ann Marie rispose quasi subito. “Dimmi Adrian”
“Ann Marie, il Capitano mi ha chiesto un rapporto su una linea sicura. Puoi collegarci ?”
Un istante dopo il capitano rispose. “Grey”
“Capitano, R.J. Smith ed io siamo nella camera stagna del livello B. Meglio se viene di persona, signore, e le suggerisco di farlo con discrezione.”
Una lunga pausa senza risposta. Capii che il capitano avrebbe voluto sapere qualcosa di più, anche se quasi sicuramente sapeva già la risposta. “Arrivo subito. Grey chiudo”
“Questo è compatibile con la tua nuova teoria, R.J.?”
“Tutte le mie teorie sono appena andate a puttane. E quella più nuova non mi piace per niente.”
“Cioè che al resto dell’equipaggio sia successa la stessa cosa?”
“I virus esotici sono tra le cose più difficili da isolare e combattere nell’universo. Questo poi sembra proprio bello. Se non sapessi che è già troppo tardi starei già scappando a gambe levate.
Ci mettemmo di guardia davanti al portellone, aspettando il capitano che arrivò dopo venti minuti, con grande fatica. Aprii il portello e lui entrò senza parlare. Ci chiudemmo il portellone alle spalle.
Dopo aver esaminato quanto era rimasto di Tolson, ci fissò con sguardo perduto. “Lo avete trovato così?”
“Esatto. I sigilli sui portelloni erano rotti.”
“Come mai le squadre di ricerca non l’hanno visto?”
“È una struttura sorvegliata e non c’era motivo di cercare anche qui. Gli allarmi sono stati bloccati, poi hanno aperto il portello e nessuno ha notato i sigilli rotti.
“Fate venire il medico, subito. Che venga solo e porti il kit chirurgico.”
Quando il dottor Pacell arrivò era già fuori dalla grazia di Dio. Ci mettemmo di fianco al portellone mentre lui apriva il sacco d’argento. Ebbe un grido che fece sussultare R.J. “Santo Cielo, cos’è ‘sta roba?”
Grey era in piedi dietro di lui e guardava in basso.
“Dio santo, ma c’è la pulsazione.” sollevò gli occhi verso il capitano, scuotendo il capo. “È debole, ma c’è. È ancora vivo.”
Grey era incredulo. “Lo tiri fuori da lì, dottore, subito!”
Il medico esitò. “Non mi sembra una buona idea”
“Lo faccia!”
Pacell tolse un bisturi laser dalla valigetta, fece una prova, poi si chinò sul corpo.
“Porca puttana!” imprecò, sedendosi e scrollando il capo tristemente. “Non posso tirarlo fuori”.
“Perché no?”
“Sanguina”
“Con un bisturi laser, sanguina?”
“Guardi lei stesso. Dobbiamo portarlo in infermeria: lì potrò studiarlo e cercare di capire cosa succede.”
Grey sembrava spiazzato. “Va fatto tutto in assoluta segretezza, dottore. Come ci regoliamo?”
Il medico rimase a pensare per un po’. “C’è un corridoio usato a discarica dei rifiuti tossici giusto dietro l’angolo. Ce n’è sempre uno vicino ad un portello stagno, ed è condiviso con la piccosa sala operatoria d’emergenza. Possiamo spostarlo lì e tenerlo isolato. Se questa roba si propaga per via aerea, siamo comunque già tutti contagiati.”
Grey si voltò verso di me. “Lo possiamo fare?”
“Va bene la segretezza, capitano, ma credo che il Comandante Tolson pesi circa 95 chili. Qui stiamo circa ad un G e mezzo, il che lo fa pesare più o meno 143 chili. Per di più anche noi pesiamo una volta e mezza, non credo che potremo spostarlo.”
Il dottore intervenne. “Una barella pieghevole. Se riusciamo a mettercelo sopra, dovremo solo alzarlo oltre i supporti del portellone. Ne abbiamo una per i soccorsi proprio qui nella camera stagna, dietro quello scomparto. Se qualcuno ci vede, dovremo arruolarlo nel gruppo.”
Preparammo tutto molto rapidamente e, in qualche modo, riuscimmo a issare quella cosa che era Tolson, sulla barella. Si rivelò un lavoro schifoso. Usammo i guanti di lattice che il dottore aveva nel kit chirurgico, ma la gelatina che ricopriva Tolson si attaccava alle mani e colava attraverso le dita. Sembrava che pezzi di Tolson si staccassero per finirci addosso.
Sgambettammo come personaggi di un fumetto tragicomico. Un capitano, un ufficiale della sicurezza, un dottore e un ispettore, che cercavano disperatamente di trasportare senza farsi vedere, in alta gravità, il corpo di un mostro. A un certo punto, tre di noi ficcarono la testa fuori dal portellone assieme, per vedere se la via era libera. Una scenetta tipica da film dei Fratelli Marx. Con pazienza infinita e una fortuna incredibile, arrivammo alla saletta operatoria senza imprevisti.
Gray si levò i guanti e fece un cenno a Pacell.
“Che mi può dire, dottore? Qualche idea?”
“Direi che è abbastanza ovvio, no? Si sta verificando una metamorfosi. Il corpo del Comandante Tolson è chiaramente in uno stadio preliminare rispetto a quelli visti sull’altra nave. Da quando siamo qui abbiamo avuto perdite di memoria e incubi. Questa mattina è venuta in infermeria una donna che si nascondeva, perché si è svegliata con al suo fianco un vecchietto che la molestava. Ha detto che si è messa a strillare e l’omino è sparito. Tolson, probabilmente, è il primo ad arrivare ad uno stadio così avanzato. Quando sono iniziati i cambiamenti è diventato schizofrenico e irrazionale, per cui si è nascosto nel posto migliore che potesse immaginare: la camera di equilibrio. Si nascosto dentro un sacco a tenuta stagna poi la fine. La stessa cosa dev’essere successa all’equipaggio dell’altra nave. Sono andati nel livello inferiore a nascondersi, dove li abbiamo trovati. Se Tolson è ancora vivo, è probabile che lo siano anche loro!”
Grey non era convinto. “Perché nascondersi tutti nello medesimo posto?”
“Non ragionavano in modo razionale. Sapevano solo che per loro era il posto migliore, quindi sono andati lì. Ha senso.”
Grey fissò il grumo opaco di carne sul tavolo operatorio. Tolson cominciava a somigliare più a una medusa che ad un essere umano.
“Dottore, a partire da ora, questo è il suo unico incarico. Trovi delle rispose e il modo di fermare questa cosa.”
“Non c’è bisogno di dirlo, capitano”
Grey ci fissò. “Voi due, datevi una pulita e presentatevi direttamente ai miei alloggi.”
Mentre camminavo verso gli alloggi di Grey cominciai a sentirmi meglio, senza motivo. Poi capii che il livello della gravità stava tornando normale. Nel corridoio del livello sette, due persone dell’equipaggio parlavano a bassa voce lavorando ad un quadro elettrico. Si fermarono e mi guardarono passare, poi tornarono alla loro discussione.
Quando arrivai R.J. era già lì. Gli alloggi del Capitano Grey erano ordinatissimi, con pochi accenni personali qui e là. All’estremità del tavolo c’era una conchiglia con accanto la foto di famiglia. Vicino alla porta, erano appese due medaglie d’oro montate su una base di legno scuro e sul muro opposto alcuni diplomi. Il pavimento era coperto da un tappeto piuttosto spesso, di colore verde scuro. A destra, due poltrone reclinabili e un divano avvolgente. La stanza era a forma di ‘L’. In un angolo il tavolo cartografico con quattro sedie e sul lato lungo due complessi terminali separati da una porta scorrevole: forse un armadio per i documenti sensibili. A sinistra il bagno e un armadio aperto.
“Signor. Tarn si sieda. Il Sig. Smith ed io abbiano finito.”
R.J. salutò con una mano e strabuzzò gli occhi quando mi passò vicino uscendo. Uscì senza voltarsi.
Mi sedetti al tavolo di Plexiglas di fronte a Grey. Al momento il Capitano aveva di nuovo assunto la faccia da dirigente.
“Andiamo direttamente al punto. C’è molto da discutere. Tanto per iniziare la delego a sostituire Tolson.”
“Cosa?”
“Il dottore mi assicura che il comandante Tolson non sarà più lo stesso.”
“Capitano, ci sono parecchi ufficiali che potrebbero prendere il posto di Tolson in questa situazione!”
“Sig. Tarn, non mi deluda facendosi d’un tratto umile. Non me ne importa un fico secco di ciò che potrebbero fare gli altri. Su di lei so più di quanto vorrei. Sono pignolo sul personale. È vero, ci sono altri più qualificati di lei, ma non è questo il punto! Nel caso lei non l’abbia notato, siamo nella merda fino al collo! Ho studiato molto attentamente il suo brillante stato di servizio. In 14 anni di servizio qui e là lei ha subito l’82.5% di incidenti in più rispetto alla media degli ufficiali. Non pretendo di sapere il perché, ma per una qualche strana ragione quando le cose vanno in malora, lei e quelli intorno a lei ne escono sempre senza un graffio.
Mi sedetti stupito. “L’82.5 per cento?”
“Esatto, Sig. Tarn, e a me serve la sua fortuna, se possiamo chiamarla così. Per cui lei uscirà da qui come comandante Tarn, chiaro?”
Aprii la bocca senza sapere cosa dire e lui proseguì.
“Informerò il personale di ponte del cambiamento, in caso ci dovessero essere resistenze. Lei si sistemerà immediatamente nell’ufficio del comandante Tolson. Non pensi che sia un favore da parte mia, Tarn. Lei avrà subito da lavorare. Avevo sperato che allontanarci da quell’immondezzaio avrebbe calmato l’equipaggio. Lo faremo, ma sarà solo una gioia temporanea. Quando inizieranno a circolare le voci sulle condizioni di Tolson scoppierà il panico vero. Se dovessimo avere altri casi, arriveremmo all’isteria generale. La gente farà di tutto per abbandonare la nave. Dovrò bloccare le navicelle di salvataggio e prenderne il controllo. Si sa che la gente impazzisce in situazioni come questa e per scappare fa delle idiozie. Lei avrà un lavoro pesante, Sig. Tarn. Quando potremo tornare a velocità luce, dirigeremo verso la Terra. Ci tratterranno in orbita in quarantena e a buona ragione. Ho fatto trasmettere i segnali di emergenza ed è da un bel po’ che lo facciamo.
Scossi la testa, incredulo. “Sulla nave c’è ancora una squadra alla ricerca del Comandante Tolson. Cosa vuole che faccia?”
“La versione ufficiale sarà che Tolson ha avuto un attacco di cuore mentre studiava una malfunzione nella camera d’equilibrio. Sono sorpreso che la Brandon non gliene abbia già fatto venire uno. Contatti il dottore e si coordini con lui.”
“A nessuno vengono più attacchi di cuore!”
“Succede. È raro, ma ogni tanto succede. Ma è lo stesso: nessuna copertura funzionerà. Il dottore non ha avuto fortuna nell’analisi di Tolson. Indagheremo sul DNA, ma non può continuare a farlo da solo. Ci sarà una squadra per assisterlo. Ingaggerà persone del suo staff e due biologi. Le voci non saranno contenibili. L’obiettivo è insabbiare la storia fino a quando sposteremo la nave, alle 13:00. Abbiamo una gravità normale, ma i controller automatici non funzionano ancora. Non possiamo raggiungere accelerazioni apprezzabili senza spiattellare tutti e tutto contro le paratoie. Ci sposteremo il più possibile, poi ci fermeremo a valutare la situazione. Per quel momento il dottor Pacell avrà la sua squadra di studio. I problemi più grossi verranno subito dopo. Speriamo che per quel momento la situazione sia migliorata.
Grey spinse indietro la sedia e si avvicinò a un terminale. Afferrò un pacco di documenti, tornò e lo lanciò sul tavolo verso di me poi sedette di nuovo. “Quello è il rapporto ufficiale per gli Ufficiali. Sotto la copertina ci sono i codici d’accesso che entrambi dobbiamo conoscere. Lei deve memorizzarli e distruggere il foglio prima di uscire da qui. Poi si dovrà creare dei nuovi codici di sicurezza, senza che io li debba conoscere. Il documento dice anche quali file del database lei deve leggere. Poi, c’è un file in speciale che devo discutere con lei.”
Grey sedette e si appoggiò allo schienale. “Abbiamo un’assegnazione speciale su questa nave della quale lei non è a conoscenza. Il nome in codice è Inviato. Il file ‘Inviato’ contiene informazioni strettamente riservate, Sig. Tarn, che lei potrebbe non voler accettare.”
“Sto imparando ad avere una mentalità aperta.”
“Sarà necessario. Era previsto che lei ricevesse mesi di addestramento prima di accedere a queste informazioni. Solo le due cariche più importanti a bordo sanno. Il fatto è che tutti i veicoli di esplorazione a velocità luce partiti dalla Terra portano sempre un passeggero in più noto solo al Capitano ed al suo vice. I contatti con questo Inviato sono un’esclusiva del Capitano, a meno che questi sia impossibilitato. Si tratta di esseri nativi di un sistema vicino alla nebulosa Dael, che si definiscono Nasebiani e sono una razza avanzatissima, migliaia di anni avanti a noi.
“Ho capito bene? Su questa nave trasportiamo un alieno?”
“Esattamente. Inviati Nasebiani sono stati assegnati a tutti i vascelli interstellari Terrestri fin da quando il primo sistema di guida a velocità luce è stato dichiarato operativo. L’accordo è stato in effetti stilato molti anni prima. Il loro scopo è di impedire alla razza umana di visitare zone proibite. Ci impediscono di sottomettere altre civiltà, o le loro proprietà, anche senza volerlo. Ci assistono in situazioni che noi non capiamo. Sfortunatamente l’Inviato che è con noi non ha mai sperimentato una situazione come questa e non ci ha fornito alcun aiuto.
“Dove sono le sue stanze?”
“Non sono riportate nelle planimetrie. Sono oltre quella porta tra le due console.”
“E che cosa fa costui?”
“L’Inviato rimane quasi sempre nelle sue stanze.
“Per tutti i sei mesi?”
“Sig. Tarn, i Nasebiani hanno un’aspettativa di vita tra i mille e i duemila anni. Sei mesi sono per loro un fine-settimana di riposo.”
“E rimane da solo per tutto quel tempo?”
“Considerano sgradevole l’esposizione ad una razza con il nostro livello di sviluppo. Per loro comunicare con noi è una cosa scomoda e non vogliono far finta che non lo sia. Provano repulsione all’idea di condividere con noi l’aria stessa e l’isolamento è prezioso.”
“Beh, non sono poi così avanzati se debbono starci dietro a quel modo.”
“Lei si è fatto un’idea sbagliata. Sono esseri benevoli. Non applichi l’etica e la moralità umane a creature che sono oltre tali limiti da millenni.”
“Che aspetto hanno?”
“Leggermente più alti di noi. Non hanno peli di alcun tipo. Pelle chiara, cranio largo, grossi occhi neri obliqui, magrissimi, arti lunghi. Quattro dita, uno corto e tre lunghe. Indossano vesti lunghe a terra.
“Incontrerò questo individuo?”
“No, a meno che non mi succeda qualcosa. Qualsiasi domanda pertinente lei abbia, gliela riporterò durante i miei appuntamenti periodici. Ricordi, non abbiamo autorità su questa persona. Loro non chiedono niente, noi non pretendiamo nulla. Non pensi mai a loro come l’equipaggio.”
“Gesù!”
“Sono una necessità assoluta. Hanno evitato molte catastrofi diplomatiche.”
“E non c’è stato di alcun aiuto per i nostri problemi?”
“No. Se potessimo fornirgli più dati, forse ci potrebbe aiutare.”
“Se le accadesse qualcosa, come lo contatto?”
“Non può. Noi non instauriamo il contatto. Gli incontri avvengono qui nella mia cabina.” Grey guardò verso i terminali. “La porta tra i computer si apre su un corridoio che conduce direttamente alle stanze speciali. Si può aprire solo da dentro. Come ho detto, non esiste nelle planimetrie. Se si rendesse necessario un incontro, avverrebbe attraverso quel corridoio.”
“Come saprà che sono qui?”
“Non usano la comunicazione verbale. Lei sì, ma loro non parlano”
“Non capisco.”
“Sentirà la voce nella sua testa. Telepatia.”
Avevo voglia di ridere. Il Capitano mi prendeva in giro, ma stava andando troppo in là. La battuta finale era in ritardo. Lo scherzo non funzionava. Quando me ne andai realizzai all’improvviso che mi stavo perdendo. Doveva essere un viaggio di esplorazione, noioso e privo di imprevisti, alla fine mi sarei goduto i miei crediti su una bella spiaggia. Ma una sosta non prevista nel mezzo del nulla mi confondeva, mi spaventava, mi innervosiva. Il tempo si era fermato e sarebbe ricominciato alle 13:00. E anche quella era una previsione incerta.
Quando arrivai nell’ufficio di Tolson, la storia dell’ex comandante si era già diffusa come un incendio. La leale Ann Marie era alla sua scrivania e piangeva. La consolai, spiegandole la situazione nel modo più gentile possibile, poi le dissi di andare a riposare. Mi abbracciò e mi diede un rapportino inquietante in cui altre cinque persone erano introvabili.
Mentre lei se ne andava R.J. mise la testa dentro. Aveva una clip e dei fogli stampati sotto il braccio sinistro. Gli feci cenno di entrare e ci fissammo. R.J. si agitò ben bene, poi non ce la fece più.
“Allora, che ti ha detto?”
“Alcune banalità, come ad esempio che sono diventato vice comandante, che mi piaccia o no.”
“E io che pensavo che i guai fossero finiti.”
“Ah, grazie tante. Ma va bene, ti ringrazio.”
“E poi?”
“Ha detto che questa nave sta rapidamente cadendo a pezzi.”
“Ah, se n’è accorto.”
“A te cosa ha detto?”
“In breve?”
“Sì, in breve.”
“Mi ha detto di tenere la bocca chiusa. Come se io fossi un Paul Revere che grida ‘blob a bordo!’”
“Che hai in tutti quei fogli? Sei diventato così nervoso da dover fare un centinaio di parole crociate per tenere la tua mente instancabile occupata?”
“Quasi. In realtà, sono ancora impantanato con il dolore e il piacere. Questa pila contiene i dati recuperati dalla nave aliena. La parte che secondo loro sono delle carte stellari.”
“E non è così?”
“Un po’ per caso gli Analisti hanno tradotto il nome della cartella, che vuol dire ‘Cestino’. Potremmo aver trovato un file di scarto che non è stato eliminato. Con l’aiuto della prima traduzione, si pensa che questo particolare file che ho sulle ginocchia si chiami ‘Adrena’. Non ho idea di cosa significhi. Qualche idea?”
“Nessuna su due piedi.”
“Comunque, la traduzione della cartella e del file non forniscono spunti per la comprensione del file. È un codice del tutto ignoto. Direi che potrebbe essere il miglior schema di parole crociate che mi è capitato. Ci sto lavorando e con questa confusione nessuno lo vuole indietro? Posso tenerlo?”
“Sii discreto.”
“Buone nuove su Tolson?”
“Ehi, non solo vuoi notizie, ma le vuoi anche buone!”
“Beh, direi che questa è una risposta.”
“Per cui, R.J., diciamo che mi hai appena aggiornato sui progressi del gruppo di Analisi.”
“Ora sai tutto quello che so io.”
“Bene. Informazioni sufficienti per ponzare nella prossima ora.”
“Comunque, ricordi quella mia piccola teoria che però non ti ho detto?”
“Come potrei ricordarla se non me l’hai detta?”
“Senti dimmi una cosa: sembra che Tolson fosse paranoico. Ma c’è una cosa che non ha fatto!”
“Cioè? Il dottore ha detto che molti hanno avuto incubi terribili di notte e Tolson li aveva anche da sveglio. Ha cercato il miglior nascondiglio possibile e si è nascosto in un sacco anti-raggi di modo che qualsiasi mostro lo stesse inseguendo non potesse trovarlo.
“Si. Ma cosa non ha fatto?” “E che cavolo, R.J.!”
“La porta della camera stagna. Poteva bloccarla da dentro, ma quando noi l’abbiamo aperta era sbloccata. Perché nascondersi lì e poi lasciare la porta, spessa quindici centimetri che l’avrebbe protetto da praticamente tutto, aperta?”
La logica di R.J. mi fece riflettere. “Dubito ragionasse chiaramente.”
“Forse. E la tua memoria? Migliora?”
“Sempre uguale.”
“Che mi dici di quella di Brandon? È stata l’ultima a vedere Tolson, no?”
“Non ho potuto verificare.”
“Spero che tu non stia diventando gelatinoso…?”
“Che…!”
“Tutto potrebbe incastrarsi bene nella mia folle teoria.”
“Dovresti parlarmene?”
“Devo controllare solo un’altra cosa, poi sì, farò il grande passo. Più ci penso, più vorrei scappare altrove, magari in una camera stagna.” R.J. scattò in piedi e si diresse alla porta. Si volse un attimo indietro, spinse il pulsante di chiusura e uscì mentre la porta si chiudeva.
Ignorai il comportamento strano di R.J. che era normale, sbirciai il file di istruzioni del Comandante, ma decisi che il rapporto aggiornato sulle persone scomparse aveva la precedenza. Ann Marie l’aveva già inviato sullo schermo.
Era una strana accozzaglia di persone: un tecnico assistente, un pianificatore, due operai di manutenzione e un impiegato/dattilografo. Non sembravano avere elementi comuni e avviai un programma di analisi. Mi restituì una sola parola: ‘Infermeria’. Per l’ultima volta erano stati visti che andavano in infermeria nel periodo senza gravità.
Chiamai la sicurezza. Un attimo dopo apparve sullo schermo la faccia di un coordinatore.
“Si?”
“Ho dei rapporti su persone scomparse. Erano tutte dirette in infermeria. Laggiù era un manicomio ed è molto probabile che queste persone non siano davvero scomparse. Chieda al coordinatore del primo turno di far controllare ogni singolo caso e voglio un rapporto appena possibile.”
“Ok.”
Mi distesi ed aprii la cartella di carta manila contenente le istruzioni per il vice comandante. Era una lettura scarna, come pure il rapporto sull’Inviato. Costoro erano così avanti che anche leggere del loro stile di vita era noioso. Individui isolati che vivevano in comunità solo per politica. La loro filosofia diceva che partecipando all’educazione di culture in via di sviluppo nel loro settore, potessero minimizzare la necessità di qualsiasi altro contatto. La loro motivazione nell’aiutarci era di brutale convenienza.
Trovai il foglio con i codici d’accesso e programmai i sistemi di avvio. C’erano le istruzioni per le password dell’Armeria, i motori Amplight, i driver a tachioni, il controllo dei propulsori, il supporto vitale, i carburanti e il sistema delle capsule di salvataggio. Disabilitai l’opzione per lo sgancio individuale delle capsule di salvataggio riassegnandole al controllo di sicurezza come aveva proposto il Capitano. Ero più o meno alla fine quando sull’angolo superiore dello schermo apparve un segnale di chiamata.
Era Paul Kasuma, capo tecnico della propulsione. “Comandante, abbiamo ricevuto la notifica della sua promozione e della sua nuova assegnazione. Ci dispiace che ciò non sia avvenuto in circostanze migliori. Dovremmo riportare direttamente al Capitano, ma non siamo riusciti a raggiungerlo.”
“Che cosa vi serve?”
“Beh, ci scusi. Nella confusione che c’è stata, abbiamo sottovalutato il fatto che, quando si decabla un propulsore, si perde uno scambio di segnali, per cui il propulsore si disattiva. È un controllo di sicurezza che evita l’accensione accidentale in mancanza di un sistema di controllo. Possiamo accendere manualmente, ma dobbiamo montare una scatola nera a ognuno dei propulsori che vogliamo usare per simulare una connessione. Ci vorrà, più o meno, mezza giornata. Sì, dodici ore.”
“Notificherò a Grey, personalmente. Nel frattempo, assumete che lui sia d’accordo e procedete.”
“Già fatto, Comandante. Kasama, chiudo.”
Prima che avessi il tempo di interrogarmi sul Capitano. Un’altra icona di chiamata lampeggiò. “Tarn, avanti.”
“Adrian, che succede?” Era Frank Parker. Sembrava agitato. “Dobbiamo parlare con Grey. Dov’è?”
“Che succede, Frank?”
“Avremmo dovuto attivare i due veicoli d’esplorazione alle 12:00. Abbiamo fatto salire i piloti, le cabine sono pressurizzate ed i motori al minimo. Ma non riusciamo a depressurizzare l’hangar. Grey avrebbe dovuto supervisionare l’operazione.”
“Avete potuto analizzare il problema?”
“Sappiamo solo che a un tratto il sistema di controllo dell’hangar non accetta i comandi. Sapevamo che era possibile avere problemi nell’apertura dei portelloni e il progetto era di andare in manuale, ma questa è la prima volta che il sistema ambiente fa difetto, che io sappia. Allora, che facciamo?”
“Continua a lavorarci. Fai sedere i piloti. Andrò a cercare Grey. Ti richiamo subito.”
Pulii lo schermo e mi stropicciai gli occhi. C’era stato appena il tempo per la procedura di istruzione è già avevo più problemi di quanti ne potessi gestire. Grey non poteva realmente far parte della lista di persone scomparse. Tanto per verificare, provai io stesso a chiamarlo. Niente.
Accompagnato da due guardie armate, mi diressi di nuovo verso la cabina di Grey. Ogni volta che le cose sembravano non poter andare peggio, andavano peggio. Grey era recentemente stato esposto a Tolson nella sua condizione instabile. Né R.J. né io sembravamo influenzati, ma il Capitano poteva essere più debole. Fuori dalla sua cabina, aprii il pannello di controllo e digitai i numeri del codice di sicurezza appena attivato. Per la seconda volta quella mattina entravo negli alloggi del Capitano, un posto che non avevo mai visitato prima.
La stanza era deserta. Chiesi alle guardie di aspettare fuori e chiusi la porta. Andai al terminale di Grey e vidi che uno era ancora acceso. C’era il diario del Capitano. L’ultima registrazione era una lunga descrizione delle condizioni di Tolson e ciò che avrebbe voluto fare. C’era anche un paragrafo non finito che dettagliava i timori del Capitano sul futuro. A metà dell’ultima frase qualcosa lo aveva interrotto.
Chiusi il diario e guardai in giro. Non c’erano altri indizi. Scossi la testa e mi voltai per andarmene, ma fui scosso dal rumore di un pannello che si apriva. La misteriosa porta dietro al computer di Grey si era aperta, e si vedeva un corridoio buio.
Dopo poco emerse lenta una figura ammantata e scintillante. Si fermò sulla porta e mi parve non volesse avanzare oltre. Grey aveva omesso un particolare importante: era una figura femminile. Aveva le fattezze descritte da Grey, aggiungendo una bocca appena accennata. Indossava un abito bianco coperto di diamanti e c’era un’aura tutto intorno a lei. Nonostante tutto, avrei voluto avvicinarmi per immergermi in quell’aura che era un angelico campo di estasi.
Rimasi immobile per un momento, ma mi ripresi subito. “Sono Tarn.”
La bocca non si mosse, ma udii le parole. “Adrian Daniel Tarn, figlio di Daniel e Eileen Tarn.”
Era entrata nella mia mente, la leggeva e ci metteva delle cose senza il mio permesso. La sentii di nuovo.
“No, tu \non resistere.”
Tentai di eliminare i pensieri. “Tuo Capitano assente.”
“Al momento è scomparso. È stato qui nell’ultima ora.”
“Danno si è abbattuto su lui.”
“Come lo sai?”
“Qual è condizione tuo vascello?”
Provai a non pensare niente. “Tu avrai difficoltà”
“No, NOI avremo difficoltà.”
“Continua fornire informazioni lì.” Sollevò la mano guantata verso il terminale usato da Grey, poi si ritrasse e la porta si chiuse lentamente.
Ero senza parole e provai a mettere ordine in ciò che era appena successo. Sembrava ci fosse una luce più chiara nella stanza quando c’era lei. Quando lei se ne era andata era tornato il buio. Comunque, non mi aveva impressionato e per non so quale motivo, non mi sentivo inferiore.
Dunque, l’ET era cosciente e preoccupato, il che mi fece preoccupare davvero.
Misi una guardia fuori dalla cabina di Grey e mi precipitai alla Sicurezza, reparto che stava diventando una ‘insicurezza’. Troppe le persone scomparse; lanciare un’altra operazione di ricerca avrebbe solo aggiunto incertezza a quella che già c’era. Nell’hangar avevamo due ricognitori con dentro già i piloti pronti al decollo. Al momento, l’ufficiale addetto al balzo era sul ponte, e cercava di impostare una manovra mai tentata, i tecnici erano alle console e testavano i sistemi.
Quando arrivai, anche Ann Marie era tornata e cercava di calmare una Maureen Brandon fuori di sé. Brandon agitò le ciglia e sfogò la sua rabbia su di me.
“Perché non sono stata informata delle condizioni del Comandante Tolson? Voglio parlare immediatamente col Capitano! E poi, chi ti ha autorizzato ad agire per conto di Jim Tolson? Perché sono stata esclusa dal processo decisionale?
Dovetti bloccarla deciso. “Maureen, sono veramente incasinato al momento, ma fa lo stesso. Le devo parlare di una cosa, può venire nel mio ufficio?”
Gettò indietro la testa e rimase lì. Io mantenni la mano tesa in direzione della porta e lei si avvicinò decisa, sogghignando. Lanciai un’occhiata ad Ann Marie e vidi che roteava gli occhi e scuoteva la testa.
Brandon riattaccò ancora prima che si chiudesse la porta. “Perché sei stato scelto a sostituire il Comandante Tolson? Non sei il più qualificato… è un ordine permanente o che?”
“Senta, Maureen, non abbiamo tempo per discutere…”
“Perché non sono stata riassegnata ai miei incarichi? Il comandante Tolson mi aveva assicurato che lo avrebbe fatto oggi stesso!” Finì balbettando, ricordando le molte cose che sapevo su di lei.
“È riassegnata da ora, Maureen, ed ho bisogno del suo aiuto per una questione delicata. Sarà la priorità numero uno per il reparto Analisi Dati e Biologia.”
La curiosità prese il posto della rabbia. “E chi lo dice? Di cosa si tratta?”
“Ci sono parecchie persone scomparse. Il capitano Grey si è appena aggiunto alla lista.”
“Scherzi!”
“Crede che potrei scherzare su una faccenda simile, in questa situazione?”
“Cosa c’entra Biologia con le persone scomparse?”
“Sarò più chiaro se mi ascolta. Il reparto di Biologia controlla gli scanner che rilevano le forme di vita dei luoghi visitati. A me serve riconfigurare gli scanner per cercare forme di vita a bordo di questa nave.”
Impiegò un secondo per controllarsi e capire il problema. Mi restituì uno sguardo sperduto. “Cioè il reparto di Biologia dovrebbe cercare le persone scomparse dentro a questa nave?”
“Si può fare?”
“Perché non fare la classica ricerca ponte per ponte?”
“Ho bisogno di qualcosa più veloce. Si può fare?”
“Certo, che si può fare. Per un’area così piccola di solito è considerato uno spreco di risorse, ma gli scanner sono indirizzabili elettronicamente.”
“Ed è possibile isolare un singolo membro e dire dove si trova esattamente?”
“No, non si possono identificare, ma possiamo vedere dove sono. Basta tradurre le coordinate x, y, z nel loro equivalente di ponti e compartimenti.
“Quanto ci vuole per avviare la ricerca?”
“Se si dedicano solo a questo, forse mezz’ora.”
“La prego, si coordini col dott. Leadstrom e cominci subito, non permetta che la interrompano.”
Mi alzai e le aprii la porta. Lei restò seduta, come se stesse cercando un sistema valido per continuare la sua protesta.
Alla fine, con un’espressione di misurato disprezzo, agitò una mano, si alzò e lasciò la stanza con passo rigido.
Mi appoggiai alla porta e la guardai andarsene.
Ann Marie mi lanciò uno sguardo di comprensione.
“Ann Marie, per favore, rimetti in linea il database del personale, che Dio ci aiuti. Poi chiama Kusama, al ponte, e digli di far smontare il personale. Ci sarà una riunione per i capi dipartimento e gli ufficiali di plancia tra un’ora, direi alle 14:00. Chiama anche Frank Parker e digli di bloccare i ricognitori e far scendere i piloti. Il tentativo verrà riprogrammato. Poi chiama il dottor Pacell e passamelo. Ah: tra un quarto d’ora chiama il reparto di Biologia, devo assicurarmi che facciano il loro lavoro. Tutto chiaro?”
“Sì, ma a molti non andrà bene così.”
“Sono contento che ci sia tu, Ann Marie.”
Mi ero appena seduto al terminale di Tolson, che già Ann Marie aveva in linea la sala di chirurgia. Il dottor Pacell impiegò un minuto per raggiungere la sua postazione.
“Mi spiace interromperla, dottore. Novità?”
Pacell girò lo sguardo a sinistra, fece un rapido cenno a qualcuno, poi riportò l’attenzione al monitor. “Non ho niente di nuovo, Adrian. Ho messo insieme una squadra che sta lavorando, ma siamo solo all’inizio e hanno dovuto adattarsi perdendo un po’ di tempo. Il Capitano ha detto cosa vuole fare?
“Capisco. Sì, e questa è una delle ragioni per cui ho chiamato. Ora pare che anche il Capitano sia scomparso. Dubito fortemente che si renderebbe volontariamente irreperibile.
È possibile che fosse più sensibile e abbia contratto la stessa malattia di Tolson?”
Tale ipotesi allarmò il medico che chinò la testa, aggrottò le sopracciglia e mi fissò sullo schermo. Poi scrollò il capo. “Adrian, non siamo in grado di affermare nemmeno che si tratti di un’infezione. Magari è avvelenamento da radiazioni, o qualcosa nella riserva d’acqua. Però, se anche il Capitano è disperso, il problema si sta diffondendo velocemente. Dobbiamo trovare il Capitano al più presto per avere ancora una minima speranza.”
In un angolo dello schermo lampeggiò l’icona di Ann Marie. “Ci stiamo lavorando, Dottore. Ci può suggerire qualche tipo di prevenzione, in questa fase?”
“Solo di mantenere la calma il più possibile. Cominciano a circolare voci su Tolson: ho paura che ci ritroveremo con un’isteria collettiva, se non si riesce a mantenere il controllo.”
Sotto quella di Anne Marie iniziò a lampeggiare l’icona di biologia. “Impossibile mantenere il controllo, Dottore. Mica si può fare un annuncio chiedendo di mantenere la calma.”
Con mia sorpresa, la porta dell’ufficio si aprì: Ann Marie litigava con R.J. che agitava le sue stampe e gli appunti, mentre con l’altra mano allontanava gentilmente Ann Marie.
“Adrian, dobbiamo parlare, immediatamente!”
Riportai l’attenzione allo schermo. “Dottore, richiamo io.”
“Pacell chiude.”
Mi voltai verso gli invasori.
“R.J., ho per le mani più casini di quanto tu possa immaginare. Biologia è in attesa. È così importante?”
Ann Marie lo lasciò e lui si fiondò nell’ufficio, sedendosi alla scrivania con gli appunti e le stampe sulle ginocchia.
“Ho capito cosa sta succedendo. Sembra pazzesco, ma l’ho capito!”
Avevo imparato a dare fiducia a R.J. A volte è eccentrico, ma decisamente affidabile. Ha una mente inesorabile quando inizia a ragionare e non ci sono misteri che possano restare tali. Guardai l’icona lampeggiante di biologia, ma feci cenno ad Ann Marie di chiudere la porta. “Va bene, vecchio mio, gli altri possono aspettare. Che c’è di così importante?”
R.J. si gonfiò come un tacchino e si sorse in avanti. “Non posso ancora provarlo, ed ho solo degli indizi, ma alla fine sarai della mia idea.”
“Sono tutt’orecchi”
“Ho appena giocato con ogni computer di bordo. Qualche partita l’ho vinta, qualcuna l’ho persa.”
“R.J., Biologia è in attesa!”
“Dunque tutti hanno funzionato. Per cui ho analizzato quali sistemi siano degradati e quali no.”
“Quindi? Anche noi e non è uscito niente.”
“Sì! Sì, sì, cosa hanno in comune! Un sistema per volta: qual è stato il primo a guastarsi?”
“Navigazione”
“E cosa succede quando si è senza navigazione?”
“Non si può andare da nessuna parte.”
“Okay, il successivo?”
“I sistemi di propulsione.”
“E cosa succede quando si perdono quelli?”
“Stessa cosa, ovviamente: non si può andare da nessuna parte.”
“Ambientali e gravità.”
“E qui cosa si perde?”
“Niente mensa e niente accelerazione luce”
“Allora vedi lo schema? Tutti i sistemi necessari a lasciare questo posto sono guasti. E invece quali funzionano?”
“Supporto vitale, atmosfera, temperatura e pressione.”
“Esatto, cioè l’indispensabile per restare vivi.”
“Vuoi dire ciò che penso tu stia cercando dire?”
“Siamo trattenuti qui e tenuti in vita.”
“È una tesi un po’ azzardata, ma comincio ad aver paura.”
“Troppe coincidenze, non può essere un caso!”
Per un istante, non volli accettare la tesi di R.J. Un’ondata di terrore mi attraversò il corpo. La terribile verità bussava alla porta e si trattava del Tristo Mietitore.
Si fece più avanti. “Ed è peggio di quel che pensi. Se qualcuno sta provando a intrappolarci qui, dove pensi che siano, adesso?”
“Ci sono solo due navi a portata di scanner, e sull’altra, che si sappia, non c’è nessuno. Vuoi dire che ci hanno abbordati?”
“Sì!”
“E come? Se si fosse aperto un portello o ci fosse stata la manomissione di un habitat, ce ne saremmo accorti. Per via degli allarmi assordanti.”
R.J si piegò di più verso me, restringendo gli occhi.
“Già, a meno che non fosse previsto che quel particolare portello dovesse essere aperto. Cosa è successo quando avete aperto il portello per la AEV.”
“Sai benissimo che non mi ricordo.”
“Esatto. Vedi che strana coincidenza: niente memoria, e niente videocamere. Eri l’ultimo del gruppo, hai chiuso il portello esterno, ma tutti gli altri erano già a metà strada quando li hai raggiunti. Perché eri in ritardo?”
“Per cui tu dici che quando abbiamo lasciato la camera stagna, qualcuno si è intrufolato.”
“E poi il quanto mai opportuno incidente nell’altra nave, con una crisi isterica collettiva, decine di persone che saltavano di qua e di là e nessuno che facesse caso se non a contare i feriti. Qualcuno potrebbe essersi nascosto cercando il momento giusto per uscire.”
“Nascondersi dove?”
“Nelle tute spaziali appese alla parete di fianco.”
“Le loro tute hanno dovuto entrare nelle nostre.” “Proprio.”
“Okay, difficile da digerire, anche se la teoria spiega la situazione; in modo un po’ estremo. Ma, c’è anche stata una depressurizzazione.”
R.J. parve sorpreso. “Cioè?”
“La piattaforma hangar del ponte B. Volevamo far uscire i ricognitori, ma il sistema non ha funzionato.”
“Certo, non vogliono che andiamo via: ci vogliono qui, è questo che li interessa.”
“Gesù, R.J.!”
“Ora, se qualcuno fosse salito a bordo, qual è la prima cosa da manomettere? Magari la rete dalla nave? Così sanno chi fa cosa e quel che c’è da sapere. Ricordi i terminali che si accendevano da soli? E poi, subito dopo? Chi potrebbe essere la prossima vittima? Perché non il Capo della Sicurezza?”
“E come mai nessuno li ha visti?”
“Non ne ho idea, ma non tutto quello che hanno fatto è andato bene per loro. Non sono infallibili. Il calo termico quasi verificatosi in sala macchine: bisogna conoscere i codici di accesso e i comandi giusti per fare una cosa simile. I due tizi che litigavano per niente erano solo un diversivo, perché potessero lavorarci. Se il nucleo del reattore si fosse raffreddato, saremmo rimasti bloccati qui per molto, molto tempo. Ma non ha funzionato.”
“E la perdita della gravità?”
“Senza il controllo di gravità a compensare l’accelerazione, non si può andare lontano. Inoltre, si genera un bel po’ di confusione, ma nessun morto. Ci vogliono vivi.”
Mi grattai la fronte. “Tu sai raccontare molto bene, R.J.”
Senti, Adrian, dimmi che sbaglio. L’idea che siamo proprietà di qualcuno non mi piace per niente.”
Mi appoggiai allo schienale e sospirai.
“R.J., tiri fuori gemme come questa. Prendi dieci eventi slegati e ti inventi una spiegazione molto incasinata per collegarli.”
“Dimostrami che sbaglio, su!”
Scrollai il capo, spostando la mia attenzione all’icona del Biologico, che lampeggiava ancora. Alzai una mano per fermare R.J. e premetti il tasto di risposta. “Qui è Tarn, chiedo scusa per l’attesa.”
“Comandante, qui è il Dott. Leadstrom. Inizialmente l’avevamo chiamata per dirle che iniziavamo l’analisi dati richiesta, ma adesso è completa. Mi dispiace, ma abbiamo un problema. Pensavamo che il programma di traduzione avesse funzionato, ma c’è un errore da qualche parte, probabilmente nel software di conversione. Ci vorrà tempo per risolverlo.”
Avete comunque un risultato?
“Non credo, Comandante. Abbiamo dei dati che sono chiaramente errati. Proseguiamo nel conteggio degli echi o quel che sono. Ci risultano 155 forme di vita a bordo, ma sappiamo che devono essere 150. Forse è un errore di programma e ci arriveremo. Speriamo.”
Mi rivolsi a R.J. che mi fissava a occhi spalancati. Tamburellava sulle sue stampe, e annuiva. Voltai gli occhi allo schermo, provando a mostrarmi indifferente. “Avanti così e tenetemi informato, prima di una qualsiasi nuova analisi. Mandatemi anche quella già fatta, al più presto.”
“Roger, Leadstrom ok.”
R.J. era agitato. “Adrian, che vuoi fare?”
“So cosa vorrei fare, raccogliere in blocco quei figli di puttana e sbatterli fuori, nello spazio.”
R.J. sospirò rumorosamente, abbandonandosi sullo schienale. “Non credere che sia facile.”
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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.