Se conoscete Alessandro Bartezzaghi, allora sapete che è un raffinato enigmista, figlio del famoso Piero Bartezzaghi, di cui, un tempo, tutti aspettavano il famoso cruciverba su La Settimana Enigmistica. Oggi, di quello stesso famoso giornale, Alessandro è il Direttore Responsabile. Su questo sito abbiamo già ospitato altre storie di Alessandro che tra l’altro ama la fantascienza. L’ho conosciuto quando alcuni anni fa, aveva deciso di aprire una palestra enigmistica su Internet e lì ho capito la qualità della sua mente le mille iniziative che fanno parte del suo carattere. Questo pezzo non è di fantascienza, ma il mistero e la sacralità che si cela dietro a questo racconto mi hanno convinto a chiedere ad Alex il permesso di pubblicarlo su Nuove Vie. E infatti eccolo qui…

F.G.

 

C’è una storia che coltivo da giorni, ma non mi decido mai a scrivere. È perché ha qualche sfaccettatura e ho paura di perdermi in mille rivoli e parole. Vediamo un po’.

Poche cerimonie avevano la potenza suggestiva e solenne della celebrazione dell’Ufficio delle Tenebre, che si teneva nella Cappella Sistina nei tre giorni precedenti la Pasqua. Il rito veniva celebrato anche in molte altre chiese, ma in quella collocazione così suggestiva, alla presenza del Pontefice, si svolgeva in maniera davvero ieratica, misticismo assoluto. Da una parte della Cappella si riuniva il clero, dall’altra parte un ridotto pubblico di fedeli, separato dai porporati dal muretto con grata che divide in due quel grande e suggestivo luogo.

Tutta l’immensa sala era in penombra, rischiarata solo da 15 grandi candele fissate su un candeliere triangolare, la saettia. Col procedere delle preghiere, e della recita dei salmi, progressivamente le candele venivano spente, finché ne restava solo una, accompagnata dall’ultimo salmo. Poi, si spegneva anche quella. Nell’oscurità i porporati si distendevano a terra, bocconi, in richiesta di perdono. Poi il coro della Cappella, collocato su un balconcino sopraelevato, coro composto rigorosamente da maschi con voci più o meno acute, intonava il salmo del Miserere. Abbi pietà di me, Signore, per la tua grande misericordia…

Vabbè, direte… Eh, il fatto è che di quel Miserere erano state realizzate varie versioni corali, finché nel 1630 un maestro di Cappella di nome Gregorio Allegri era riuscito a comporne uno impressionante. Il coro si divideva in due “sotto cori” che dialogavano, su una sequenza monocorde ma molto ben studiata che, a detta di tutti, raggiungeva una perfezione angelica. Ora sappiamo che in sé e per sé era una bella composizione, ma come altre; il fatto è che il coro della Cappella aveva tutta una sua tecnica di abbellimenti, acuti, tempi di esecuzione, trucchi canori che rendevano questo brano unico.

Unico e memorabile, anche perché veniva cantato due sole volte all’anno, punto e basta.

Ora, digitate “Miserere di Allegri” su YouTube o dove vi pare, prendete un attimo di pazienza e ascoltatene pochi minuti: converrete che nella Cappella Sistina, al buio, in quell’atmosfera di capolavori e di espressione della Chiesa ai suoi massimi livelli di ostentazione, i cardinali distesi bocconi a terra… beh, un minimo di pelle d’oca viene.

In più vi imbatterete in un acuto.

Oddio io non mi intendo di musica, non so spiegare, ma immaginate una specie di picco altissimo, che svetta con una purezza di ghiaccio e cristallina e ti lascia l’animo in qualche modo turbato, in subbuglio. Ecco. Ora, non si sa bene se questo acuto venisse riprodotto ai tempi o se è una variante più recente, ma anche senza questo virtuosismo l’insieme davvero merita.

Bene, la composizione era così leggendaria che il Papa aveva emanato una Bolla per cui era assolutamente vietato riprodurre la partitura e portarla all’esterno. Doveva rimanere segreta, pena la scomunica. Solo due partiture erano state graziosamente concesse a due grandi Corti europee, ma senza le infiorettature del Coro della Cappella, l’effetto veniva a mancare. E comunque, il Miserere di Allegri non si poteva copiare!

Capitò però che nel 1770, la notte dell’11 aprile, tra il pubblico vi fosse un ascoltatore particolarmente attento, e anche decisamente agguerrito. Ascoltò, tornò a casa e a memoria trascrisse la sequenza delle note. Dopo due giorni, alla seconda e ultima esecuzione, ci tornò e perfezionò l’ascolto, mettendo a punto alcune modifiche sulla prima stesura mentale. La notte stessa trascrisse la versione definitiva.

Il capolavoro dalla partitura inespugnabile era stato vinto, la memoria del nostro ascoltatore finalmente permetteva la divulgazione di quel monumento musicale. E poche sere dopo, in un salotto romano affollato di diplomatici e ignari prelati, il nostro protagonista sedette alla spinetta e suonò la musica proibita, tra la sorpresa generale.

Quel prodigioso musicista era un ragazzino, aveva 14 anni: era Wolfgang Amadeus Mozart.

Non vi furono conseguenze, non era un uomo di Chiesa e non aveva trafugato nulla, dunque non ebbe alcuna scomunica. Anzi il Papa, un po’ divertito e un po’ colpito dall’eccezionalità della cosa, conferì al giovinetto un’onorificenza vaticana.

Quanto alla musica… ormai tutti i migliori cori ne hanno fatto una versione e beh, vi consiglio di sentirne almeno un pochino, per me ne vale la pena.