Il fiore della Quintessenza è una antologia di racconti di fantascienza. Antologie di questo tipo ultimamente mi sembrano un poco in crisi, ma questa è interessante per l’ottima scelta di racconti.
C’è una cosa che mi ha stupito ed è il nome del curatore, Sergio Mastrillo: noi lo conosciamo per la immaginosa Leggenda del principe Got, ma l’opera che lo ha lanciato è il romanzo a più mani intitolato True Legends, il primo romanzo di fantascienza sul calcio, come recita il lancio.
I racconti del Fiore sono molto interessanti. Non tutti a mio parere, anche se Sergio è convinto diversamente.
Secondo una sua teoria, che evidentemente, visti i suoi successi deve per forza essere giusta, al momento esistono per lo meno due tipi di lettori. Scusate se per il momento li descrivo io: ma Sergio è qui, con noi e potrà certamente intervenire…
Ci sono i lettori, diciamo, vecchi, che amano la fantascienza classica. Questi dinosauri (ecco, sono presente!) amano stilemi ormai decaduti come quelli di Asimov, Heinlein, Vance, Simack, Clarke, Ballard, Bradbury… e scusate se non ho voglia di allungare il brodo.
Poi ci sono i lettori nuovi. Costoro apprezzano un sistema di racconto del tutto diverso: poca trama, molta forma, una scrittura a metà tra il suono e il parlato. Molte volte non si vuole, o non serve raccontare davvero qualcosa, perché quello che si cerca è creare sensazioni.
Tutto questo si innesta bene nella fantascienza, perché assomiglia molto al rock progressivo più ermetico. Tra i due stili c’è la stessa differenza che nell’arte figurativa passa tra i Preraffaelliti e Picasso.
Se dovessi dire la mia impressione è che esiste una categoria di scrittori (ben rappresentati nel Fiore) che si pongono più o meno a mezza strada tra le due situazioni.
Insomma, l’Antologia Il fiore della Quintessenza ha tutto per essere un successo.
Questi sono gli Autori dell’antologia: Donato Altomare, Linda De Santi, Andrea Viscusi, Giovanna Repetto, Alessandro Forlani, Tea C. Blanc, Lorenzo Davia, Ilaria Petrarca, Davide Del Popolo Riolo, Laura Marinelli, Maico Morellini, Riccardo Vezza, Irene Drago, Salvatore Vita, Serena M. Barbacetto, Ernesto Gastaldi, in stretto ordine di apparizione.
Sergio, tra i racconti non citati e tra gli Autori non citati, c’è anche il tuo prologo, che a tutti gli effetti fa parte della seconda generazione stilistica. Anche se in qualche modo mi ricorda parecchio Kafka: il che significa che di nuovo non c’è mai davvero nulla.
Sergio: È proprio vero. Cambia sempre e solo la forma. “L’importante è essere fedeli alla propria immaginazione”, come diceva Borges.
Io: Sergio tu hai mescolato, direi sapientemente, i due stili di cui sopra. Parlami di come classifichi tu i due modi di scrivere, per favore.
Sergio: Per me non è una classificazione. Piuttosto è una normalissima evoluzione del linguaggio, come ce ne sono sempre state durante la storia della letteratura. Poi si può discutere sul fatto che l’evoluzione non sempre è un miglioramento. Ma questa è un’altra faccenda. Io faccio parte di una generazione di mezzo, quella a cavallo tra due epoche: prima e dopo internet. E quelli come me riescono ad apprezzare il cambiamento senza per questo dimenticare le origini. Tuttavia, non si possono discriminare le giovani generazioni di lettori e scrittori, se non riescono a digerire i vecchi libri, anche perché alcuni sono invecchiati veramente male. Quindi sono tre le correnti. Quelli della mia generazione hanno il dovere di stare con un piede nel passato e uno nel futuro. Siamo l’anello di congiunzione.
Io: Tra gli autori che hai scelto, secondo te, in che posizione si pongono racconti come quello di Lorenzo Davia, o Ilaria Petrarca? Sono moderni, non classici. Non sono scritti nello stile nuovissimo di cui parliamo.
Sergio: Sì, ci sono racconti ibridi, diciamo così. La prerogativa dell’Anello di Congiunzione è proprio quella di ibridare, sia le correnti narrative che i vari generi letterari. Anch’io uso spesso tecniche di fusione e le trovo stimolanti. È giusto che alcuni autori cerchino di fare da tramite tra le catene generazionali.
Io: Nella collocazione dei racconti tu parti con studiato rispetto della fantascienza classica. Poi infili un po’ di ibridi e alla fine ti lanci con Riccardo Vezza, Irene Drago uno di seguito all’altra. Una sberla in faccia ai classicisti.
Sergio: Esatto. È il Multiverso! Come dico nell’introduzione, ogni racconto rappresenta un sottogenere della fantascienza, altrimenti che multiverso sarebbe? Ma adesso ogni risposta genera un’altra serie di domande. Asimov usava le stesse tecniche narrative di Verne? No. E Verne scriveva come Thomas Malory? No. Possiamo andare indietro fino a Babilonia. Questo vuol dire che, con il passare delle epoche e dell’evoluzione sociale, c’è stato un cambiamento di linguaggio, registro, tempi e modi; c’è stato un mutamento semantico e filosofico. Quindi non si capisce perché gli autori moderni debbano scrivere come Tolkien. Ovviamente, come ho detto, evoluzione non vuol dire sempre miglioramento, in termini di bellezza oggettiva, ma è una questione antropologica ovvia che l’arte debba esprimere la contemporaneità per poi diventare memoria storica. Mi sembra logico. Cosa dovremmo lasciare ai posteri, se non qualcosa per decifrare i codici del ventunesimo secolo? Molti degli autori che sono a cavallo delle due generazioni usano tecniche che in realtà ritengono obsolete e adatte a un target di pubblico più navigato, quantomeno perché sono affezionati a quel tipo di narrazione e lo ritengono ancora valido. Io personalmente adoro gli stilemi classici, come si evince da alcuni racconti che ho scritto e dal prossimo romanzo in uscita, Le Cinque Vie. Per citare un esempio che ci riguarda: Gloriosi Bastardi è piaciuto solo agli amanti del fantasy moderno e innovativo, cioè lettori a cavallo delle due generazioni o lettori giovanissimi. Col vasto panorama editoriale che c’è oggi, la cosa più importante per un autore è sapere a chi è indirizzata una determinata opera. Serve consapevolezza, anche se il target di riferimento dovesse contare solo una manciata di lettori. Parola d’ordine, quindi: cognizione, altrimenti la scrittura resta solo un hobby (con tutto l’amore che ho per i semplici appassionati).
Io: Immagino che ne paleremo in altra sede. Facenti parte del nuovo stile io classificherei più o meno a sensazione, Alessandro Forlani, Riccardo Vezza, Irene Drago. Tu come li vedi? A parte il tuo racconto, di cui abbiamo detto.
Sergio: Sì, nella raccolta ce ne sono anche altri scritti in uno show don’t tell puro. Ce ne sono alcuni che sono veri e propri ibridi e altri ancora che usano una narrazione classica. Andiamo dal perfetto stile ultramoderno di Forlani, al perfetto stile classico del giallo extra dimensionale di Gastaldi. Ognuno tocca temi diversi, usando stili diversi e sottogeneri diversi. Ogni racconto è un universo a sé. Era questa la sensazione che volevo suscitare nel lettore e che avevo in mente quando ho pensato al progetto. Spero di esserci riuscito.
Io: È vero: quello di Gastaldi è un racconto davvero molto interessante con l’utilizzo di mondi bi, tri, e pluridimensionali… Volevo però parlare del racconto di Salvatore Vita. Mi è piaciuto moltissimo, come tu ormai sai, perché te lo ho già detto: è come se fosse lo sviluppo ben fatto, del primo racconto che ho pubblicato io con Vittorio Curtoni nel lontano 1976: Galatto Tour. Tra l’altro Galatto dovrebbe essere pubblicato nella nuova antologia di Vanni Mongini, I miei compagni di viaggio da ieri a oggi, assieme a un racconto nuovo. Ma, dicci un po’ a questo punto, dei progetti che hai tu in ballo: so che hai avuto un successo incredibile dopo l’uscita di True Legends e Gloriosi bastardi…
Sergio: Abbiamo avuto…
Io: Tu più di tutti. O sbaglio?
Sergio: Solo perché ho avuto più tempo degli altri. A ogni modo è prevista l’uscita del mio romanzo high fantasy Le Cinque Vie per Tabula Fati, poi il doppio racconto per l’antologia I miei compagni di viaggio da ieri a oggi, per Scudo. Quindi il racconto scritto a sei mani, Anargiri, inserito nell’antologia Santi e Demoni Italiani, per Les Flaneurs Edizioni. L’uscita all’estero per Independent Legions di un mio racconto horror nell’antologia New Italian Horror. Queste sono le cose di cui sono sicuro per quest’anno. Poi ci sono altre commissioni e racconti da scrivere. C’è il secondo volume di True Legends, e c’è un romanzo thriller che prevede anche una sceneggiatura di cui al momento non posso parlare.
Io: Be’, parlacene appena puoi. Vuoi aggiungere altro?
Sergio: Sì, in realtà faccio anche il ghostwriter…
Io: Ah! Questa è nuova.
Sergio: Eh! Con la poca certezza economica che c’è nell’editoria italiana, è chiaro che questo è uno dei pochi metodi per ricavare qualche quattrino dalla scrittura. C’è chi insegna scrittura creativa, chi fa l’editore, chi fa l’editor… Io ho indossato il lenzuolo bianco e faccio il ghostwriter. Mi piace stare dietro le quinte.
Io: Va bene. In bocca al lupo e ci sentiamo per le tue prossime pubblicazioni.
Sergio: Grazie per il tempo che mi hai dedicato, Franco.
Il Fiore della Quintessenza è edito da Ali Ribelli ed è anche in gara tra le Antologie di Fantascienza nel prossimo Premio Vegetti.