Mario Luca Moretti ci regala questa sua ulteriore scoperta tra il materiale di Astounding Stories dell’anno 1934, opera di uno scrittore di cui non siamo riusciti ad avere alcuna informazione. Come sempre aspettiamo il giudizio dei nostri lettori.

 

IL DENTE

Autore: Neil Moran
Titolo originale: The Tooth
Prima pubblicazione: Astounding Stories, aprile 1934

                

Il vecchio scienziato guardò la ragazza con tenerezza.

“Lo ami davvero tanto, cara, non è vero?”

“Sì, e credo che lui mi ami. Ma lui non lo sa, dottor Radley. Cosa dovrei fare?”

“Non ho idea di cosa potresti fare, Lois,” disse lo scienziato. “Bob è un uomo strano. Ma puoi venire con me stasera. Ha un appuntamento con me per togliermi un dente.”

“Perché dovrei venire?” chiese Lois.

“Be’, ho la sensazione che potrebbe succedere qualcosa di straordinario,” disse lo scienziato con aria misteriosa. “Forse Bob capirà di essere innamorato.”

Qualunque cosa il dottor Radley intendesse dire, Lois non lo sapeva, ma sapeva che lui era un uomo straordinario. Vecchio amico del suo defunto padre, era per lei sia consigliere che confidente, al quale aveva riservato molti segreti.

Mentre sedeva sulla sua sedia girevole, dopo che lei se ne fu andata, c’era un sorriso sul suo viso.

Si alzò, si spostò in pantofole lungo il pavimento della biblioteca, si fermò davanti a una fila di libri. Ne scelse uno e vi scorse pigramente le dita. Poi lesse.

Lesse per 25 minuti e poi, chiudendo il libro, si alzò sogghignando.

Quella sera, quando lui e Lois Lane entrarono nella sala d’attesa, Garney uscì dal suo ufficio e ci guardò dentro.

“Sarò subito da lei, dottore,” disse. “Oh, ciao Lois! Non sapevo che tu fossi qui.”

“Be’, ci sono,” rispose lei. “Il dottor Radley pensava che dovessi tenergli la mano.”

“Non c’è bisogno che gli si tenga la mano,” disse Garney. “Non farà male – non molto,” aggiunse. “Lo sa, dottore, che il dente va tolto.”

“Così hai detto tu, così hai detto tu,” disse Radley, scuotendo la testa. “Ho una sensazione davvero buffa riguardo a tutto questo.”

“Cioè?”

“Be’, te lo dirò quando sarai pronto. E non pensare che sono pazzo!”

Garney tornò in ufficio pensando che il vecchio stesse solo vaneggiando. Gli piaceva Radley, ma sapeva che era un tipo strano. Un uomo brillante, uno scienziato stimato in patria e all’estero, ma con la reputazione di uno che le sparava grosse.

Ma allora Garney non sapeva tutte le cose che sapeva Radley. Ad esempio, Garney non era mai stato in India. Il dottor Radley sì. Là aveva appreso l’arte dei fachiri, e ora lui stesso poteva fare cose straordinarie. Ma non le faceva mai per i suoi amici. Parlava di ciò che aveva visto, spesso provocando un’incredulità che ogni tanto si trasformava in ilarità.

Ora, seduto su una poltrona di fronte a Lois, guardò dritto nel suo occhio. Un occhio. L’occhio destro. Lo fissò finché lei non sorrise.

“Va tutto bene?” chiese lei. “Oppure il dottore vede qualcosa che non va?”

 “Tu sei a posto, mia cara. Perfettamente a posto. Ma fissi quella luce, Lois.”

“Perché?”

“Tu fissala.”

Lei obbedì, chiedendosi che cosa lui avesse in mente, ma d’altronde si sapeva che il dottor Radley era un uomo strano.

“C’è qualche folletto che sta per saltar fuori e spaventarmi?” chiese lei.

“Non un folletto, non credere ai folletti, mia cara. Ma fissa la luce.”

Lei continuò a farlo, ridendo, come se fosse uno scherzo. Poi Radley si alzò all’improvviso e si diresse verso la ragazza. Guardava in giù.

“Lois,” disse, “non aver paura, mia cara. Sto solo per metterti sotto il mio controllo. Ora, Lois, voglio che ti alzi e vieni con me nella stanza accanto. Voglio che ti sieda in poltrona e resti molto tranquilla. Subito dopo io e Robert entreremo. E poi, mia cara, sperimenterai qualcosa di veramente meraviglioso.

Obbediente, Lois fu condotta fuori dalla stanza.

Il vecchio scienziato stava sfogliando una rivista fischiettando, quando Garney entrò.

“Dov’è Lois?” chiese.

“È andata nella sala accanto,” rispose Radley.

“E perché c’è andata?”

“Non lo so. Ha detto che voleva andare là e sedersi.”

“Non riesco a capire quella ragazza,” disse Garney. “Sa, dottore, a volte penso che lei sia…”

“Oh, andiamo, Robert, lo sai che ti piace.”

“Certo che mi piace. Ma perché è andata là?”

“Solo a sedersi.”

“Ma è una stanza così cupa!”

“Be’, forse voleva incupirsi.”

Radley si alzò, mise da parte la rivista, diede una pacca sulla spalla del dentista, e lo seguì fuori.

“Dimmi Robert, non mi farai male, vero?”

“Finirà in un baleno. Non si accorgerà neanche di toglierlo.”

“Voi dentisti siete tutti degli ottimisti,” disse il vecchio scienziato, “e anche dei simpatici bugiardi. Ora, tu sai molto bene che…”

“Ma non le farà male, dottore. Le darò la novocaina. Certo, se vuole il gas, si dimenticherà persino di essere qui. Che ne dice del gas e magari di un bel sogno?”

“No; ho già fatto il mio sogno,” disse Radley. Si girò. “Robert” – afferrò la mano del dentista – “è questo sogno che oggi mi ha fatto cercare qualcosa in un libro. Ho avuto una premonizione, Robert. Ora voglio vedere se è vera. Sono ansiosissimo di vedere questo dente.”

“Lo vedrà, come vuole,” disse Garney, preparando i suoi attrezzi. “Che cos’è? Una delle sue vecchie storie?”

“Che cos’è cosa?”

“Questa storia del dente.”

“Oh, quella,” disse Radley, e ridacchiò. “Be’, aspetta fino a che non lo vedi. E poi mi dirai se sono pazzo, ragazzo mio.”

Garney rise e si mise al lavoro. Non si preoccupava per Radley. Sognasse pure. Radley voleva sempre fare il suo scherzetto. Ma, mentre il dentista cercava di estrarre il dente, avvertì qualcosa.

Forse era la sua immaginazione, ma gli sembrò di essere colto da una forte vibrazione dalla testa ai piedi.

“Questa è strana,” mormorò.

“Te l’avevo detto…” biascicò Radley.

“Non parli, dottore. Eccolo!”

Alla fine, il dente cedette dopo un forte strappo. Garney disse allo scienziato di risciacquarsi la bocca.

“Grandioso,” disse. “Guardi! Brutto come la fame, e che ascessi aveva… Che c’è dottore?”

“Fammi vedere quel dente,” disse Radley.

Si alzò, prese il dente, lo tenne in alto e si girò.

“Ora, Robert,” disse, “la cosa straordinaria è successa. Ora voglio che vieni nella sala d’attesa.”

Adesso questo è troppo, pensò Garney. Lo scienziato non poteva dirgli niente sul dente. Non era successo niente di straordinario, perché Garney aveva visto ed esaminato il dente già prima. Ma il vecchio scienziato era così misterioso quella sera – più del solito – che Garney lo seguì nella sala d’attesa, pronto a dirgli di piantarla. Poi si fermò.

Radley lo stava guardando con occhi penetranti.

“Siediti Robert,” disse. “Certo penserai che sono pazzo. Ma ricorda, Colombo fu chiamato pazzo, e furono chiamati pazzi altri uomini che poi dimostrarono di non esserlo. Ora guarda quella luce.”

Garney la guardò.

“Vedi qualcosa d’insolito in quella luce?”

“Niente.”

Ma Garney cominciava a essere nervoso.

“Bene, allora ascolta, Robert.” Lo scienziato fece un passo avanti. La sua voce era bassa. “Ora guardami, Robert.” Sembrava che parlasse a un bambino. Garney lo guardò.

“Ora, Robert, la mia volontà è più forte della tua, e tu le sei sottomesso. Senti sonno, non è vero? La tua mente è vuota.” Radley passò la mano sulla testa del dentista. “Ecco, ragazzo mio, ora ti dirò cosa voglio da te. Cammina fino alla stanza dove si trova Lois. Siediti su una poltrona. Ti seguirò. E allora ti racconterò la storia del dente.”

Garney si alzò, eseguì gli ordini; e la ragazza seduta in una stanza con una sola luce accesa, non si accorse nemmeno del loro ingresso.

“Ah, è piacevole qui dentro,” disse Radley. “Cupa, ma piacevole. Almeno, io la trovo così. Certo è paradossale. Ma poi… Siediti, Robert. La vedi Lois, vero? Lois, questo è Robert. Ora guardatevi l’un l’altra. E adesso voglio che vi chiniate e guardate che cosa ho qui.”

Come automi, si piegarono e fissarono. La stanza sembrò rabbuiarsi. L’atmosfera era tesa. In quel momento qualcosa scosse Radley, perché di scatto si guardò in giro. Aveva un dente in mano, un dente che era stato nella sua bocca per molti anni, ma che lentamente era marcito. Ma ora quel dente sembrava bruciare le sue dita. Questo non gli piaceva. Suppose che lui stesso si stesse immaginando qualcosa.

“Guardate qui,” disse indicando. “Vedete questo dente?” Fissò, e così gli altri, il dente sotto la luce fioca. “Ecco, ci sono altre persone qui!” disse, mentre un gas sembrava pervadere la stanza.

Garney ansimò. Era la sua immaginazione, o tutti e tre vedevano una nuvoletta del tutto simile a quella diffusa dal flash di un fotografo? C’era un odore acro nella stanza. O se lo immaginavano?

Radley si contorse sulla sedia. La cosa non gli piaceva. Era come se un boomerang gli tornasse sulla testa, tirandogli un brutto scherzo; perché gli sembrava che fosse qualche altra strana creatura nella stanza, qualcosa che avvertiva ma che non poteva vedere. Qualcosa che sembrava avere un potere più grande del suo.

Allungò un dito. “Che cos’è?” disse. “Oh, solo un sipario, Robert. Bene, Lois – guarda Lois! Vedi che cosa c’è in quel dente? Ti dirò che cosa c’è. Un villaggio. Un villaggio che è esistito davvero, ma molto tempo fa. Vedi! Ci sono indigeni che corrono in giro. E quello – quello è il capo. Lo vedi, Robert, non è vero?”

“Sì,” disse il dentista. “Sì!”

“E tu lo vedi, vero Lois?”

“Sì, certo!”

Radley si guardò in giro. Voleva liberarsi di quella sensazione insidiosa. Doveva essere quella a mettergli agitazione.

“Ora vi racconterò” disse, “la storia di quel dente. Ti ho detto, Robert, che ho avuto una premonizione in un sogno. Capii che portavo in bocca un dente che era stato tramandato dalle genti attraverso i secoli. Un dente del cui potere i suoi antichi proprietari non hanno mai sospettato. In origine era nella bocca di un uomo che era sotto l’incantesimo di un mago malvagio. O non credi a certe cose, Robert? Lo sai, un tempo esistevano gli stregoni. Ebbene, il mago poteva tenere l’uomo sotto incantesimo solo finché il suo dente era malato. Morì a causa del cattivo stato del suo dente. E il mago disse che il dente avrebbe attraversato i secoli e che si sarebbe ammalato in coloro che l’avrebbero avuto e che la sfortuna li avrebbe sopraffatti. E che alla fine un vecchio sarebbe morto se non si fosse tolto il dente. E quell’uomo sono io, Robert. È stato tolto in tempo. E nel sogno ho visto ciò che era successo – che tutti coloro che vivevano in quel villaggio erano stati messi dentro il dente. E guarda, guarda! Adesso sono lì, Robert! Guarda il capo!”

“Lo vedo!” disse Garney.

“Anch’io!” disse Lois. “Dottor Radley, stiamo guardando un altro mondo.”

“Sì, mia cara. E ci stiamo entrando.”

“Ma non possiamo farlo!” gridò Radley. “Pensi a Lois!”

“Sto pensando a lei,” disse Radley. “Robert e Lois, stiamo per entrare in quel mondo, ora, ma dobbiamo evocare le forze invisibili perché ci indichino la nostra via. Aiutateci! Aiutateci, ovunque voi siate!” gridò Radley. “Vogliamo andare là!”

Una folata di vento entrò dalla finestra, rovesciando un vaso. Le tende si gonfiarono. L’odore acre si sentì di nuovo nella stanza.

Era una voce quella che sentivano?

“Voi ci avete chiamato!”

E poi, quando Radley chiuse gli occhi, che lo avesse immaginato o no, fu come se la stanza andasse in fumo; gli sembrò di fluttuare nell’aria; sembrava che i gas lo avvolgessero – e poi, di colpo, guardò in alto.

“Vedete?” disse. “Siamo qui, Rrobert e Lois, in questo strano paese. E quello è il capo.”

Robert e Lois videro il capo. Veniva verso di loro. Era un tizio grande e grosso, con labbra sporgenti e occhi scintillanti. Teneva una mazza, che roteava persino con maestria. Si fermò.

E di colpo vide una donna. Una donna d’aspetto insolito. Una donna bella. Corse verso di lei.

Lois si ritrasse. Garney le restò vicino e la circondò con un braccio. Quando il capo alzò la sua mazza, il braccio di Robert si strinse ancor più.

E poi gli giunse la voce dello scienziato.

“Vieni, Robert, dobbiamo andarcene da qui! Possiamo trovare la via del ritorno.”

Di nuovo sembrò che i gas li avvolgessero. Ci fu di nuovo quella nuvoletta; sembrava che fluttuassero in aria – e un momento dopo stavano guardando il dente sul tavolo.

Radley era seduto sulla poltrona. Garney circondava Lois con il braccio. La sua testa era contro la guancia di lei. D’impulso, lui si voltò a baciarla.

“Tu la ami, non è vero?” chiese Radley.

“L’ho sempre amata,” rispose Garney.

Allora Radley si alzò e si mise il dente in tasca.

“Vieni, Robert,” disse. “Vieni, Lois.”

Passò la mano davanti a loro, e loro sbatterono gli occhi.

Il braccio era intorno a lei, e Garney la guardava negli occhi.

Ma mentre se ne stava andando, nemmeno Radley era del tutto sicuro di quello che era successo.

Traduzione © 2024 by Mario Luca Moretti
Immagini by AI, Microsoft Designer

 

Mario Luca Moretti
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Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano