Some Desperate Glory contiene atteggiamenti sessisti, omofobi, transfobici, razzisti, contro gli handicappati; aggressioni sessuali, tra cui discussioni di gravidanze forzate; violenza; abusi sui minori; radicalizzazione considerata come forma di abuso sui minori; genocidio; idea suicida e suicidio.
Con tali premesse Emily Tesh si presenta ai suoi lettori a pagina iii del suo romanzo vincitore del Premio Hugo 2024: Un po’ di gloria disperata (Some Desperate Glory).
Non è molto ciò che possiamo sapere di Emily Tesh da Google e Wikipedia: Emily Tesh è un’autrice di fantascienza e fantasy. Nel 2024 ha vinto il Premio Hugo per il miglior romanzo con il suo primo lavoro di questo tipo, Some Desperate Glory. In precedenza, aveva ricevuto il World Fantasy Award nella categoria romanzo breve nel 2020 e l’Astounding Award come miglior scrittrice esordiente nel 2021.
Non ho fatto eccessive ricerche in merito, ma dai pochi appunti che ho visto non sappiamo nemmeno la data di nascita di Emily Tesh, solo che è inglese, abita nello Hertfordshire (zona Grande Londra, dunque) e insegna i classici non si sa dove.
Dopo aver letto questo romanzo, confesso di non aver ben capito come e perché possa aver vinto il Premio Hugo.
La storia si dilunga su un numero, a mio parere, eccessivo di pagine, suddivisa in diverse parti, ognuna delle quali racconta più o meno la medesima storia secondo punti di vista che meglio non possono essere descritti, per non fare dello spoiler.
L’inizio è scoppiettante e potrebbe far credere al non smaliziato lettore che si stia per leggere una versione moderna di Fanteria dello Spazio (Starship Troopers), il famoso, o forse famigerato romanzo di Robert A. Heinlein.
La protagonista di tutta la storia, Valkyrie, detta a volte “Kyr”, a volte “Val”, abita su un satellite artificiale detto Gaea, formato da tre o quattro supernavi giganti che sono state incastrate tra loro in modo ritenuto indissolubile, creando uno spazio abitato da alcune centinaia di esseri umani. Per ciò che Kyr sa, questi sono gli unici sopravvissuti alla distruzione del pianeta Terra causata da un unico proiettile di pochi centimetri, ma fatto di antimateria: quattordici miliardi di esseri umani sono morti sul colpo. I responsabili sono un gruppo di razze aliene identificate con la parola majo. Kyr, con tutti gli altri giovani di Gaea, deve partecipare a un Agoghé, cioè a una scuola di guerra del tipo usato nella antica città di Sparta.
Ammanettato ai montanti del carrello sotto l’astronave aliena c’era un majo. Le due mani legate sopra la testa. Kyr non sapeva capire di che specie fosse. Non aveva mai visto nulla del genere durante l’addestramento nell’Agoghé. La sua cresta, composta da sottili filamenti bianchi, era appiattita contro il cranio in quello che sembrava essere un gesto di paura. Gli occhi, troppo grandi, erano di un pallido color argento. Kyr, gli intravide una lingua scura. “Per favore,” mormorò la creatura, muovendo le lunghe orecchie, per poi smettere del tutto di parlare.
Questo piccolo alieno è destinato a essere un protagonista in tutta la storia, ma non subito. Per il momento, Kyr vive e rivive la scena in cui un micidiale proiettile di antimateria, distruggerà la Terra. In realtà tutto è successo, ma adesso fa parte dell’esercitazione, di un gioco di ruolo guidato da una futuristica Intelligenza Artificiale, a cui tutti i giovani di Gaea nell’Agoghé sono sottoposti dal Comandante Aulus Jole, (lo zio Jole) apparentemente un eroe, un parente che vuol salvare ciò che resta dell’umanità, ma sarà davvero così?
Ben presto, le scintille avventuristiche della parte iniziale del romanzo si trasformano in un racconto di tipo chiaramente politico. Forse sarebbe meglio dire di tipo Political Correct. Qui capiamo come l’annotazione iniziale, riportata anche in questo articolo, fosse ovviamente ironica: infatti da un certo punto in poi l’autrice scatena tutto il sarcasmo possibile sulla lotta razziale, in questo caso vista con i majo come bersagli e contro l’organizzazione evidentemente fascista del Comandante Jole.
Poi c’è il tema queer, molto diffuso in tutta la storia, dove nessuno dei personaggi sviluppa in apparenza una sessualità tradizionale: il che non è certo un problema, se non fosse che qui, dal punto di vista della storia, il fatto mi è sembrato abbastanza inutile. Vedremo come altri critici abbiano invece trovato molto significativo questo tema: il bello di ogni opinione!
Per concludere, mi è sembrata decisamente disturbante la quantità di turpiloquio presente nel romanzo. In misura molto superiore ai miei poveri standard di sopportazione. Confesso di non esser mai stato un perbenista, ma qui mi è parsa inutile e senza alcuna ragione di essere.
Per esprimere compiutamente la mia impressione, questo romanzo non mi è sembrato bello, nel senso più logico del termine. Molto impegnato di certo, ma difficile da portare avanti e da goderselo, se mi passate il termine.
Dando un’occhiata alle critiche dei giornali americani, direi che ciò che più si nota è una positività a proposito dell’impegno.
Secondo Lisa Tuttle, su The Guardian: “La storia, ben narrata, combina azione avvincente con contenuti più riflessivi, affrontando temi caldi come l’intelligenza artificiale, il fascismo e le politiche di genere, e sembra scritta apposta per vincere un premio.”
Su Publishers Weekly: “Il tema politico dell’allontanamento dall’ideologia fascista si combina splendidamente con un’abile costruzione del mondo fantascientifico … e con un percorso di formazione queer.”
Sul Washington Post, Charlie Jane Anders: “La storia mescola azione mozzafiato con un corso che sfida la mente sulla metafisica cosmica, che continua a modificare la percezione di ciò di cui parla il libro.”
Devo dire e sperare di aver tradotto male questo commento, perché francamente non mi pare che abbia alcun significato.
Leah von Essen di Booklist […] su Kyr ha scritto: “La sua crescita è ciò che alimenta questa vasta storia, con un ritmo ricco di azione, battaglie emozionanti e dolorosi colpi di scena.”
Per Tor.com, Maya Gittelman ha definito il libro “un romanzo incredibilmente maturo e sfumato, un rompicapo mozzafiato che colpisce duro e non fa sconti.”
Personalmente ritengo che nessuno di questi commenti sia tale da descrivere il libro. Sono tutti centrati sui gusti personali di ogni critico. Il che è sensato. Meno sensato è che si voglia dare, a tutti i costi, un aspetto positivo a questa esperienza di lettura. A volte con circonvoluzioni davvero meritevoli di applauso (ironico).
Tuttavia, l’azione (che infatti non manca) è sempre finta: sono tutti giochi di realtà aumentata guidati da una Intelligenza artificiale ed è per questo che manca del tutto il thriller, la sorpresa. Poi, non vedo come possa essere un pregio la politica di genere, la formazione queer, o la metafisica cosmica.
Ma si sa, io sono ormai un lettore vecchio e di maniera, in modo irreparabile.
Le immagini di fantasia sono state ottenute con un sistema di AI Microsoft.
nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.