Autore: Mona Farnsworth
Prima pubblicazione: Doc Savage, novembre 1940
IN SEGUITO, Prescott non sarebbe stato capace di spiegare perché, mentre stava infilando un paio di pantaloni di lino in una sacca, si fosse girato a guardare la porta. Niente si era mosso. La stanza era tranquilla, nell’immobile tranquillità che scende a mezzogiorno su un’isola vicina all’Equatore. E non c’era stato un solo rumore. Nessun tenue sussurro insidioso. Nessun pesante tonfo sordo.
Eppure quando Prescott girò la testa di scatto… il serpente era là. Un boa constrictor. I suoi occhi erano fissi sulla gola pulsante dell’uomo. Le sue spire spesse come braccia sembravano mosse da muscoli interni a molla.
Prescott non si mosse, come colto da una paralisi quasi istantanea. Le sue ginocchia spingevano la sacca, la testa piegata a fissare il serpente. E pensò a Dirk. Ma Dirk era andato via. Aveva lasciato la casa – questa casa indigena a due stanze, col tetto di paglia, costruita su palafitte. Palafitte. Le palafitte servivano a tener lontani i serpenti. E allora questo com’era entrato? Nei sei mesi che Prescott e Dirk avevano passato nella casa nessun serpente era mai entrato. Prescott, fissando le spire mortali, pensò ancora a Dirk. Dirk se ne era andato da una mezz’ora buona. Con il garzone che gli portava la valigia. Prescott aveva sentito le loro voci mescolate allo scalpiccio attutito dei loro piedi mentre andavano verso la spiaggia.
“Il piroscafo non arriva prima di mezzogiorno,” gli aveva gridato. E Dirk aveva risposto: “Sarà, ma non voglio rischiare di perderlo. Siederò sulla sacca fino al suo arrivo.”
La sua voce era ansiosa ed eccitata. Prescott lo aveva capito. Provava la stessa eccitazione dentro di sé, come un uovo covato. Quel piroscafo, dopo sei mesi di esilio, li avrebbe riportati a casa! A casa – e a un lavoro importante per uno di loro!
Durante il loro soggiorno sull’isola, molte volte Prescott aveva riso dell’assurdità della situazione: il vecchio Jared Thompson, il magnate, li aveva segregati laggiù, ai confini della civiltà, per testare il loro coraggio. Forse il vecchio Thompson era uno svitato; di certo era un eccentrico. Ma era anche un multimilionario. Era anche Jared Thompson, uno dei più grandi industriali d’America. E se volevi stare nella cerchia di Jared Thompson, facevi quello che lui voleva. Se discutevi, eri fuori. Era sempre prendere o lasciare con Jared Thompson.
Molti mesi prima, i due giovanotti, amici dai tempi del college, avevano saputo che Thompson stava cercando un dirigente “dall’anima di ferro” ed entrambi si erano candidati per l’incarico. Prescott aveva fiducia nella propria efficienza, sapeva che poteva farcela se ci si metteva. Sapeva anche che Dirk, con il suo personale carisma, con la sua parlantina convincente, poteva conquistare facilmente l’eccentrico milionario.
Nessuno dei due, però, sapeva fino a che punto fosse eccentrico il vecchio Jared Thompson, se non quando alla fine il magnate disse:
“Nessuno di voi due giovanotti è qualificato per questa posizione. Ma quando assumo un dirigente inesperto perché cresca nella mia azienda, non m’interessa solo quello che sa; voglio sapere di che pasta è fatto! Voglio un giovane dirigente con l’anima di ferro. Voglio uomini coraggiosi che non fanno domande, che partono e fanno. Voglio uomini che ‘hanno la grinta’, come dite voi giovani sapientoni al giorno d’oggi.”
Aveva tolto una mappa da un cassetto della sua grossa scrivania, e indicato un punticino.
“Vedete quest’isoletta? È addosso all’Equatore. Fa’ un caldo dannato laggiù. Come all’inferno. Ma un po’ di fuoco d’inferno fa bene a un giovane. Gli scioglie le scorie, lo purifica, lo prepara alla battaglia della vita. Voglio che voi due giovanotti andiate in quell’isola. Vivete là come diamine vi piace. Scoprite se siete uomini o no.”
I due giovani, stupefatti candidati si scambiarono uno strano sguardo, mentre il vecchio Thompson continuava: “Resterete là sei mesi. Mi farete una relazione” – lanciò uno sguardo al calendario – “il primo di settembre. Se lo troverete troppo pesante – se non ce la farete, o se uno di voi non ce la farà, è finita, lui o entrambi non tornate a mostrare la vostra faccia qui. Questo è tutto.” E troncò il discorso.
Il vecchio Thompson schiacciò un bottone sulla sua grossa scrivania. Lo strano colloquio di lavoro era finito.
Così, per strana che fosse la situazione, Prescott e Dirk erano partiti insieme per l’isola. Prescott aveva portato con sé una scatola di manuali e attrezzature per la ricerca radio e tv, e aveva fatto parecchi studi nel caldo infernale. Dirk aveva passato il tempo a bere, la cosa che tanto spesso distrugge gli uomini bianchi ai Tropici, e a flirtare con le più attraenti ragazze indigene. Aveva vissuto in maniera sconsiderata, in effetti. Aveva persino ucciso un giovane indigeno in una rissa tra ubriachi. Eppure il suo corpo robusto e il suo bel viso mostravano poco degli eccessi della vita che conduceva. Lui faceva qui quello che aveva fatto più o meno in ogni altro posto; camminava nella vita calpestandola, prendendo quello che voleva. Dirk, con il suo carisma, il suo sorriso smagliante e i suoi modi da principe in visita.
PRESCOTT riportò la sua mente alle spesse spire del serpente. Attesa vigile. Come aveva fatto quel maledetto a entrare? Per un secondo fugace ripensò a Dirk. Ma al momento Dirk era sceso sulla spiaggia ad aspettare il piroscafo seduto sulla sacca. Non poteva aspettarsi nessun aiuto da Dirk.
Prescott stava per muoversi… ma si ricordò del serpente in tempo. La sua unica speranza era restare immobile, del tutto immobile. Irrigidirsi, controllare i suoi muscoli contratti. Forse, col tempo, quell’enorme mostro a spirali se ne sarebbe andato. O si sarebbe addormentato. Prescott si chiedeva quanto ci sarebbe voluto prima di essere mangiato. Questo aveva molto a che fare con la possibilità che si addormentasse.
Di colpo la mente di Prescott si ricordò di Tadeto: Tadeto, l’indigeno di cui Dirk aveva ucciso il fratello nella rissa fra ubriachi. Tadeto girava da due mesi, accarezzando un coltello così affilato da tagliare un capello, e con gli occhi fissi su Dirk con un terribile, implacabile odio. Forse era stato Tadeto a introdurre il grande serpente nella casa a palafitte. Forse Tadeto aveva pensato che Dirk fosse in casa. O forse Tadeto, mezzo impazzito, odiava tutti i bianchi e bramava la loro distruzione…
Allora Prescott, fissando il serpente, si chiese se non avesse mal giudicato Tadeto. Forse Tadeto non c’entrava niente. Se avesse potuto chiamarlo… se avesse potuto alzare la voce e chiamare Tadeto, o chiunque altro…
Ma il minimo suono poteva significare la fine. Il minimo suono… drizzò le orecchie. Non c’erano suoni. Niente di niente. Neanche lo stropiccio di una foglia mossa da una brezza improvvisa.
Ma all’improvviso ci fu un suono. Il lungo, stridulo muggito del piroscafo in arrivo! Saliva, pendendo nell’aria immobile come il dondolio ondeggiante di un’eco. Il piroscafo! Prescott poté sentire il suo petto indurirsi, il suo cuore fermarsi. Il piroscafo stava arrivando! Era qui! E il serpente… Gli occhi di Prescott fissarono, fino a indolenzirsi, le spesse spire d’acciaio a guardia della porta. Non poteva scappare. Non poteva muoversi. Non poteva chiamare aiuto. Il piroscafo sarebbe venuto e andato senza di lui. E il vecchio Jared Thompson? Cosa avrebbe pensato vedendo che Dirk era puntuale all’appuntamento e lui, Prescott, era assente? Avrebbe pensato che Prescott non aveva la grinta, di sicuro. Spiegarlo in seguito non sarebbe servito a niente… non con il vecchio Jared Thompson. Il vecchio magnate “prendere o lasciare” non accettava scuse. Lui viveva sui fatti, sui risultati. Se parlavi troppo di difficoltà, lui sapeva che eri un debole, un chiacchierone, un cercascuse, non un uomo d’azione. Eri fuori dalla sua vita. E Prescott sapeva che un posto nell’azienda di Jared Thompson significava una carriera. Non avrebbe avuto un’altra occasione come questa. Un lavoro in quell’azienda avrebbe fatto di lui qualcuno. Non ottenerlo lo avrebbe distrutto. Ma Dirk stava per prendere il piroscafo e abbandonarlo lì…
Stupido! Prescott, gli occhi sul serpente, capì che la sua mente stava vagando. Il fischio di quel piroscafo lo risvegliò. Sentirlo e capire le conseguenze fu tutt’uno. Ritrovò coraggio. Di sicuro Dirk non sarebbe partito senza di lui. Quando fosse venuto il momento per il piroscafo di salpare l’ancora – si fermava all’incirca 15 minuti – Dirk avrebbe notato la sua assenza e sarebbe tornato a vedere cos’era successo. Dirk non sarebbe partito senza di lui. Dirk non lo aveva quasi mai perso di vista nei sei mesi passati insieme sull’isola. Prescott ci aveva spesso riso sopra. E una volta aveva detto:
“Santo cielo, amico, sembra che ti aspetti che ti salti addosso per non farti tornare all’appuntamento con il vecchio Thompson.”
E gli occhi di Dirk assunsero un’espressione divertita. Così che, per un fulmineo istante, Prescott aveva capito di cos’è che aveva paura: di una specie di tradimento. E Dirk aveva mormorato qualcosa al riguardo:
“Non si può mai dire. Un uomo farebbe qualsiasi cosa – tutto è lecito in questi giorni di competizione…” Ma poi aveva fatto un sorriso smagliante, così che Prescott capì che stava scherzando.
Ma ora, con gli occhi sul serpente, Prescott ripensò a tutto questo. Tutto è lecito, eh? Allora forse Dirk, vedendolo mancare alla partenza del piroscafo, non sarebbe venuto a cercarlo. Forse avrebbe pensato che era un colpo di fortuna. Vinca il migliore. A quel pensiero un’ondata di caldo pervase Prescott. Un odio per Dirk che non aveva mai provato prima. Non aveva mai trovato niente di ammirevole in lui – con il suo sorriso compiaciuto e i suoi flirt al chiaro di luna – ma finché si trattava di questo, erano fatti suoi. Prescott non ne sarebbe stato capace. Ma se Dirk poteva farle…
Ma questo era tutta un’altra questione. Tradire un amico… Se Dirk avesse davvero preso quel piroscafo da solo… Un uomo capace di una cosa del genere non sarebbe mai stato un dirigente fidato per un vecchio autoritario come Jared Thompson. Eppure avrebbe ottenuto il posto se fosse tornato là senza Prescott. Avrebbe avuto un mese intero per prepararsi il terreno prima che Prescott potesse mettergli le mani addosso. Perché Prescott, anche se fosse sfuggito al serpente, ci avrebbe messo un mese prima di poter prendere un altro piroscafo.
Prescott, gli occhi dolenti sul serpente, si sentì raggelare la spina dorsale. Il serpente si stava muovendo. In maniera impercettibile, ma si muoveva. Le spesse spire si piegavano come olio colante. I muscoli di Prescott s’irrigidirono. Ma, quasi automaticamente, la sua mente pensò ancora: come diamine è entrato qui quel serpente?
E di colpo, come in risposta, il lungo, forte muggito del piroscafo ritornò. Se ne stava andando! E Dirk non era tornato per scoprire cos’era successo. Dirk se ne stava andando senza di lui. Maledetto Dirk! Una rabbia furiosa montò e prese il sopravvento su Prescott. E di colpo capì com’era entrato lì il serpente! Lo capì fin troppo bene. E quella consapevolezza lo riempì fino al midollo di una rabbia selvaggia.
Il serpente si mosse ancora. Il muggito del piroscafo in partenza era diventato un’eco. Gli occhi di Prescott si staccarono dalle spire erette del serpente quanto basta per individuare un coltello indigeno ricurvo infilato in un fodero appeso al muro. 45 centimetri troppo lontano. Se avesse potuto saltare… afferrarlo… Una speranza esile, ma non aveva altro.
Prescott fece un profondo respiro. Si lanciò verso il coltello sul muro. Il serpente scattò. L’impatto del suo corpo fece perdere l’equilibrio a Prescott. Rotolò sul pavimento. Lottò, pugnalò, colpì quelle spire soffocanti. Sentiva la lama penetrare nei fitti muscoli. E anche il serpente la sentì. Il suo corpo vibrò come una frusta. E i suoi muscoli possenti s’irrigidirono in una frenetica e disperata agonia. Prescott sferzò frenetico – lottava solo per tenere libero il braccio con il coltello. Libero di colpire, tagliare e pugnalare quei brutali muscoli sfiancanti. Se avesse potuto colpire la testa… ma l’istinto del serpente spingeva indietro la testa, fuori dalla sua portata. Aspettava il momento per lanciarsi sulla gola dell’uomo, avvolgeva stretti i suoi muscoli possenti, gli toglieva a poco a poco il fiato vitale. Prescott si sforzava di combattere. Stringeva il coltello e colpiva con ogni grammo della sua forza stremata.
La testa del serpente si scagliò verso la sua gola. Il coltello di Prescott scattò. E nello stesso momento scattò il pensiero che in quel cieco, frenetico istante avrebbe potuto fendere la propria gola insieme alla testa del serpente. Per un momento eterno, sentendo i muscoli cedere e staccarsi sotto la lama tagliente, si chiese a chi dei due stava capitando, a lui o al serpente? Poi sentì le spesse spire afflosciarsi. E anche il suo corpo si accasciò insieme a quello del serpente moribondo.
Ma lui saltò in piedi. Scalciò il mostro. Corse alla porta. Poi lungo il pietroso sentiero coperto di foglie che portava alla spiaggia. Ma a metà strada si fermò. Il piroscafo era partito. Scomparso dietro l’alto promontorio che sorvegliava il mare aperto. Un pennacchio di fumo nero mulinava pigramente contro il cielo azzurro. Prescott non si mosse. La debolezza saliva lungo le ginocchia. Si toccò la gola. La mano si ritrasse insanguinata. Allora si era tagliato. Ma non importava. Niente importava.
Bestemmiò, mentre il sangue colava dalla gola sulla sua camicia. Bestemmiò, sentendo il completo e amaro sapore della sconfitta.
E poi, a un metro e mezzo da lui, vide i suoi occhi. Gli occhi di Dirk, fissi su di lui. Prescott scostò i rami del basso albero e lo trovò. Infilzato al tronco da una potente freccia indigena. Morto stecchito.
Non sentì alcun rametto spezzato o fruscio di foglia, ma Prescott, voltandosi, sapeva che avrebbe trovato Tadeto. Lo fissò dicendo:
“Lo hai ucciso perché…” Vide Tadeto annuire. Poi vide, nell’ombra oscura, il petto dell’uomo. Lo vide bagnato di sangue intorno al buco di proiettile troppo vicino al suo cuore. “Dirk… ti ha sparato…”
“Prima di morire. Non poteva lasciarmi vivere. Io… sapevo del serpente. Ho visto che lo metteva là…”
La mano dell’uomo si abbassò. Poi la rialzò. “Un uomo malvagio tradisce i suoi amici.”
Ma Prescott non stava ascoltando. Stava pensando: ‘Se corro verso la spiaggia, se sparo con la mia pistola mentre corro – il piroscafo non potrà fare a meno di sentirmi – non possono fare a meno di mandare una scialuppa in risposta a un segnale così disperato…’
Corse – la pistola in mano – gli spari spezzarono l’aria silenziosa. E poi, ancora una volta, il lungo muggito del piroscafo rispose. E capì che il piroscafo stava ritornando per lui.
Traduzione © 2024 by Mario Luca Moretti
Immagini by AI, Microsoft Designer
Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano