Come eravamo: (Prima pubblicazione: Nova SF*, Perseo Libri, Gennaio 2004). Nel testo qui riportato sono state introdotte alcune piccole modifiche.
Antonio Bellomi, alias Jack Azimov – e capirete perché

In realtà ho sempre letto fantascienza fin dall’età di prima lettura. Solo che non sapevo ancora che si chiamasse così. Come è successo per tanti appassionati anch’io abitavo in un paese, Garbagnate Milanese, contatti sociali nulli, a parte i due mesi estivi in montagna a Serina (BG) dove mi scatenavo in partite a pallone e passeggiate col “branco”.

[singlepic id=39 w=150 h=220 float=left]Dunque vivendo in un paese e sognando come tutti i ragazzi di quell’età, situazione aggravata dal fatto di essere un Acquario e quindi incline più al meditare che al fare, ho cominciato a leggere tonnellate di libri, quasi tutto Salgari, i classici della gioventù, da Robinson Crusoe (per inciso il mio primo libro in assoluto, letto cinque o sei volte di fila) a Incompreso (lettura forzata da parte dei miei che erano stufi di vedermi leggere solo di arrembaggi e pirati), e naturalmente Verne con le sue macchine fantascientifiche, nonché diversi fascicoletti della Sonzogno d’anteguerra, appartenuti a mio padre e decisamente fantascientifici: I pirati dell’aria di Pierre Vernou, Il Capitano Corcoran di Assollant e altri “gioiellini” oggi introvabili che farebbero la gioia di qualsiasi collezionista. (Non venite a rubarmeli, li ho ancora ma così ben nascosti che neanch’io riesco a trovarli).

[singlepic id=40 w=150 h=220 float=right]La prima avventura targata autenticamente fantascienza è stata un Urania, L’Atlantide svelata, di Emilio Walesko. Dicono che è un’opera mediocre, ma a me ancora oggi sembra un capolavoro. Potenza dell’immaginifico giovanile! E da allora è stato un diluvio, di cui è inutile fare l’elenco.

Nel frattempo scrivevo racconti di fantascienza. Allora avevo un giardino enorme dove io e mio padre avevamo edificato un capanno per ospitare tutti i libri che ormai in casa straripavano. Qui andavo per studiare e per scrivere di nascosto racconti di fantascienza. Tentativi primitivi certo ma che sono serviti come base di partenza per arrivare finalmente al primo racconto professionale.

oltre_il_cieloQuesto fu Un piano perfetto, uscito sulla mitica Oltre il cielo, n. 105 che portava la data dell’1/15 giugno 1962, ma che probabilmente è uscita più tardi, perché le uscire di OiC erano sempre ritardate. Raccontino mica male per un principiante d’allora. Adesso i principianti nascono col microchip della fantascienza incorporato e sfornano libri perfettini, anche se quasi sempre illeggibili.

Cesare Falessi

Cesare Falessi

Falessi, il direttore della rivista, pubblicò il racconto senza neanche avvertirmi così quando acquistai il numero di OiC e aprii la rivista quasi mi venne un colpo. Ero al mare, a Cesenatico e dovetti sedermi su una panchina e rileggere da cima a fondo il mio immortale capolavoro. Chissà se anche agli altri autori è capitata la stessa cosa. Su Oltre il Cielo pubblicai qualche altro racconto, ma di soldi non se ne vedevano e io volevo arricchirmi con la fantascienza.

Roberta Rambelli, by Festino

Roberta Rambelli, by Festino

Intanto cominciai a conoscere le persone del giro. Il simpatico Giuseppe Pederiali che mi è sempre rimasto amico negli anni e tanti altri per corrispondenza: Sandro Sandrelli, Piero Prosperi, Gianfranco de Turris. A Milano conobbi anche Roberta Rambelli, una bella signora che scatenò i miei ormoni quando l’andai a trovare con Pederiali e intravidi la spallina di un malandrino reggiseno nero. Ah, la bella gioventù.

[singlepic id=41 w=150 h=193 float=right]Con l’editore Ponzoni, il cui curatore Annico Pau mi era stato presentato gentilmente da Naviglio, sempre disposto a dare una mano all’ultimo pivellino, avevo pubblicato il mio primo romanzo, L’ultimo domani, i cui lauti proventi (100 mila lire, sembravano poche allora, ma in realtà non erano male) mi avevano permesso di trascorrere un mese a Londra. E sempre con Ponzoni avevo pubblicato alcuni racconti di fantascienza, ma soprattutto tonnellate di racconti western destinati al mercato francese.

Luigi Naviglio

Luigi Naviglio

Con Naviglio c’era stata anche la parentesi delle fanzine, cui avevo collaborato sporadicamente. Ma non mi interessavano. Sono sempre stato venale, mi piace scrivere per soldi e le fanzine non pagavano. Lo scrivere per soldi è un principio – concetto che mi piace e che continuo a mettere in pratica. E sono stato sempre tanto fortunato da potermelo permettere. Le rare volte che ho ceduto gratuitamente un racconto è stato per sdebitarmi verso qualcuno con cui sentivo di avere degli obblighi (pagamento di anticipi per altri lavori poi non eseguiti per motivi indipendenti dalla nostra volontà) o per gratitudine per qualche favore che mi avevano fatto. Ma non voglio fare nomi.

E leggi, leggi e leggi un giorno ho scoperto Angelica di Anne e Serge Golon e la fantascienza è passata in secondo piano. Oltretutto la fantascienza cominciava a abitatore_gantzdeludermi come qualità è dopo un Urania spaventoso, l’Abitatore di Goetz o qualche altro nome che gli somiglia (probabilmente si tratta de “L’Abitatore” di Kenneth F. Gantz. NdR), ho smesso di acquistarla.

Eureka, N° 55

Eureka, N° 55

La fantascienza mi interessava sempre meno, tanto che quando la rivista Eureka dell’Editoriale Corno mi pubblicò un racconto di fantascienza: Il lungo risveglio, (EU 55, 1971) e mi fu espressamente chiesto di scriverne altri non lo feci, anche se pagavano molto bene. Non ne avevo più voglia.

Sono tornato a interessarmi di fantascienza solo negli anni 70 con Perry Rhodan. Non ricordo l’anno esatto e mi sarebbe difficile recuperarlo. Infatti le riviste non portano la data perché l’editore, Gianni Eusebio, che era anche distributore, pensava che senza data fossero più facilmente riciclabili. La casa editrice che pubblicò Perry Rhodan ebbe diverse ragioni sociali, perché uno dei divertimenti dell’editore era di cambiarle a ogni piè sospinto, forse per motivi fiscali, non so. La prima fu comunque l’Edinational.

Perry Rhodan mi aveva sempre attirato, fin da ragazzo, quando ancora non conoscevo il tedesco per via delle sgargianti copertine dei formati “heft” con cui uscivano in Germania. Poi durante una vacanza a Heidelberg avevo scovato e acquistato in una libreria tutta la serie americana e l’amore era tornato. Qualche contatto, anche tramite Walter Ernsting, un viaggio a Monaco nella sede della Pabel, l’editore di Perry Rhodan, ed ecco firmato il contratto per l’Italia.

[singlepic id=42 w=150 h=186 float=left]Incredibilmente Perry Rhodan fu una pubblicazione di successo. L’editore astutamente non mi dava cifre, per evitare che chiedessi aumenti, immagino, conoscendo il tipo, ma anni dopo sono venuto a sapere che era arrivata a 10 mila copie, che per la fantascienza non targata Mondadori era un autentico successo. E anche gli autori italiani era contenti, perché mi inondavano di racconti che finalmente potevano pubblicare. Allora sul mercato dell’edicola non c’era altro, fino all’avvento di Robot di Vittorio Curtoni, ma questa rivista pubblicava solo un racconto a numero. Io più di uno e con cadenza quindicinale. E li pagavo anche, con cifre favolose di 5–10–15 mila lire a seconda della lunghezza! Roba da farsi un panino addirittura imbottito! Poi sulla scorte del successo di Perry Rhodan ci furono altre testate di successo più limitato: Sirio, Antares, Gemini. Il guaio era che l’editore era un tipo incostante. Dopo un po’ si disamorava di una testata e desiderava cambiarla, magari ripubblicando esattamente la stessa roba. Ma del resto aveva da pensare a Onda TV che gli procurava un sacco di soddisfazioni e a tutta serie di riviste di tette–culi–cosce e bernarda che gli procuravano tanti e tanti soldi.

Erich_von_Daeniken

Erich von Daeniken

Perry Rhodan mi diede tante soddisfazioni: venivo invitato in Germania e in Olanda alle convention perryrhoridiane, conoscevo gli autori come William Voltz, e la sua bellissima moglie dagli occhi ammalianti, Ernst Vlcek, Hans Kneifel (di cui ho il rimorso di non essere riuscito a pubblicare nulla in Italia, e naturalmente Walter Ernsting il più simpatico sbevazzone della storia fantascientifica, sempre con una birra e un whisky in mano. A una convention di Zurigo ebbi modo di conoscere anche Erich von Daeniken, il discusso autore di tanti libri di successo di fantascienza archeologica e amicone di Ersting. Simpatico compagno di tavola. Cenammo in un ristorante alla moda e fortunatamente pagò lui il conto per tutta la combriccola., con una carta di credito tratta da un mazzo alto quanto un volume della Treccani. Ma le carrettate di soldi che guadagnavano glielo permettevano senza problemi.

Poi un giorno, all’improvviso, l’editore decise di chiudere anche Perry Rhodan, che pure andava bene, ma non gli interessava più. Anni dopo mi confessò di averla chiusa sulle 10 mila copie aggiungendo “Ah, se potessi vendere oggi queste copie”! Ma i tempi mutano. E il momento di quel Perry Rhodan era passato.

[singlepic id=48 w=150 h=209 float=left]Nel frattempo avevo lavorato anche con un altro editore, Editrice il Picchio, con cui avevo iniziato a fare una collana di fantascienza: Altair, seguita da Spazio 2000 e da Il meglio della Fantascienza. La formula era sempre la stessa a cui credo ancora oggi. Un romanzo, seguito da alcuni racconti e al massimo qualche articoletto. La formula originaria di Cosmo Ponzoni per intenderci.

[singlepic id=54 w=150 h=211 float=right]La nascita di Altair fu abbastanza divertente. Un giorno l’editore, per cui curavo altre pubblicazioni a fumetti, mi dice “Facciamo una collana di fantascienza per l’edicola.” Io propongo un formato Oscar Mondadori. L’editore accetta, ma comincia, “Togliamo il numero delle pagine che sono troppe, la carta più leggera così si risparmia, le copertine non patinate”… insomma tutta un’altra zuppa. E quando glielo faccio notare sgrana gli occhi e dice: “Ma perché? È uguale. Che differenza c’è?” Poi naturalmente bisogna uscire subito. Non c’è tempo di acquistare e tradurre un libro. (Questa sembra una costante nella biografia di tutti i curatori di collane.) Allora recupero un romanzo breve scritto a tre mani da me, Naviglio e Prosperi. Le prime due erano state pubblicate sul Cosmo Ponzoni. La terza era rimasta inedita. Naturalmente al dunque le pagine sono troppe ed ecco che ancora una volta il testo di Prosperi rimane sacrificato (ma riuscirò a pubblicarlo lo stesso in appendice a un altro numero). Così Altair esce e siccome per il primo numero occorre un nome forte ecco inventarmi J. Azimov (o Jack Azimov). Il nome sparato in copertina fa colpo, inganna i lettori e il numero vende.

[singlepic id=55 w=150 h=214 float=left]Naturalmente sono stato vituperato per questo minimbroglio, ma avevo visto ben di peggio con Gino Sansoni Editore, il più incredibile personaggio dell’editoria italiana che amava fare a catena di questi scherzetti e del resto ero molto giovane, per cui spero di essere stato perdonato nel tempo. Comunque a Jack Azimov ci sono rimasto affezionato e faccio comparire questo personaggio, caricaturando me stesso, in una serie di racconti che scrivo oggi col personaggio di Martin Mystere (la serie del Club Pigreco).

La lotta per trovare il materiale era continua. Gli editori per cui lavoravo offrivano una miseria e gli agenti nicchiavano, anche se Walter Ernsting, agente di van Vogt e di tutti gli autori trattati da Forrest Ackerman mi dava una mano. Anche Leslie Flood, da Londra, che allora possedeva l’agenzia Carnell mi veniva incontro da vero amico, facendo impazzire il buon Mandato dell’agenzia ALI che non si capacitava come mai riuscissi a ottenere da Flood romanzi per cifre irrisorie quando lo stesso Flood pretendeva somme ben più alte dagli altri editori. La prassi era questa, io proponevo a Mandato una cifra per un romanzo, lui rifiutava sdegnato, io telefonavo a Londra a Flood e poi richiamavo la ALI dicendo che era tutto risolto e gli sarebbe arrivato il contratto per la cifre che dicevo io. Alla fine, stremato, Mandato smise di lottare e accettò le mie offerte. Oppure l’aggiravo telefonando in America all’editore e anche in quel caso combinavo lo sconto alle sue spalle. A parte tutto era anche uno spasso.

Nel frattempo ero anche diventato agente letterario io stesso e quindi alcuni autori potevo gestirmeli direttamente, se non li vendevo alla Libra o a Mondadori o alla Nord o a Fanucci.

Ma di scrivere ancora poca voglia.

[singlepic id=56 w=150 h=150 float=left]La voglia ritorna conoscendo Ugo Malaguti. Non ricordo di preciso come e dove, forse a una mostra di quadri della moglie Mariella a Milano.

Una nota divertente riguardo me e Ugo. Ai tempi del Cosmo Ponzoni, quando lui pubblicava bellissimi romanzi d’avventura ci eravamo incrociati senza saperlo in casa editrice. Io e Naviglio a quel periodo avevamo un po’ il dente avvelenato col gruppo Malaguti–Rambelli perché sembrava che volessero escludere altri dalla collaborazione, forse non era vero, ma a noi sembrava così. Del resto gli scrittori di fantascienza dell’epoca erano tutti schierati in bande l’una contro l’altra armata: gruppo di Venezia (Sandrelli), gruppo romagnolo (Malaguti–Rambelli), gruppo romano (Aldani), gruppo Milanese (Naviglio), che però non era schierato. A noi interessava solo scrivere e avevamo l’editore Ponzoni che era nostra riserva personale per i racconti da pubblicare in Francia. Di modo che quel giorno dicemmo peste e corna dei due personaggi, con Ugo Malaguti in un angolo che se ne stava zitto e che deve avere sentito tutto. Noi non lo conoscevamo, solo dopo venimmo a sapere chi era. Recentemente gli ho chiesto se ricordava quell’episodio e Ugo mi ha detto di non ricordare. Peccato, perché dev’essere stato molto divertente. O forse ricorda, ma è troppo signore per ammetterlo.

Ristorante

Ristorante Pappagallo

Ma ritorniamo al rapporto nato con Malaguti. io gli vendo libri come agente, recensisco i libri della Libra sulle riviste da me curate. Insieme facciamo delle grandi abbuffate in quel di Bologna al Pappagallo e Da Luciano, indimenticati ristoratori. Lui mi ripubblica il racconto uscito a suo tempo su Eureka e infine gli propongo l’idea di un romanzo, di cui avevo gettato un abbozzo di trama durante un giorno in cui in casa editrice alla Picchio, dove ero assunto, avevo poco da fare.

Era la trama dell’Impero delle stelle, un romanzo pulp di pura avventura dove avevo messo tutti gli stereotipi che della fantascienza più mi avevano entusiasmato con notevolissime influenze di Hamilton e van Vogt. Ugo ne fu letteralmente conquistato e mi assicurò la pubblicazione. Arrivò addirittura a pagarmi il libro in anticipo perché lo scrivessi e mi gettai a capofitto, spedendogli un capitolo per volta. Purtroppo non fu possibile pubblicarlo perché la Libra chiuse i battenti e il libro rimase così inedito.

Fu un vero dispiacere, perché a quel libro ci tenevo, anche se economicamente non ci avevo perso nulla. Il libro fu proposto quindi a Pilo che dirigeva allora la Fanucci. Fu accettato, ma poi lo ritirai perché non volevano pagare nulla e di accontentarmi della sola gloria non mi andava. Venne invece acquistato una seconda volta da Franco Bosco che con la sua casa editrice Domino–Ederman intendeva pubblicare fantascienza. Altro incasso da parte mia, ma niente pubblicazione perché la casa editrice non decollò mai. Insomma, il libro piaceva a tutti, quasi tutti erano disposti a pagarlo, ma per una ragione o per l’altra poi non veniva pubblicato.

[singlepic id=61 w=150 h=233 float=left]Infine lo proposi a De Turris per Solfanelli. Accettato di nuovo con regolare contratto, nessun anticipo, ma royalties sulle vendite. La cosa era accettabile, e il libro fu pubblicato. Ma in seguito la Solfanelli fallì e non vidi naturalmente una lira. La cosa però non mi preoccupò. In fondo il romanzo, che nel frattempo aveva cambiato titolo ne L’Impero dei Mizar era giù stato pagato due volte…

Valerio Evangelisti e Giuseppe Lippi

Valerio Evangelisti e Giuseppe Lippi

Il romanzo piacque. Anche se ne furono vendute poche copie, come per tutti i libri di Solfanelli del resto, molti lettori mi dissero che erano rimasti entusiasti. Uno di questi fu Valerio Evangelisti che ne parlò con Giuseppe Lippi, curatore di Urania, e alla fine Lippi pensò di ripubblicarlo in un Urania Mille Mondi con altri due romanzi stranieri.

E così arrivarono soldi per la terza volta. Mica male per un romanzo italiano.

de turris

Gianfranco de Turris

Una nota divertente. Gianfranco de Turris afferma nella prefazione al libro nell’edizione Solfanelli che tra le varie influenze si sente quella di Poul Anderson con la sua Lega Polosotecnica. Be’, io questi libri della L.P. non li ho mai letti e non so neanche di che cosa trattino. Un giorno o l’altro dovrò procurarmeli…

La stessa cosa mi è successa con un racconto, Miss Agata, un giallo, pubblicato in un’antologia scolastica della Bruno Mondadori, insieme a un racconto di fantascienza. Anche in questo caso la curatrice accennava a motivazioni e riferimenti che non mi erano neanche passati per la testa. Divertente quanto i critici riescono a inventarsi cose che l’autore non si è mai sognato di dire. Chissà quanto si divertirebbe oggi Dante se rileggesse i commenti della Divina Commedia. Comunque è stato gratificante sapere che sono tanto intelligente e so dire cose tante profonde. Solo che io non lo sapevo.

Intanto avevo ripreso a scrivere. Non solo fantascienza, ma narrativa su commissione per Il Giornale degli Idraulici, per quello dei Meccanici e altri giornali sempre della Tecniche Nuove, cui feci collaborare anche amici come Vittorio Curtoni, Franco Giambalvo e Gianfranco Briatore. Inoltre cominciai a scrivere sceneggiature per Topolino. E dulcis in fundo racconti per bambine sulla rivista Barbie con cui ho avuto un impegno mensile per più di quindici anni. Ho perso il conto, ma dovrei essere quasi a quota 170 racconti per Barbie e complessivamente devo avere superato i 300 racconti che spaziano dal giallo alla fantascienza, all’horror, allo humor e altri racconti non etichettabili.

Dopo una breve parentesi giornalistica alla Mondadori, e dopo il fallimento dell’Editoriale Corno a cui collaboravo fin dal lontano 1967, nel 1985 ebbi di nuovo la possibilità di tornare a dirigere collane. Si trattava della Garden Editoriale, nata dalle ceneri della Editoriale Corno. L’editore mi diede completamente mano libera e mi fu possibile sbizzarrirmi a creare un’infinità di collane, prevalentemente orientate al giallo, dal Romanzo Giallo, a splendidi numeri unici dedicati per esempio ai misteri della camera chiusa, o ai grandi detective.

[singlepic id=58 w=150 h=208 float=left]L’attività fu soprattutto di ripescaggio nel mondo del “fuori diritti” così pubblicai testi difficilissimi da trovare risalenti agli albori del giallo, trovati quasi sempre grazie all’aiuto di Philip Harbottle, che tutti gli appassionati di fantascienza conoscono per essere il biografo ufficiale di Vargo Statten, e agente, allora, della vedova.

[singlepic id=59 w=150 h=206 float=right]Fu un periodo entusiasmante con viaggi periodici a Londra e Parigi per frugare negli scantinati dei negozi di libri usati alla ricerca di libri rari. Non pubblicai solo gialli, ma anche i romanzi di Rocambole, romanzi western, romanzi d’amore, fumetti, romanzi di spionaggio, con la splendida serie di Mister Dynamit di Guenter. Di Edgar Wallace arrivai a pubblicare quasi tutto, compresi certi racconti che avevano valore esclusivamente storico. Quando me ne andai dalla casa editrice per contrasti economici ne mancavano ormai ben pochi, non so se è stato possibile concludere questa opera omnia prima del fallimento della casa editrice avvenuto a distanza di qualche anno.

Mi dispiace che col fallimento della Garden quel piccolo tesoro di vecchie edizioni sia andato perso. Mi ero offerto di comperarle, ma poi i tempi sono andati per le lunghe e non se n’è fatto niente. Col fallimento saranno andate sicuramente al macero. Che delitto!

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Nuova Quasar: Ed. della Vigna

A un certo punto cominciai anche a pubblicare numerose collane di fantascienza e horror: Quasar, Star Trek, Solaris, Horror Story. Star Trek fu un fallimento. Appassionati scatenati, ma lettori pochi. A mio avviso si tratta di un pubblico che predilige i film ai libri. Quasar invece è nata con un preciso scopo, quello di pubblicare quei racconti che erano giunti finalisti nei premi, ma non si era aggiudicati il primo premio: racconti cioè ottimi ma destinati molto probabilmente a rimanere sconosciuti. Un’idea che mi sembra valida anche oggi. Poi per ragioni organizzative si pubblicò anche altro materiale.

Fabio Magrino

Fabio Magrino

Durante la mia permanenza alla Garden devo confessare di essermi staccato dal mondo della fantascienza. Magari scrivevo ogni tanto qualcosa, ma non avevo letteralmente il tempo di frequentare incontri e manifestazioni. Oltre tutto continuavo a svolgere un’intensa attività di traduttore specializzato in informatica, finanza e medicina direttamente con agenzie straniere che mi pagavano molto bene e con un trattamento che in Italia un traduttore neanche immagina. Senza contare l’attività di giornalista, collaboratore del Mondo della Rizzoli. In questo periodo con la Rizzoli pubblicai anche un dizionario Inglese–Italiano: L’inglese degli affari, in collaborazione con Fabio Magrino, allora caporedattore del Mondo, una delle poche persone dell’ambito editoriale che ricordo con simpatia, con Marzio Tosello, caporedattore di Urania e Gaudenzio Capelli, direttore di Topolino e di Barbie.

Alla Garden feci pubblicare diversi romanzi di fantascienza prendendo le traduzioni direttamente dal catalogo della vecchia Libra di Ugo Malaguti, ma invece di acquistare i diritti da lui, a cui competevano, l’editore preferì, contro il mio parere, fidarsi della parola di un tizio che non nomino e che asseriva di essere il nuovo titolare dei diritti. Risultato: querele e richieste di danni da parte di Ugo Malaguti che alla fine incassò dei bei soldi. Buon per lui. E soddisfazione per me che potei dire all’editore: “Visto, che le avevo detto?” Qualche volta anche queste soddisfazioni ci vogliono.

[singlepic id=60 w=150 h=180 float=left]Dopo avere lasciato la Garden Editoriale ho continuato a tradurre, a scrivere, almeno un racconto al mese, ma solo poca fantascienza. Anche perché in effetti mi interessava scrivere un po’ di tutto. Così con Alfredo Castelli ho pubblicato un paio di romanzi per ragazzi con Martin Mystere come protagonista presso la Panini editore. Ci sono state collaborazioni sia come scrittore che come editor con il Giallo Mondadori, per cui ho curato due antologie, una sui delitti della camera chiusa e uno su rebus gialli.

[singlepic id=62 w=200 h=142 float=right]Poi un giorno ho scritto un racconto di fantascienza “Il mistero della Terza Fondazione”, un pastiche su Urania che avrebbe dovuto essere pubblicato in un’antologia di Lippi. Il racconto piacque a Lippi, ma non a qualcun altro dell’entourage mondariano per cui non uscì nell’antologia. Lippi mi promise di pubblicarlo in altra occasione, ma visti i tempi incerti preferii pubblicarlo presso la Perseo Libri.

Il racconto fu un vero e proprio successo e un giorno da Roma mi arrivò una telefonata di Luigi Cozzi che me lo chiedeva per una sua nuova rivista che stava per uscire, Mystero. Su sua sollecitazione scrissi anche un seguito e sto ora scrivendo il terzo e ultimo episodio che dovrebbe concludere questo che considero un miniromanzo.

[singlepic id=63 w=200 h=96 float=right][singlepic id=64 w=150 h=197 float=left]Intanto cominciavano ad avere successo i racconti della serie Il Club Pigreco, con Martin Mystere come personaggio principale, una serie che si rifà palesemente al Club dei vedovi neri di Isaac Asimov. Visto che Asimov è morto, mi sono detto, perché non continuare qualcosa di originale su questa falsariga? In fin dei conti erano tanti i lettori a cui questo genere di acconti piaceva. E a me divertiva e diverte scriverli. Di questi racconti ne ho scritti diversi, tutti pubblicati da Mystero. Vorrei scriverne altri e l’amico Cozzi continua a sollecitarmeli, ma sono racconti che richiedono un certo tempo per la ricerca e il tempo scarseggia sempre. Ma sono anche le cose che giudico tra le migliori che ho scritto, per cui intendo sicuramente tornare presto a scriverli, visto che i lettori di Mystero li reclamano a gran voce.

Insomma, in questi due anni mi sono divertito molto a scrivere. Ho potuto scrivere racconti che mi interessavano, con notevole successo di pubblico, e quasi sempre ho scritto su commissione, vale a dire con pagamenti assicurati, che per uno scrittore è la migliore gratifica in assoluto.

Per anni sono stato troppo impegnato in veri e propri tour de force traduttori che mi hanno privato del tempo necessario per scrivere, ma adesso traduco meno, anche perché comincio ad avvertire una certa stanchezza, per cui scrivere rappresenta anche una necessaria distrazione.

Non so quanti lettori saranno felice di sentirmelo dire, ma spero comunque che siano almeno venticinque.

Antonio Bellomi
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ha svolto la sua attività nel campo dell’editoria per più di cinquant’anni. Ha diretto numerose testate dedicate al giallo, alla fantascienza, all’horror, al western e al fumetto. Ha scritto praticamente per ogni genere di letteratura popolare, dal giallo alla fantascienza, dal western alla narrativa per ragazzi e ha pubblicato più di trecento racconti su una miriade di periodici.