Se si parla di “fantascienza” dimenticate Star Wars, Lost in Space e tutti gli altri film di evasione che vi vengono in mente. La fantascienza scritta e uno strumento cruciale, che tratta la vita vera, con riferimento ai problemi tecnologici… e così è stato fin dall’inizio.
La più parte dei critici ritiene che la prima opera di fantascienza sia stato il romanzo Frankenstein, o il Prometeo moderno di Mary Shelley, del 1818. In esso si esplora, in termini scientifici, l’idea della vita artificiale: il dottor Victor Frankenstein studia i danni chimici provocati dalla morte e cerca il modo per eliminarli, giungendo a rianimare la materia che non è viva. Come succederà poi in molti dei lavori di sf successivi, anche la storia della Shelley è di tipo morale: nascono complesse questioni su chi abbia il diritto di creare degli esseri viventi, quindi si parla delle responsabilità del creatore verso le sue creature e verso la società.
Se ci pensate, Mary Shelley ha posto la questione quasi due secoli fa: 41 anni prima che Darwin pubblicasse L’origine delle specie e 135 anni prima che Crick e Watson scoprissero la struttura del DNA. Quindi non deve stupire se Alvin Toffler, uno dei primi futurologi, afferma che leggere fantascienza è l’unica medicina preventiva allo shock da futuro!
Isaac Asimov, il grande scrittore Americano di sf, così definiva il genere: “La fantascienza è quel ramo di letteratura che tratta le risposte dell’umanità ai cambiamenti proposti dalla scienza e della tecnologia.” L’impatto sociale di ciò che viene preparato nei laboratori è sempre e soprattutto nel cervello di chi scrive fantascienza e man mano che meglio si comprende la scienza, l’attenzione della fantascienza su certi argomenti diventa più acuta. H. G. Wells immaginava di creare delle chimere nel romanzo L’isola del dottor Moreau (1896), Aldous Huxley ci diceva allarmato che era possibile creare esseri umani modificati in Il mondo nuovo (1932), e l’ultimo romanzo di Michael Crichton, Next (2006), tratta i problemi che nascerebbero se tutti avessero la possibilità di di accoppiare geni e di ricombinare il DNA.
Gli scrittori di fantascienza esplorano i problemi scientifici in un modo che gli scienziati non potrebbero fare. Alcuni anni fa, in un documentario trasmesso su Discovery Channel Canadese, ebbi la possibilità di intervistare Joe Tsien, un neurobiologo che nel suo laboratorio di Princeton aveva creato dei topi super intelligenti. Argomento di cui parlava tranquillamente a telecamere spente, ma quando è iniziata l’intervista ufficiale e feci cenno ai suoi topi più intelligenti del normale, lo scienziato fece subito il gesto alla gola che significa “taglia”. “Possiamo dire che quei topi hanno una memoria migliorata, ma non dobbiamo mai dire che siano più intelligenti. Non so cosa farebbe il pubblico se pensasse che stiamo creando degli animali più intelligenti.”
Invece gli scrittori di fantascienza possono tranquillamente parlare del vero significato della ricerca, non essendo legati ai capricciosi umori degli sponsor: essi possono tranquillamente speculare sugli impatti che avranno le nuove tecnologie. E non solo per le cose positive, ma anche per quelle negative, rivolti, come diceva Isaac Asimov, al lato umano e non alla fredda ricerca, che impone di usare termini sempre vaghi e magari non troppo minacciosi.
Per dirla tutta, noi scrittori non siamo mai legati ad accordi di riservatezza, come invece lo sono in genere gli scienziati, sia quelli che dipendono da privati, sia quelli governativi. È però capitato che, un anno prima che fosse completata la costruzione della prima bomba atomica, l’FBI facesse ritirare la rivista di fantascienza Astounding Science Fiction. Era il marzo 1944 e questo perché al suo interno c’era un articolo di Cleve Cartmill in cui si dettagliava cosa bisognasse fare per costruire una bomba a fissione di uranio. In seguito sono stati proprio gli scrittori di fantascienza che hanno iniziato a parlare pubblicamente degli effetti dovuti agli ordigni nucleari. Ad esempio Judith Merril nel classico Solo una madre del 1948 (That Only a Mother), parla di geni danneggiati per via delle radiazioni. Noi scrittori siamo anche stati i primi a dare un peso ai pericoli del nucleare, per esempio in Incidente nucleare (Nerves, 1956) di Lester del Rey.
La fantascienza è la WikiLeaks della scienza, perché contribuisce ad istruire il pubblico su ciò che effettivamente comporta la ricerca d’avanguardia.
Ed ecco allora le nostre credenziali. Molti scrittori di fantascienza, come Gregory Benford, sono in realtà degli scienziati; molti altri, come per esempio Joe Haldeman, sono laureati in materie scientifiche avanzate; altri, come me, possiedono una formazione scientifica di giornalismo divulgativo. I nostri lavori più recenti hanno trattato varie problematiche, tra cui i cambiamenti climatici nel mondo (la serie della “Scienza nella Capitale,” Forty Signs of Rain e i due romanzi successivi, di Kim Stanley Robinson), il terrorismo biologico, (La ragazza meccanica “The Windup Girl” di Paolo Bacigalupi), la segretezza dell’informazione online e i tentativi cinesi di controllare i suoi cittadini quando accedono al World Wide Web (il mio libro “WWW:Wake” Risveglio e i seguenti della stessa serie).
Lo so, è impensabile che venga assegnata la supervisione del programma spaziale a George Lucas, eppure molti autori di fantascienza scritta sono spesso consultati da diversi organismi statali. Esiste un gruppo di scrittori di sf, chiamato SIGMA, che è spesso chiamato a delle consulenze presso il Ministero dell’Interno per ciò che attiene alla sicurezza. Jack McDevitt e io siamo stati contattati di recente dalla NASA per discutere circa le intelligenze aliene nell’universo
Al cuore della fantascienza c’è la nozione di estrapolazione: ci si pone la domanda “se le cose andranno così, dove si arriverà?” E, al contrario di molti scienziati che, per rispettare il budget imposto, sono costretti a pensare in termini temporali piuttosto brevi perché il prodotto in studio deve entrare per tempo sul mercato, noi scrittori abbiamo a disposizione molto più tempo: in genere non semplicemente mesi o anni, ma decenni o secoli.
Detto questo, il nostro compito non è quello di predire il futuro. Piuttosto è quello di suggerire i possibili futuri… Fare in modo che la società possa essere informata sulle decisioni da prendere per capire dove vogliamo andare. Il classico romanzo di fantascienza di George Orwell Millenovecento ottanta-quattro non è stato un fallimento perché il futuro predetto non si è mai avverato; direi anzi che è stato un clamoroso successo, perché ci ha molto aiutati ad evitare quel tipo di futuro. Volendo discutere su dove ci porterà la tecnologia, sarà bene dar retta al consiglio di Alvin Toffler, prendere dallo scaffale un buon libro di fantascienza e unirsi alla conversazione.
Robert J. Sawyer ha vinto i Premi Hugo, Nebula, e Aurora per il miglior romanzo di fantascienza dell’anno. Il suo ultimo romanzo è WWW:Watch, e il suo sito è sfwriter.com.
nato a Ottawa, 29 aprile 1960 è uno scrittore di fantascienza canadese. Si definisce un autore di fantascienza hard, ma di fatto il suo interesse per la caratterizzazione e la psicologia dei personaggi è molto superiore a quello tipico di tale filone. Le sue opere hanno spesso connotazioni metafisiche.
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