anna_lauraAnna Laura Folena torna a illuminare questo sito con un suo racconto ricco di sex appeal e di fantasia.


Tacchi rossi

[singlepic id=416 w=250 h=355 float=right]Quella sera il prof. Alfonso Marzi indossò la sua cravatta preferita, quella lilla con le ranocchie verdi, e uscì in cerca di svago dopo una settimana di clausura nel suo laboratorio astronomico. Avrebbe fatto una bella passeggiata fino al cinema Star.
Per strada Alfonso era di ottimo umore e si guardava intorno incuriosito da tanta umanità variopinta attorno a lui, dopo giorni e giorni di solitudine.

La vide da lontano avvicinarsi leggera. Era alta e snella, con una vaporosa nuvola di capelli castani che ondeggiavano dietro di lei a ritmo di ancheggiamento. Ma l’attenzione del professore venne attratta soprattutto dalle sue scarpe rosse, lucide, con tacchi vertiginosi, che sembravano il prolungamento naturale delle splendide gambe nude. Le calzature parevano dipinte su di lei, fascianti e appena in rilievo sulla pelle. Anche senza toccarle si capiva che erano morbidissime.

Marzi non era un feticista del piede e della scarpa. Ma rimase colpito da quei passi color rubino. Senza rendersene conto le era corso incontro. La reazione della ragazza fu inaspettata: allungò una mano e accarezzò dolcemente le ranocchie sul petto emozionato di Alfonso: “Che cravatta stupenda!”, esclamò con voce flautata.

Il professore era una persona seria, un po’ introversa, sicuramente d’indole riservata e riflessiva. Eppure quella sera non andò al cinema. Passeggiò lungo l’argine e poi nel grande parco della città, in cerca di un punto poco illuminato da cui poter osservare le stelle insieme a Nina, la misteriosa donna dai tacchi rossi.

Tre ore dopo entrarono a casa di lui. Subito lei lo assalì, travolgendolo di baci. Si era slacciata la camicetta e usava la cravatta lilla per accarezzarsi i seni eccitati.

Il professore, che da tempo immemore era digiuno da effusioni femminili, cominciò a spogliarsi. Fece per allentare la cravatta, ma lei lo fermò e riuscì a sbottonare e togliergli la camicia senza eliminare il capo d’abbigliamento a ranocchie verdi che evidentemente l’aveva attratta fin dall’inizio. Il professore trovò simpatica tale stravaganza e strinse a sé il corpo nudo e fremente di Nina.

Ora erano stesi sul tappeto dell’ingresso e lui la baciava tutta a partire dall’orecchio sinistro, scendendo sulla spalla, il braccio flessuoso, la mano aggraziata, la coscia soda, il polaccio ben tornito, la caviglia sottile… Fu allora che si rese conto che lei indossava ancora le scarpe. Tentò di sfilargliene una, ma non ci riuscì. Nina protestò: “Ahi! Sta’ fermo, mi fai male”.

Il professore non capiva, come aveva fatto a farle male, cosa stava succedendo? Toccò meglio la scarpa ed ebbe la sensazione che fosse incorporata alla ragazza. Lei si divincolò, raggiunse la borsetta, pigiò un pulsante sulla chiusura. Una luce purpurea invase la stanza e il corpo della ragazza sembrò velocemente smaterializzarsi. Con un balzo, Alfonso si buttò a pesce e le afferrò un tacco.

Fu una strana sensazione, simile a quella che il professore aveva provato durante il giro della morte, sulle uniche montagne russe che avesse mai avuto il coraggio d’affrontare.
Forse perse i sensi o rimase sospeso nel nulla ad occhi chiusi. Fatto sta che quando li riaprì, si ritrovò completamente nudo in cravatta in un’ampia stanza rotonda. Di fronte a lui Nina, dritta sui suoi tacchi, con le braccia incrociate sotto ai seni che poco prima le ranocchie verdi avevano avuto l’onore di accarezzare. Lei era infuriata: “Ecco! Hai visto cos’hai fatto? Voi umani e la vostra mania di togliere le scarpe alle femmine! Noi del Pianeta delle Taccoidi non indossiamo calzature! Questi rossi sono i miei piedi! Sono fatti così. Noi nasciamo con queste propaggini. E chi ha la fortuna di avere tacchi più pronunciati ha anche più energia vitale, più carica sessuale, più potere sui maschi. Ora tu ti sei aggrappato a un tacco mentre mi teletrasportavo a casa e sei stato catapultato qui insieme a me. Un vero disastro! Per almeno tre mesi non posso sottoporti ad un altro viaggio così pericoloso per la vostra fisiologia terrestre. Sei bloccato qui”.

Incredulo ed entusiasta, il frastornato scienziato umano scoprì nelle settimane seguenti che nel Pianeta delle Taccoidi i maschi erano dotati di una protuberanza cartilaginea che partiva da sotto il pomo d’Adamo. Più era lunga e di colori sgargianti, più il maschio risultava attraente per le taccoidi. Ecco spiegato come mai, lui, grazie alla sua cravatta lilla a ranocchie verdi, fosse così corteggiato, tanto da scatenare feroci scenate di gelosia di Nina. A parte questo, studiare usi, costumi e idioma di quel popolo affascinante fu per Alfonso un’esperienza esaltante. Di notte, mentre Nina dormiva, lui si lavava e stirava con cura la cravatta.

Dopo due mesi, rincasando, trovò la sua taccoide in lacrime. Piangendo lei gli confessò di avergli mentito. In realtà il teletrasporto interplanetare non era affatto pericoloso per gli umani. Lui sarebbe potuto rincasare anche immediatamente. Ma lei, volendolo trattenere con sé, gli aveva inventato la balla dei tre mesi di sicurezza. E adesso aveva peggiorato la situazione: ormai era perdutamente innamorata di lui, ma non se la sentiva più di nascondergli la verità.

Alfonso ebbe uno scoppio d’ira! Lui si era fidato e lei l’aveva ingannato! Pretese immediatamente di venire in possesso di uno di quei dispositivi di teletrasporto per rientrare sul proprio pianeta.

Un’ora dopo era su un autobus terrestre, diretto verso il laboratorio. Doveva recuperare il tempo perduto e terminare la sua importante ricerca. Sul mezzo pubblico salì una stupenda ragazza dagli occhi profondi come lo spazio infinito. Lo sguardo di Alfonso incrociò quello di lei, che gli sorrise dolcemente. Al professore sembrò che fosse scattato qualcosa di magico. Si alzò in piedi e, da perfetto cavaliere, cedette il posto alla creatura dai lunghi capelli biondi.

La sconosciuta lo ringraziò, si sedette e subito, con fare furtivo, nascondendo un piede dietro all’altro, sfilò un tallone dalla scarpa da ginnastica. Nell’aria dell’autobus affollato, le narici di Alfonso vennero raggiunte da un aroma che non sentiva da almeno due mesi. Scese alla fermata successiva, corse fino a casa, salì cinque piani di scale, tre gradini per volta, si precipitò in camera da letto, aprì una valigia, la riempì con tutte le sue cravatte, rosse, rosa, viola, celesti, turchesi, verdi, gialle, con i coniglietti, i coala, i fenicotteri, le fette d’anguria, le banane e le gerbere. Poi, tenendo ben stretto il proprio bagaglio, azionò un pulsante, gli parve di essere sulle montagne russe e non fece mai più ritorno sulla Terra dall’amato Pianeta delle Taccoidi.

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.