Lo spazio fanzine su Nuove-Vie apparirà ogni tanto: vorrei potesse essere una volta al mese, ma per questo dipendo da altri collaboratori, per cui preferisco non promettere nulla. Si tratterebbe sempre di un breve articolo in cui si parlerà e si presenterà una delle fanzine storiche e magari una di quelle ancora presenti nel panorama attuale.

Piero

Piero Fiorili

Dopo l’articolo di presentazione generica della scorsa settimana, provo a presentare una fanzine, targata dicembre 1977, intitolata Un’Ambigua Utopia. Su Nuove-Vie se ne è parlato già molto, perché i creatori di quella rivista hanno operato proprio nel periodo in cui nasceva la nostra Bottega del Fantastico. Inoltre l’amico Piero Fiorili ha partecipato attivamente alla Bottega e ha risposto al nostro articolo in cui se ne parlava.

Prima di mettere in rete questo breve articolo, ho sentito il dovere di informare chi al momento era raggiungibile tra coloro che hanno operato nell’ambito di Un’ambigua Utopia.

Marco Dubini

Marco Dubini

Prima di tutti Marco Dubini, ci ha fornito una copia dello storico Numero 1 di UAU, con i disegni di Michelangelo Miani e Marco si considera uno dei fondatori di Un’Ambigua Utopia, meglio conosciuta all’epoca con la semplice sigla UAU. il nostro mi segnala il sito di un altro fondatore, Giuliano Spagnul, al quale chiedo se pensa sia possibile pubblicare il primo numero dell’ambigua, in versione integrale.

Giuliano mi risponde così:

giulianospagnul

Giuliano Spagnul

Caro Franco, non ci siamo mai conosciuti ma non importa, la rivista di UAU non ha proprietari, il collettivo e anche la cooperativa non esistono più. La casa editrice Mimesis ha ripubblicato tutti i numeri della rivista in due volumi nel 2010 (nel 2012 sempre Mimesis ha ripubblicato anche il libro ‘Nei labirinti della fantascienza‘). Sulla definizione di UAU vorrei però chiarire che è un po’ improprio definirla una fanzine, sul primo numero abbiamo usato il condizionale, ma in realtà è stata una rivista di movimento, una tra le tante pubblicazioni dell’estrema sinistra di quegli anni. La sua evoluzione ha chiarito del tutto la sua ambizione e collocazione, quella di essere una rivista di politica e cultura, non collocata partiticamente ma schierata appunto all’estrema sinistra (marxista, anarchica, ecc.) che si occupa dei problemi dell’immaginario; detto in breve in modo molto semplicistico. Detto questo, un augurio alla tua iniziativa e se vuoi consultare altro materiale questo è il blog specifico: https://un-ambigua-utopia.blogspot.it/

Devo dire che noi de La Bottega non eravamo esattamente sulla stessa linea di pensiero della fanzine concorrente, la quale nasceva appunto da un gruppo di estrema sinistra. Noi, al massimo, eravamo lettori appassionati di Philip K. Dick e poco o per nulla politicizzati.

Il numero ha un editoriale abbastanza forte, (almeno per quel che ci sembrava). Per esempio si affermava: “La scienza ufficiale ha assunto il proprio idolo nel cosiddetto ‘principio di realtà.’ La fantascienza è portavoce del ‘principio del piacere.’ In pratica i bisogni del capitale contro i bisogni dell’uomo. […] La fantascienza è un segno di rivolta […] è la riscossa del principio del ‘piacere’ sul principio di ‘realtà.’

Qui in fondo all’articolo, è possibile scaricare la copia fostostatica derll’intero numero uno e, come ben si vede, si trattava di semplici fotocopie. Inoltre, purtroppo, la riproduzione non è sempre facilmente leggibile.

vittorio

Vittorio Curtoni

Nel numero uno dell’ambigua non c’è poi molto, ma si segnala senza dubbio un bell’articolo di Vittorio Curtoni, in cui si tratta con puntualità e precisione la situazione della fantascienza negli Stati Uniti in quel momento. La classe di scrittura di Vittorio è leggendaria, anche nella sua versione giornalistica e di critico.

“Trascinata dal turbine degli eventi (Vietnam e Watergate N.d.R.) anche la fantascienza […] ha cercato d’adeguarsi. Questo è successo soprattutto con gli autori delle nuove generazioni, quegli uomini che oggi sono fra i trenta e i quarant’anni, coloro che hanno visto spappolarsi, con orrore, i miti di cui letteratura e saggistica si erano nutrite fino a ieri. Harlan Ellison, Robert Silverberg. Barry Malzberd, George Martin…”

Per ciò che è stato e per ciò che poi dovrà capitare, il buon Vittorio ci appare addirittura troppo entusiasta. Però è vero che in quel periodo sono apparsi quegli ottimi autori. Personalmente ho tuttavia sempre pensato che il fenomeno non sia dipeso dai problemi degli Stati Uniti, ma abbia avuto origine proprio perché c’era molta stampa indipendente, libera e auto prodotta, che alla fine ci ha regalato una grandissima qualità e, perché no, un cambiamento. E perchè no, una rivoluzione!

Letta oggi, la fanzine di lotta, che si chiamava Un’ambigua Utopia desta una certa malinconia. Mi fa sorridere la critica cinematografica su Fase IV: distruzione terra.

«SI tratta di un eccellente film di SF, approdato in Italia dopo una lunga anticamera: il fatto che sia stato presentato per la prima volta nel nostro paese quest’estate, una stagione cioè tradizionalmente morta per il cinema, ha fatto sì che finora pochi lo abbiano visto…»

La critica ufficiale riporta ancora oggi su Wikipedia ci dice così:

phaseiv“Il film fu un fiasco al botteghino e rimase l’unico lungometraggio diretto da Bass. Da allora la pellicola ha conquistato un certo seguito da piccolo film di culto a causa della messa in onda in televisione fin dal 1975 […] Alla sua distribuzione iniziale nei cinema il film ebbe critiche in parte negative. In una recensione negativa, la rivista Variety lo correlava ai film di mostri degli anni cinquanta in cui figuravano insetti giganti. Time Out London scrisse che gli effetti speciali avevano assunto la priorità sulle idee. A. H. Weiler del New York Times scrisse che ‘Per tutte le buone intenzioni, scientifiche e umane, Fase IV piange per avere una fase V di spiegazioni più soddisfacenti.’»

La positività della recensione su UAU, è dovuta quasi certamente al fatto che l’idea originale del film fu di Barry Malzberg, che come abbiamo visto era parte del gruppo di scrittori particolarmente gradito ai nostri amici. Non ho visto il film, ma la lettura della trama non mi farebbe venir voglia di vederlo: Le formiche si stanno organizzando. La Terra degenera, i pianeti si allineano in modo sfavorevole. In un piccolo paese dell’Arizona tre personaggi stanno affrontando la ribellione degli insetti. Inizialmente persuasi che si tratti di un fenomeno isolato, due scienziati e una ragazza si ritrovano assediati dalle formiche. Bisogna cercare di capire la ragione della rivolta e tentare una comunicazione.

Riconosco che ad oggi si tratta di una trama fragile e sentita, ma forse all’epoca poteva essere originale.

Nel primo numero di UAU compare anche una recensione di un altro libro culto dell’epoca “Tutti a Zanzibar,” di John Brunner. Un autore molto bravo, purtroppo non molto conosciuto.

John-Brunner

John Brunner

La lettura di Tutti a Zanzibar non è per niente semplice: lo stile è complesso, costruito come una serie di racconti, pezzi di cronaca giornalistica, ritratti di personaggi sparsi, che alla fine compongono un romanzo completo. Per questo non è una lettura adatta al lettore che cerca il libro di avventura.

L’argomento centrale è la super popolazione del pianeta Terra. Il titolo deriva una pseudo notizia che l’Autore propone all’inizio del libro: “assegnando ad ogni femmina, maschio e pupetto uno spazio di trenta per sessanta centimetri, potremmo star piantati tutti quanti sui milleseicentocinquantotto chilometri quadrati di superficie dell’isola di Zanzibar.

Il romanzo fa alcune allucinanti previsioni che a volte si sono avverate: per esempio la creazione di una legge per cui una coppia non potrà avere più di un figlio. La Cina ci insegna!

Il critico di UAU esegue una buona recensione: per lui ha precedenza l’aspetto politico.

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Philip K. Dick

Personalmente sarei più propenso ad entusiasmarmi per altri Autori. Per esempio Philip K. Dick e avrei scelto come prima recensione un romanzo per certi versi tecnicamente simile a Zanzibar, ma decisamente più geniale, come La svastica sul sole. Ma del resto, queste sono solo preferenze personali. Rimane il fatto che la recensione di Brunner su UAU è decisamente valida.

Se riuscite a leggere la nostra copia fotostatica ve la proponiamo e accetteremo i vostri commenti.

Buona lettura.

Un’ambigua Utopia
Un’ambigua Utopia

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.