Questo racconto di Antonio Bellomi è abbastanza recente: già pubblicato sull’antologia Apocalissi 2012 a cura di Gianfranco De Turris, per le Edizioni Bietti -2012 – Milano, oggi è ripubblicato con l’autorizzazione dall’Autore. La storia potrebbe benissimo essere lo spunto per un romanzo sullo stile di Un cantico per Leibowitz, un classico assoluto della fantascienza. Non sfuggirà ai lettori la piacevole ironia che pervade tutta la storia con riferimenti moderni a forze attualmente più o meno di secondo piano che in un mondo dopobomba prenderanno il potere.
Sarebbe bellissimo se questo argomento e questa storia potesse avere un ampliamento come si meriterebbe e chissà che non lo si possa fare!
In questa versione il racconto si presenta in quattro parti, La Papessa, L’Inviato, Il Complotto e La Lettera che debbono ovviamente essere lette in quest’ordine.
L’acqua le lambì dolcemente la mano. E il sospiro della papessa Maria Maddalena Prima si dileguò lieve nella leggera brezza del tramonto che smuoveva le cime delle palme sull’immenso Golfo padano. Non era facile ricoprire una carica come la sua. Il monastero sul colle che una volta dava sul lago d’Iseo e ora si affacciava a pochi metri d’altezza del Golfo sembrava offrire un’oasi di tranquillità, ma in realtà in esso si svolgeva un’attività religioso-politica sempre più frenetica. In lontananza si vedevano le vele bianche latine delle barche da pesca che rifornivano di pesce il mercato ittico di Bergamo, il più importante della penisola insieme a quello di Roma.
Quanto doveva essere più semplice la vita, pensò la papessa, quando le cose di religione venivano gestite da Roma e le suore dei monasteri erano impegnate per lo più a pregare e lavorare all’interno del loro rifugio. Ma poi tutto era precipitato il giorno in cui il sommergibile atomico era esploso sulla faglia di Sant’Andrea in California e lo sconquasso climatico che ne era seguito, intensificando un processo di rialzo delle temperature e di desertificazioni delle aree più meridionali già in atto da tempo, aveva provocato un formidabile innalzamento delle acque. L’Italia del nord e quella del sud erano rimaste unite solo dalla catena degli Appennini e il legame con la Roma papale si era allentato. Le comunicazioni si erano fatte difficili perché la rete telematica, anche se miracolosamente ancora funzionante, a volte aveva improvvise cadute, causate dalla lotta tra la Telkom Sud in mano agli atomisti, gli unici a possedere e a sfruttare da Roma in giù l’energia atomica per guadagnare potere, e la Telkom Nord che aveva da tempo rinunciato all’energia atomica a favore delle energie rinnovabili come quella solare, l’eolica e quella idrica.
Maria Maddalena si spostò di posizione perché il pancione che le era cresciuto all’ottavo mese di gravidanza la ostacolava non poco. Sentiva il piccolo muoversi. Ma non era certo quello l’ostacolo che le impediva ogni sera, al tramonto, di scendere in riva alle acque, per godersi un attimo di tranquillità.
«Tutto bene?» le chiese con sollecitudine la giovane suor Benedetta, la sua segretaria particolare, che insisteva sempre per accompagnarla lungo la breve discesa.
«Tutto bene,» le rispose Maria Maddalena con un sorriso, «se non fosse che quando sarò risalita mi aspetta l’incontro con un monaco venuto da Roma, inviato niente di meno che da Papa Mogambo Paolo Primo. Non riesco davvero a immaginare che cosa possa volere il papa di Roma, dopo la scomunica che ha lanciato contro di me e contro tutta la Chiesa delle Alpi quattro anni fa, il giorno della mia elezione.»
«Deve essere un messaggio importante quello che porta,» osservò suor Benedetta. «Papa Mogambo avrebbe potuto inviarle un messaggio telematico, e invece ha preferito la vecchia e tortuosa via di comunicazione dell’Autostrada appenninica con tutti i pericoli che essa comporta.»
La papessa Maria Maddalena sospirò di nuovo. Lo scisma tra le due Chiese, quella di Roma e quella delle Alpi era stato in parte imputabile alla difficoltà di comunicazione. L’unica arteria completa che ancora univa quel che restava dell’Italia, e cioè i paesi che si erano trovati in posizione elevate rispetto al mare, era costellata di enclave in mano a popolazioni bellicose e che non vedevano certo di buon occhio il cristianesimo. La zona di Firenze era costellata di aree islamiche dove imperversavano torme di fanatici talebani inchiodati a una lettura acritica del Corano che non lasciava spazio a interpretazioni più moderne. Nelle terre alte della Puglia e della Calabria, gli albanesi la facevano da padroni, formalmente musulmani, in realtà privi di una vera connotazione religiosa e con uno stile di vita improntato piuttosto a usi tribali. Tra i due estremi, una catena di monasteri isolati e privi di poteri, se non quelli scarsi di milizie proprie, buone al più per difendere pochi chilometri quadrati di territorio e le proprie aree agricole, e a macchia di leopardo enclave di senegalesi, nigeriani, turchi, e perfino indiani, filippini e indonesiani, che erano impegnati più in operazioni brigantesche che a curare quel poco di industria di pura sussistenza che il territorio, non più fertile come un tempo, poteva concedere. Con l’innalzamento delle acque e la sparizione di intere città la catena di comando centralizzata dell’Italia si era spezzata e ora quel che restava del territorio era diviso politicamente in tre macroregioni, Nord, Centro, Sud totalmente autonome e indipendenti, ma con organismi legislativi locali che spesso contavano quasi nulla e su cui il governo centrale regionale aveva poco potere. Il centro, da Firenze a Bologna e a sud il tavoliere delle Puglie erano res nullius. Solo Roma con le città di Rieti, Viterbo e Frosinone mantenevano una parvenza di Stato organizzato in repubblica autonoma, che però era andato progressivamente perdendo potere politico a favore delle realtà locali e religiose. La macroregione del nord era quella che si era meglio organizzata politicamente, grazie anche ai contatti coi Paesi più evoluti d’oltre confine e a una netta separazione tra Stato e Chiesa.
La Chiesa delle Alpi era sorta proprio in difesa soprattutto religiosa, ma indirettamente politica, per opporre un argine al dilagare delle masse africane e asiatiche, che se non contenute avrebbero in breve sopraffatto le popolazioni autoctone. La separazione religiosa da Roma era stata solo una conseguenza non voluta, ostacolata in tutti i modi dal Vaticano, sostenuta dai Paesi del nord come Svizzera, Germania, Austria, e la nuova Chiesa che si era venuta a creare aveva assorbito alcuni canoni delle Chiese del Nord Europa, aveva aperto al sacerdozio femminile, al matrimonio dei religiosi, alla fecondazione artificiale eterologa, all’eutanasia e tutte quelle pratiche che erano state così pervicacemente ostacolate dal Vaticano nel corso dei secoli.
Maria Maddalena si passò di nuovo la mano sul pancione, avvertendo i battiti del cuoricino dentro di lei. La sua scelta era stata meditata. Un marito sarebbe stato di troppo nello svolgimento della sua missione, un figlio invece l’avrebbe arricchita spiritualmente. Per questo aveva scelto la fecondazione artificiale da seme sconosciuto. Il figlio sarebbe stato suo e di tutti.
Il sole era ormai calato per più di metà all’orizzonte. La Papessa si alzò in piedi e raccolse il bastone a cui si sarebbe appoggiata nella risalita.
«Andiamo,» disse a suor Benedetta. «Sono curiosa di sentire che cosa l’inviato del Papa di Roma avrà da dirci.» Non riuscì a reprimere un sorriso vedendo che suor Benedetta cercava di nascondere la pistola-laser che aveva tenuto sempre in mano per tutto quel tempo. Il mutamento climatico aveva alterato fauna e flora, modificando radicalmente l’aspetto dell’Italia, che ora assomigliava più a un paese subtropicale che al vecchio territorio mediterraneo, ricco di mangrovie lungo le coste, e poi di palme, baniane e rafflesie,.
Attorno al monastero d’Iseo, tuttavia, non c’erano, a differenza di altre zone montane, animali pericolosi, mutazioni genetiche avevano trasformato innocue volpi in animali grossi quanto un cinghialetto e altrettanto feroci. Per non parlare dei lupi della Sila che erano dilagati sugli Appennini, anch’essi mutati in più grossi e più crudeli predatori. La zona al monastero era una terra felice, a questo riguardo, ma suor Benedetta prendeva molto sul serio il suo ruolo di protettrice della Papessa oltre che di segretaria.
L’inviato di Papa Mogambo era un monaco travestito da anonimo viandante che aveva viaggiato a bordo di una malconcia Fiat-Shangaia che non avrebbe fatto gola a nessuno dei tagliagole che infestavano gli Appennini. Come avesse trovato lungo il cammino il carburante biogas dei Trivellatori, l’unico fornitore di energia non atomica dell’Italia centrale, era di per sé un miracolo, visto che la Confederazione dei Trivellatori preferiva operare nelle aree urbane ed ex urbane, quelle spopolatesi a causa di micidiali epidemie conseguenti al sovraffollamento, dove esistevano immensi giacimenti di biogas nel sottosuolo, creatisi dai depositi di rifiuti organici.
Ma era riuscito ad arrivare fin lì e adesso sedeva su un divanetto di fronte a quello su cui si era accomodata la Papessa Maria Maddalena Prima, alquanto stanca per la risalita appena fatta e ancora scossa per la scena trasmessa via internet dal Comitato Islamico di Pisa che aveva intravisto prima di entrare nello studio, passando per il salotto con la postazione internet sempre accesa sui principali canali di’informazione: la lapidazione concomitante di tre adultere. Le grida delle vittime e le urla assatanate degli spettatori l’avevano sconvolta e aveva dovuto ricomporsi prima di raggiungere l’inviato del Papa di Roma.
«Dunque voi venite da Roma, inviato da Papa Mogambo,» esordì la Papessa. «Non avrei mai immaginato che il papa di Roma avrebbe cercato un contatto con me dopo la scomunica con cui mi ha colpita.» Il suo tono era freddo, ma non duro. Di persona che non capiva e non voleva compromettersi, non sapendo bene su che terreno si trovava. «Come avete detto di chiamarvi?» chiese poi in tono più cordiale.
«Sono frate Eleuterio,» rispose umilmente il monaco, «e appartengo alla congregazione dei Francescani. Ma non dovete meravigliarvi se vi porto un messaggio del Santo Padre. I tempi, come sapete, cambiano, e specialmente oggi cambiano più veloci che mai.»
La Papessa fece un cenno d’assenso col capo e sorseggiò il tè che era stato portato sul tavolino da suor Benedetta, dopo che questa si era eclissata, lasciando la Papessa sola con l’inviato di Roma.
Scommetto che suor Benedetta si è appostata dietro alla porta con la pistola-laser, pronta a intervenire in caso di pericolo, pensò con ironia Maria Maddalena. Di quei tempi perfino un monaco di Roma poteva essere un sicario, anche se il francescano sembrava avere un’aria decisamente mite.
Frate Eleuterio sorseggiò a sua volta il tè e fu evidente che la corroborante bevanda gli era gradita dopo le fatiche del viaggio.
«Come si vive a Roma di questi tempi?» chiese la Papessa. «È vero che l’ordine pubblico ormai non è più in mano ai civili, ma è tornato a essere gestito dal Vaticano?»
«Non ufficialmente,» ammise il frate. «Il governo regionale è dilaniato da lotte di potere che l’hanno praticamente reso incapace di prendere la pur minima decisione politica. E qualcuno doveva per forza assumersi il compito di gestire la res publica.»
«È la vecchia storia che si ripete,» osservò Maria Maddalena, andando con la mente a Leone Magno.
Stranamente nessuno dei due sembrava ansioso di arrivare al punto cruciale di quella visita. Perché frate Eleuterio era stato mandato a Iseo? Qual era il messaggio che portava del Papa. Un messaggio di guerra o di conciliazione?
«Ho sentito dire che voi qui non avete di questi problemi,» disse frate Eleuterio.
La Papessa fece un cenno d’assenso. «È vero. Il potere politico è saldamente gestito da un partito, il Sole delle Alpi, che gode del favore della stragrande maggioranza della popolazione che l’ha riconfermato anche nelle ultime elezioni. Gli altri partiti sono di assoluta minoranza e svolgono una funzione puramente critica dell’esecutivo, ma non mancano di tenere sotto attento controllo i bilanci pubblici. La grande forza dei partiti del Nord, però, è soprattutto la totale assenza di corruzione, il che può sembrare incredibile visti i lontani precedenti di questa regione.»
«Sì i tempi cambiano,» osservò frate Eleuterio, «e questo risponde anche alla domanda che finora non mi avete fatto, ma che certamente siete ansiosa di rivolgermi.»
«E cioè?»
«E cioè il motivo per cui Papa Mogambo mi ha inviato fin quassù, in totale anonimato.»
La Papessa Maria Maddalena lo guardò pensosa. Il frate le ispirava fiducia, anche se di fiducia per Roma lei non ne aveva affatto.
«Immagino che abbiate delle credenziali da mostrarmi!» disse.
«Una lettera autografa del Papa, chiusa col suo sigillo personale,» rispose frate Eleuterio, accennando alla grossa borsa che aveva ai suoi piedi. «E un messaggio verbale da trasmettervi per prima cosa.»
«Un messaggio verbale?» La Papessa lo guardò incuriosita. «Sentiamo allora.»
Il frate la guardò negli occhi. «La scomunica verrà tolta ormai nel giro di qualche giorno, sia per voi che per i seguaci della Chiesa delle Alpi.»
La Papessa Maria Maddalena Prima sobbalzò sbalordita. «La scomunica verrà tolta?»
Era una notizia incredibile, assurda per certi versi. Come sarebbe stato possibile? La prima cosa che le venne alla mente è che ci sarebbero stati ufficialmente due papi: Papa Mogambo e la Papessa Maria Maddalena. Le conseguenze sarebbero state inimmaginabili.
Il cuore le diede un tonfo e dentro di sé provò un rimescolio che al momento non riuscì a comprendere.
Frate Eleuterio allungò la mano verso la borsa. «Il messaggio del Papa vi chiarirà tutto…» cominciò.
«Suor Benedetta!» La Papessa lanciò un grido d’aiuto mentre avvertiva una fitta lancinante al ventre. «Aiuto!»
Frate Eleuterio balzò in piedi esterrefatto.
Suor Benedetta fece irruzione nello studio della Papessa, pistola-laser in pugno, puntandolo contro il frate.
La Papessa Maria Maddalena fece un cenno di diniego con la mano. «No, no,» ansimò, «non lui… il bambino…»
Suor Benedetta prese in mano rapidamente la situazione. Nel giro di tre minuti accorsero gli infermieri con un lettino a rotelle, la Papessa vi fu caricata e spinta fuori dalla stanza verso la sala operatoria che era stata approntata per le situazioni d’emergenza.
Frate Eleuterio rimase attonito con la sua grossa borsa in mano e lo sguardo smarrito. «Io…» cominciò.
«Non ora,» disse suor Benedetta. «Il Vaticano dovrà aspettare. Ora abbiamo cose più importanti.»
Il bambino era in incubatrice. Salvato per miracolo da un taglio cesareo. Ora, a distanza di due giorni la Papessa Maria Maddalena si stava riprendendo. Era ansiosa di rivedere il frate di Roma, ma i medici le avevano chiesto di aspettare ancora qualche ora. Devo vederlo, pensò la Papessa. Non posso aspettare oltre, il suo messaggio è troppo importante.
Già una conferma delle buone intenzioni del Vaticano l’aveva avuta. Quel mattino stesso internet aveva diramato con grande risalto la notizia che Papa Mogambo aveva annullato la scomunica per la Papessa Maria Maddalena Prima e per la Chiesa delle Alpi, e si attendeva un altro clamoroso comunicato nei prossimi giorni.
Avrebbe dovuto alzare la voce. Farsi sentire. Resistere alle obiezioni dei medici.
Ma non ce ne fu bisogno perché improvvisamente suor Benedetta irruppe nella stanza con un’infermiera che spingeva una carrozzella per infermi.
«Vostra Grazia,» ansimò la segretaria. (Il titolo di Santità era stato abolito nel cerimoniale della Chiesa delle Alpi). «Vostra Grazia. Un’emergenza. Frate Eleuterio è stato avvelenato e i medici dicono che sarà cosciente ancora per breve tempo. Deve vederlo immediatamente.»
Frate Eleuterio avvelenato? A Iseo?
Un turbinio di domande e di emozioni scosse la Papessa mentre l’aiutavano a scendere dal letto e ad accomodarsi sulla carrozzella.
«Com’è possibile? Qui a Iseo?»
L’infermiera cominciò a spingere velocemente, con suor Benedetta che le trotterellava accanto.
«Non qui a Iseo.» spiegò suor Benedetta. «Secondo i medici si tratta di un veleno a lentissima azione che è stato propinato al frate a Roma. Qualcuno voleva impedire la sua missione, ma evidentemente voleva anche che la sua morte suscitasse uno scandalo, coinvolgendo la Chiesa delle Alpi.»
Sì, era credibile, si disse Maria Maddalena. Tipico delle mene della Curia romana, antico covo di vipere, in perenne lotta tra le varie fazioni.
Uno scandalo contro la Chiesa delle Alpi era proprio quanto di più auspicabile si potessero augurare a Roma. Ma era coinvolto anche il Papa stesso? si chiese Maria Maddalena. Possibile che Papa Mogambo avesse mandato lui stesso alla morte un povero frate per odio contro la Chiesa delle Alpi? E allora, come mai il frate le aveva portato quel messaggio di una scomunica che stava per venire tolta?
«Presto! Presto!» Maria Maddalena sollecitò l’infermiera a spingere più in fretta la carrozzella, presa dall’ansia di non fare più in tempo a sapere la verità.
Frate Eleuterio era pallido come cera nel letto d’ospedale e aveva una flebo attaccata al braccio. Quando la Papessa entrò, il medico che assisteva il malato scosse la testa, segnalando che non c’era più niente da fare. Ma frate Eleuterio non era ancora morto e avvertì la presenza di Maria Maddalena perché girò la testa verso di lei e le sorrise.
«È venuta,» disse con un soffio di voce. «Il vostro bimbo?»
Maria Maddalena gli prese la mano, commossa per quell’interessamento da parte di un uomo che stava per morire e lo sapeva. «Il bimbo sta bene,» rispose. «È salvo.»
«Io invece sto per morire,» esalò frate Eleuterio con voce flebile. «Ma prima ho una missione da compiere… la borsa… la mia borsa.»
Suor Benedetta la posò sul letto.
«Apritela.»
Nella borsa c’era un grosso contenitore cilindrico corazzato e una busta chiusa col sigillo papale, indirizzata a “Vostra Grazia, Papessa Maria Maddalena Prima”.
«È per voi, leggetela.»
Maria Maddalena fece per prendere la busta, ma suor Benedetta la fermò con un gesto. «Prima bisognerebbe farla passare al controllo di sicurezza,» disse. «Potrebbe essere contaminata con antrace o polonio…»
La Papessa fissò il viso sofferente di frate Eleuterio, lesse nei suoi occhi buoni e scosse la testa. «No, non c’è pericolo. Ne sono sicura.»
Con il tagliacarte che le porse la segreteria lascerò la busta e ne estrasse un foglio su cui riconobbe la minuta e regolare scrittura di Papa Mogambo.
Diletta figlia, cominciava la lettera.
La lesse prima velocemente, mentre tutti rimanevano col fiato sospeso e gli occhi di frate Eleuterio brillavano febbrili, poi di nuovo lentamente per assimilare quel contenuto assolutamente imprevisto e incredibile.
Le onde lambivano dolcemente la riva dove la Papessa Maria Maddalena Prima, scesa dal monastero, questa volta senza la sua segretaria particolare, stava per compiere l’azione più importante della sua vita. Era ancora addolorata per la morte di frate Eleuterio, ma soprattutto si sentiva schiacciata dal peso delle sue nuove responsabilità. Tutto quanto le aveva preannunciato Papa Mogambo nella lettera a lei riservata si era avverato. I passaggi di quella lettera le si erano scolpiti in modo indelebile nella mente.
La Chiesa di Roma si è distrutta da sola, minata dalle trame di una Curia velenosa, alla perenne ricerca di potere, incurante del ruolo religioso che avrebbe dovuto ricoprire. La sua neghittosità religiosa l’ha portata a cedere nel mondo di fronte all’islamismo fanatico e a non affrontare con fermezza il problema dell’ateismo.
Questo lei l’aveva sempre pensato e ora ne aveva ricevuto un’autorevole conferma. Proprio per quel motivo era nata la Chiesa delle Alpi.
La Chiesa di Roma è in arretrato di 300 anni sul mondo. Non ha saputo interpretare né le esigenze della società moderna alla luce del Vangelo né le esigenze di una chiesa moderna, non ha saputo aprirsi al sacerdozio femminile né al matrimonio dei religiosi. E io ho la mia parte di colpe perché ho fallito, incapace di imprimere una svolta epocale a una struttura ormai putrescente.
Quanto doveva essere costate quelle parole al vecchio papa! Se lo immaginava chiuso nel suo studio, circondato da nemici, intento a scriverle quella lettera con tanto dolore nel cuore.
Le nostre chiese sono grandi, ma deserte di fedeli. La Chiesa di Roma si è dissolta nella vana pomposità dei riti e nella vacua ricchezza esteriore dei paramenti. Solo apparenza, vuota apparenza, così i suoi appelli alla pace, alla giustizia sono sempre più caduti nel vuoto, inascoltati, senza più credibilità sul piano internazionale.
Da tempo, da tanto tempo c’erano stati vescovi e cardinali scomodi che erano andati segnalando quei pericoli, ma le loro voci erano sempre state inascoltate, le persone isolate, messe nell’impossibilità non solo di agire ma anche solo di farsi ascoltare in una platea più ampia.
Gli scandali finanziari in cui è stata coinvolta la Santa Sede, il preponderare della legge del profitto su quella della carità, la condotta scandalosa sul piano umano di tanti alti prelati hanno dato il colpo di grazia a una struttura che già non si reggeva più. La Chiesa di Roma è giunta alla fine della sua parabola discendente e non ha più nulla da dire né da insegnare ed è meglio che si dissolva per sempre. Per il bene dell’umanità, che ha e avrà sempre bisogno della parola di Cristo, è necessario è ineluttabile un cambiamento radicale che solo una nuova Chiesa, vergine di scandali, potrà operare e oggi questo ruolo lo può coprire solo la Chiesa delle Alpi e Voi, Papessa Maria Maddalena Prima.
Quando aveva letto quelle parole Maria Maddalena aveva provato un tonfo al cuore e si era sentita oppressa dall’enorme responsabilità che le era caduta sulle spalle.
Io, Papa Mogambo Paolo Primo abdico alle mie prerogative e legittimo come ultimo mio atto la Chiesa delle Alpi e l’elezione della Papessa Maria Maddalena Prima. Andrò quindi a ritirarmi in un eremo solitario come fece un mio grande predecessore, Celestino Quinto.
Papa Mogambo le aveva anticipato il suo intendimento con la lettera inviata da frate Eleuterio, ma alcuni giorni dopo era riuscito a diramare il suo annuncio tramite la rete internet vaticana, superando, immaginava Maria Maddalena, chissà quali ostacoli da parte delle vipere curiali.
Teléstai, tutto è giunto a compimento con questo trapasso di poteri e io posso deporre la mitria papale.
E due giorni dopo il comunicato l’ex Papa Mogambo era morto misteriosamente, prima di raggiungere il suo agognato eremo, mentre a Roma si scatenava una sanguinosa lotta di successione.
Non prevalebunt, non prevarranno, si disse la papessa. Le forze della reazione si dilanieranno tra di loro e la Chiesa delle Alpi, grazie a quella investitura finirà inevitabilmente per uscirne più forte che mai.
Aprì la borsa che aveva con sé e ne estrasse il grosso cilindro blindato che le aveva portato frate Eleuterio. Lo aprì con le due chiavi di sicurezza e ne estrasse una grossa ampolla contenente un liquido trasparente.
«Acqua,» disse sommessamene.
Ma non semplice acqua. Essa conteneva il DNA di milioni di pagine con i più micidiali piani delle ultrasegrete armi americane che l’ultimo presidente degli Stati Uniti aveva affidato al Papa di Roma perché li custodisse nei formidabili Archivi vaticani e non rischiassero di cadere in mani sbagliate nel corso della dissoluzione politica degli Stati Uniti d’America. Guai se quelle pagine fossero cadute nelle mani di fanatici o guerrafondai.
E io a mia volta, affido a Voi questo summa del male, aveva scritto Papa Mogambo, sono sicuro ne farete l’uso migliore. Io, in questo momento di torbida confusione e di laceranti contrasti, non ho la lucidità mentale per prendere una decisione e la permanenza a Roma di questa ampolla è troppo pericolosa. Lascio a Voi, Papessa Maria Maddalena Prima, questa enorme responsabilità.
Sì, si trattava veramente di una responsabilità enorme e nella mente della Papessa Maria Maddalena erano passate orripilanti immagini di morte e distruzione quando aveva letto quelle parole. No, non ci sarebbe mai stato un momento nella storia futura in cui gli uomini avrebbero potuto fare buon uso di quelle armi. Perché non esiste un buon uso delle armi.
Non le restava che una soluzione.
Svitò il tappo dell’ampolla e versò lentamente il liquido nelle acque del golfo, dove le molecole contenenti il DNA della morte si dispersero nell’infinità delle altre molecole delle acque, diluendosi in modo irreversibile. Nessuno avrebbe mai posseduto quelle terrificanti armi di distruzione di massa.
Si alzò in piedi per tornare al monastero. Ora si sentiva molto più sollevata e pronta ad assumersi definitivamente le sue responsabilità. Aveva già in mente la sua prima enciclica dal titolo Viribus Unitis.
Viribus unitis, ad virtutem ac bonum omnium gentium Ecclesia sine ullo discrimine se ipsam gerebit…
“Con le forze congiunte di tutti la Chiesa si opererà per il benessere morale e materiale di tutte le genti senza alcuna discriminazione…”
ha svolto la sua attività nel campo dell’editoria per più di cinquant’anni. Ha diretto numerose testate dedicate al giallo, alla fantascienza, all’horror, al western e al fumetto. Ha scritto praticamente per ogni genere di letteratura popolare, dal giallo alla fantascienza, dal western alla narrativa per ragazzi e ha pubblicato più di trecento racconti su una miriade di periodici.
Questo è stato il mio ultimo racconto di sf e l’ho riletto con orgoglio. Se chiudo qui la mia carriera, posso dire di chiuderla in bellezza.
Antonio Bellomi
Ah certo! Troppo comodo: uno spunto simile si merita un deciso ampliamento. Un vero romanzo! Ne parliamo e se non vuoi far tutto da solo devi solo fare un fischio.