E vabbè! L’avevo detto io stesso: è stata fatta una tale grancassa sulla “meraviglia” di questo ciclo di N.K. Jemisin che era ormai quasi sicuro: nessun altro avrebbe potuto vincere l’Hugo Award 2018. Ma anche quello del 2017 e del 2016.

Ho già detto altrove come il primo libro della serie sia stato molto intrigante: non lo definirei “bello” secondo le mie personali preferenze, ma capisco che dal punto di vista della cosiddetta “critica” possa trattarsi di un’opera da segnalare. Uno stile di scrittura che prova ad essere graffiante, crudele a volte, un viaggio attraverso un mondo e dei paesaggi in continuo cambiamento. Molto bene.

Detto questo, all’arrivo del secondo volume mi sono accorto che non avrei retto una lettura fino alla fine. L’ho letto per tre quarti, poi ho chiarito a me stesso e a chi me lo avesse chiesto, che quel libro non era una delle cose che potevo preferire, ma nemmeno leggere.

Poiché era stato annunciato (non so da chi) che il terzo volume sarebbe stato uno spettacolo pirotecnico mi sono addirittura deciso a leggerlo: l’ho trovato così colmo delle solite cose Broken Earth (“La Terra spezzata,” nome globale del ciclo in questione) da non sentirmela di presentarlo, né di recensirlo su questo sito.

Intendiamoci, è un buon libro, ma francamente non è il mio libro, come il ciclo, che secondo me contiene due libri in più di quelli che si sarebbe meritato.

Non ho mai avuto la pretesa di essere un critico letterario, per cui quelle che esprimo nei miei scritti non sono altro che le mie preferenze. Se io facessi l’Editore, o l’agente letterario, avrei senza dubbio acquistato questo ciclo che non mi piace, ma può convenientemente essere tradotto e stampato in Italia e all’estero: una scelta astuta. La pubblicità è già stata tutta fatta e i lettori che non leggono in inglese, tutto sommato non hanno idea di cosa si troveranno tra le mani. Se non altro, per curiosità, lo compreranno di sicuro.

John Scalzi e signora.

Dei sei romanzi selezionati per il premio finale, a mio avviso si sarebbe dovuta scegliere la seguente classifica:

Devo dire che fra i primi tre, non sarei così sicuro dell’ordine esatto secondo le mie personali preferenze: si tratta di tre storie molto diverse che mi sono piaciute, ognuna per motivi diversi.

L’impero di John Scalzi è quanto di più divertente mi sia capitato di leggere da molto tempo a questa parte. Una saga spaziale ancora incompiuta da cui ci aspettiamo molte altre avventure nel prossimo futuro.

I Ritorni di Ann Leckie sono sviluppati nel suo grande mondo già utilizzato negli ultimi suoi romanzi, ma con personaggi del tutto nuovi, con trovate ironiche e strabilianti che a me hanno ricordato molte opere di Jack Vance.

La New York di Kim Stanley Robinson è un affresco gigantesco di un mondo allagato, con intuizioni fantastiche notevoli: se vogliamo un po’ troppo letterario per un lettore che ami soprattutto le avventure, troppo lungo, ma certamente un grande libro.

Infine i Risvegli di Mur Lafferty sono un bell’affresco di un nostro possibile futuro, in mano a Hackers spietati e implacabili. Un buon libro che si legge tutto d’un fiato. Tuttavia, per me vale almeno il quarto posto..

Premio Hugo 2018: George R. R. Martin

George R. R. Martin

La lunga serata cerimoniale di San Jose è stata caratterizzata dalla presenza di molti autori, dei soliti ringraziamenti e coloriti personaggi. Una delle cose più strane che ho notato è come moltissime autrici siano di stazza notevole. Non è da meno l’inossidabile George R. R. Martin

Tra gli ospiti più noti, non possiamo ignorare la consueta, graditissima presenza di Robert Silverberg, la stessa Jemisin, John Scalzi, ma un mare di personalità certo meno note qui da noi. Alcuni sfoggiando abiti e chiome decisamente anti convenzionali.

Alla fine l’annuncio quasi inaspettato della presentatrice della serata, Susan de Guardiola:

FInalisti per il miglior romanzo:
The Collapsing Empire, John Scalzi (Tor), New York 2140, Kim Stanley Robinson (Orbit), Provenance, Ann Leckie (Orbit), Raven Stratagem, Yoon Ha Lee (Solaris), Six Wakes, Mur Lafferty (Orbit), The Stone Sky, N.K. Jemisin (Orbit)

E subito dopo la proclamazione da parte di Kevin Standlee:

Lo Hugo Award per il miglior romanzo va a The Stone Sky, di N.K. Jemisin

Da alcuni blog che mi sono capitati sott’occhio direi che la Jemisin ha davvero vinto a mani basse. Si prenda per esempio il sito Live Journal, in cui sono riportate alcune intenzioni di voto, dei blogger:

Romanzi: solo undici voti da segnalare. È interessante che metà dei voti siano a favore di un finalista distinto, mentre gli altri sei risultano concentrati su in solo nome: la più grande concentrazione di supporto in ogni categoria.

  • The Collapsing Empire: 1 voto
  • New York 2140: 1 voto
  • Provenance: 1 voto
  • Raven Stratagem: 1 voto
  • Six Wakes: 1 voto
  • The Stone Sky: 6 voti

Devo confessare che (forse per il fatto che probabilmente non ho capito niente) non riesco a spiegare tutto questo amore per The Stone Sky!

Va bene, New York è forse troppo sofisticato per il lettore medio, ma quello di John Scalzi è proprio un racconto d’avventure spaziali come mancano da un bel po’ nelle nostre librerie. È poi vero che Raven Stratagem è (a mio parere) del tutto illeggibile.

Ma soprattutto, prendendo ancora ad esempio i 6 blogger che hanno votato per The Stone Sky, quale è stato secondo loro il romanzo più brutto?

Adrienne Joy: The Collapsing Empire

Bonnie McDaniel: Six Wakes

The Incomparable podcast: New York 2140

Joe Sherry: The Collapsing Empire (se non capisco male!)

Peter J. Enyeart: difficile a capirsi, forse Raven Stratagem

Psocoptera: New York 2140

Da ciò (dagli scarsi dati per tentare una statistica) si direbbe che New York e L’Impero siano odiati dai blogger in ugual misura. Ma naturalmente undici blog, o undici persone non permettono un parere statistico.

Ma ecco che arrivano le classifiche ufficiali, quelle che ci dicono esattamente il piazzamento dei sei lavori selezionati:

Premio Hugo 2018: Classifica

  1. The Stone Sky, di N.K. Jemisin
  2. The Collapsing Empire, di John Scalzi
  3. Six Wakes, di Mur Lafferty
  4. New York 2140, di Kim Stanley Robinson
  5. Raven Stratagem, di Yoon Ha Lee
  6. Provenance, di Ann Leckie

Deludentissimo il risultato di New York 2140, che è stato salutato dai critici italiani come un capolavoro. Era l’unico romanzo in gara che già era disponibile in una traduzione italiana fin dall’inizio. Tuttavia avevo già detto che il romanzo appariva esageratamente lungo. È il solito caso del romanzo amato dai critici e snobbato dai lettori?

Sono però contento che John Scalzi abbia avuto una buona accoglienza, anche se la Jemisin lo ha  più che doppiato.

Deludente, a mio avviso, il posizionamento di Provenance, che per i miei gusti si meritava molto di più. Quanto meno di stare al di sopra di Raven Stratagem!

Ad ogni modo, così sono andate le cose in questo WorldCon del 2018 e, per un elenco completo dei vincitori in tutte le categorie, è disponibile la pagina ufficiale.

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.