Quest’anno, in una cerimonia tenuta esclusivamente online, il premio Nebula per il miglior romanzo è andato a Network Effect di Martha Wells.
Il romanzo non è ancora disponibile in italiano, ma si tratta di una avventurosa saga spaziale, un po’ vecchio tipo, ma con un personaggio davvero molto nuovo stile e un’atmosfera divertente.
Quando Murderbot parla di sé, lo fa al femminile nella traduzione italiana, ma non è così nella versione originale inglese, dove semplicemente viene usato il pronome ‘it’, esso, neutro di cosa, o animale, o robot.
Come spiega Steve Mullis su NPR:
Murderbot è una canaglia di robot, una Security Unit (SecUnit in breve) che si è hackerata da sola per essere libera. È come Numero 5 di Corto Circuito ma senza il fulmine; un Terminator senza il viaggio nel tempo; e un po’ il tenente comandante Data di Star Trek, senza bisogno, e nemmeno la voglia, di diventare più umano. In effetti Murderbot (che si è dato il nome da solo a seguito di un sanguinoso incidente del passato) possiede già molte qualità umane. E anche alcune parti organiche. Però non gradisce molti esseri umani. Preferirebbe essere lasciato in pace a guardare in silenzio i suoi programmi TV preferiti. (Il che lo caratterizza moltissimo.)
I primi quattro romanzi brevi raccontano in pratica tutto quanto: Murderbot fa i suoi primi passi fuori controllo, salva delle persone, scopre cose del suo passato e si interroga su quale possa essere il suo posto nel mondo. Possiamo considerare i primi libri come episodi di una miniserie televisiva in quattro parti, ma Network Effect è invece il film grosso, quello con un grande budget e vi garantisco che non è meno divertente.
Detto en passant, questo problema dei pronomi detti non binari sta diventando sempre più complicato da gestire: personalmente sono stato addirittura ripreso da Mary Robinette Kowal quando le avevo fatto notare revisionando un suo libro, che sarebbe stato un bel problema tradurre in italiano un suo passaggio contenente significativi pronomi non binari. Mi ha risposto che era “molto più di un problema: era questione di rispetto.”
A ogni modo, tornando al nostro romanzo, abbiamo già detto in altri articoli di quanto sia stramba questa Macchina assassina che adesso ha vinto il Premio Nebula 2020.
Ricaviamo il piccolo incipit dai già pubblicati in Italia Diari della Macchina Assassina, secondo la bella traduzione di Stefano A. Cresti:
Dopo aver hackerato il mio modulo di controllo sarei potuta diventare un’efferata macchina assassina, poi però mi sono accorta che avevo accesso ai segnali combinati di tutti i canali di intrattenimento caricati sui satelliti aziendali. Da allora sono passate ben più di 35.000 ore o giù di lì, senza grandi efferatezze ma con tipo… Ecco… Poco meno di 35.000 ore tra film, serie tv, libri, giochi e musica. Come efferata macchina assassina ero un totale fallimento.
In questo romanzo la scrittrice Martha Wells, si lancia dunque in un’avventura molto più completa di quelle che aveva fin qui proposte.
Lo stile è sempre lo stesso: Murderbot parla sempre in prima persona e con quel sottile umorismo che ben si può intuire dalla sua descrizione.
Ci dice molto giustamente Chiara in una recensione tratta da La Lettrice sulle Nuvole:
La caratterizzazione è fatta benissimo, dietro la scorza indifferente e strafottente si nasconde una fragilità che non sa neanche lei di avere, un bisogno di conferme, di compiacere. E tutto è gestito benissimo, senza retorica né buonismo, ma con grandi dosi di ironia.
Devo confessare che questo tipo di romanzi mi piace molto più di ciò che al momento va per la maggiore, soprattutto in Italia, e il premio per Martha Wells mi fa sperare molto bene per il futuro della fantascienza.
nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.