Ogni tanto, nemmeno troppo raramente, mi succede di incontrare qualche autore davvero interessante.
Questo è certamente il caso di Patrizia Caffiero, pugliese di nascita, ma emiliana di vita. Non pubblica qui un romanzo, ma una curiosa raccolta di racconti suoi, intitolati cumulativamente, Il pianeta delle occasioni perdute, che è il luogo dove tutte le storie vanno a finire.
Il libro contiene dieci storie, tutte ambientate nel medesimo Universo.
Diciamo subito che a Patrizia Caffiero interessa probabilmente pochissimo uniformarsi agli schemi classici della fantascienza: le sue storie non sono fiabe, non sono storie spaziali e, anche se hanno un’aria surrealista, non intendono ispirarsi né a Kafka, né a Salvador Dalì.
Esiste nel mondo di Patrizia un Pianeta delle occasioni perdute, dove è possibile (appunto) recuperare le occasioni che non si sono sfruttate durante la vita.
Se capisco bene l’intenzione dell’autrice, un amore a cui non si ha avuto il coraggio di dichiararsi da giovanissimi è lì, sul Pianeta ad aspettarti.
Come spiega Patrizia Caffiero nel secondo racconto:
Aveva sentito dire che quella nastronave ospitava viaggiatori che avevano lo stesso desiderio da risolvere. Un’occasione perduta da riprendere con sé è un rompicapo che non smette di torturarci, anche nella fase di rapidosogno, all’alba.
La parte affascinante di questa prosa è il modo in cui tutto viene offerto al lettore: l’autrice si inventa una vera e propria lingua assolutamente facile da capire, ma fatta della materia di cui sono fatti i sogni.
Questo modo di scrivere prosegue per tutto il libro e l’umorismo diffuso all’interno di ogni storia, assieme all’amaro delle ineliminabili delusioni della vita formano l’animo di questa bella esperienza.
Le dieci storie toccano molti ambiti delle esperienze umane, dai sentimenti più semplici, fino alle brame di un pirata e tutto prima o poi si sposta su questo Pianeta Città, “Il settimo pianeta della Nuova Galassia, visto dallo spazio, era nero. Zebrato da strisce parallele di un viola polveroso. Mentre girava, agile come un danzatore, inviava bagliori di luce dorata.”
L’umanità che popola le storie di Patrizia ha una vita lunghissima, calcolabile in millenni, come ben si confà ai sogni, agli gnomi e alle fate, ma anche a mondi che potrebbero esistere di qua a centomila anni.
Patrizia, prima di tutto raccontami un po’ di te.
La mia esistenza ruota intorno alla scrittura; nel tempo libero scrivo o penso a cosa e a come scrivere. Il mio lavoro per pagare le bollette (ma è anche la mia seconda passione) è organizzare eventi culturali per il comune emiliano in cui vivo dal 2006, Anzola dell’Emilia, una piccola comunità ancora viva, una nicchia “rossa”, un suolo che è stato calpestato da molti partigiani. Come scrittrice sono eclettica, sono prima di tutto una prosatrice. Uso diversi linguaggi, mi piace sperimentare generi differenti.
Vedo che lavori spesso, se non sempre, con questa casa editrice: “Musicaos Editore.” Come mai?
Ho conosciuto Luciano Pagano (Musicaos) nel 2010, qualche anno prima che lui cominciasse la sua attività di editore. Lui è un poeta e un romanziere ed ha un grande spessore; è molto preparato. Fa parte della rara categoria di editori che pubblicano solo le opere da cui sono colpiti. Allora recensii sul mio blog un suo libro, lui un mio libro. È salentino, anche se io sono migrata al Nord, le nostre radici ci uniscono senz’altro. Fra l’altro lui, come me, è un lettore sfrenato e ha letto anche tanta fantascienza. Ha apprezzato molto “Il Pianeta delle Occasioni Perdute”, che è nelle sue corde.
Come ti poni di fronte alla letteratura di fantascienza: esistono autori e storie che preferisci?
In questi giorni sto leggendo un libro fantastico: “La stella amara” di Leigh Brackett. Ho cominciato a leggere fantascienza quando il primo fidanzatino, nel 1986, più grande di me, stava per portare al mercatino dell’usato centinaia di Urania, appunto. Io gli chiesi di farmeli leggere prima di farlo. Non mi alzai dal letto per giorni, ne finivo uno dopo l’altro, più di uno al giorno. Sono stata sempre una lettrice vorace, figurarsi avere tanti libri favolosi a disposizione! Poi ho letto la Trilogia della Fondazione di Asimov e ricordo la sensazione di tristezza per essere uscita da quel mondo quando lo terminai. L’idea geniale su cui si basava, il concetto di “psicostoria” mi avvinse. Mi intrigarono fra gli altri Arthur C. Clarke e Philip Dick (che recentemente ho ripreso). Ray Brabdury naturalmente mi ha formato, perché sia nel genere fantascienza che in tutti gli altri amo certe simbologie, l’approfondimento dell’aspetto interiore, psicologico dell’uomo (o dell’alieno che sia). Più recentemente mi ha interessato “Il gioco di Ender” di O. Scott Card e ho affiancato alla passione per i film di fantascienza quella per le serie tv a tema. Sono stata Whovian fino all’ossessione (fino all’ottava stagione della nuova serie, poi la scrittura è cambiata, e non in meglio) e ho amato molto la serie canadese “Travelers”. Sì, nel “Doctor Who” e in “Travelers”, per esempio, la fantascienza si apre sui paesaggi interiori dei personaggi e sugli abissi esistenziali degli esseri umani. Quanto può muovere nel lettore, o nello spettatore il concetto che il Dottore sia “l’ultimo della sua specie” e che vada in guerra (vincendo) senza armi? In me moltissimo. Apprezzo comunque anche la pura avventura presente nelle storie; l’importante è che siano ben costruite.
Ma sei una lettrice di cosa… In genere?
Ho letto davvero una montagna di libri, di tutti i generi, di diverse epoche. Tutti i classici che ho potuto trovare. Saggi, ma soprattutto romanzi. Quando ero più giovane ho divorato la letteratura sudamericana (ah, Márquez, Amado, Rulfo, Mutis); più tardi, per un decennio mi sono appassionata alla letteratura nordamericana di fine ottocento e del novecento. Ho passato un folle periodo “Paul Auster”, uno “Truman Capote”. Ma come non amare Willa Cather? Adoro Stephen King, di cui ho divorato tutta l’opera (ma non le ultime pubblicazioni che trovo deboli). Anni fa ho letto tutto ciò che di noir e weird ho trovato, da Poe ai maestri recenti. Ultimamente sono stata a caccia di libri di short stories superlativi. Ho scovato perle preziose: i racconti gotici e “d’inverno” misconosciuti rispetto al più piatto “La mia Africa” della maestra Karen Blixen, le narrazioni raffinate di Mavis Gallant, e sono letteralmente impazzita per i racconti di Maeve Brennan (in primis per “Il principio dell’amore”) ma anche per “Il castello interiore” di Jean Stafford. Ultimamente ho scoperto Lucia Berlin. La letteratura italiana attuale, invece, mi sembra purtroppo quasi sempre “non necessaria”, sterile, anche quando un libro è ben scritto. Ho bisogno di leggere storie forti, che mi lascino un messaggio, che mi servano per comprendere qualcosa che non so. Per questo leggo da tempo soltanto letteratura estera.
Quali sono i tuoi progetti?
Ho finito qualche mese fa il mio primo romanzo, una ghost story. Credevo di volere scrivere solo racconti, ma non è stato così. Ora sto progettando un nuovo romanzo che abbia come tema la piccola città dove abito. Non sarà di impianto storico. Partirò dal dato reale per inventare una città immaginaria. Parto dall’idea che sul nostro pianeta tutti i villaggi sono pressocché simili, mi interessa l’archetipo del piccolo paese, la sua magia. Per ora non escludo che ci siano anche presenze misteriose e soprannaturali; oltre la fantascienza amo molto anche il genere fantasy e noir, come scrivevo sopra. Oltre questo sto già scrivendo altri racconti sul solco de “Il Pianeta delle Occasioni Perdute”. Uno si chiama “Le avventure di Lela”, ed è il seguito del racconto che vede protagonista il pirata Beruk; l’altro si chiama “Il Pianeta del rimpianto”, e presenta un personaggio nuovo, Orus.
Come ti poni di fronte al “Pianeta delle occasioni perdute”? Ti ha soddisfatto?
Sì, decisamente. Rispetto ai libri precedenti che ho scritto e pubblicato ho fatto, credo, un salto di qualità. Questi racconti danno voce a tanta letteratura letta e amata, sono l’espressione della mia visione dell’esistenza, un’esistenza possibile in cui “alieni” e “umani” non siano in conflitto, dove si ricerchi la saggezza, in cui l’androginia non dia scandalo, dove si esplorino nuovi mondi. In questi racconti invito tutti, e me stessa per prima, ad evitare di perdere le occasioni, per non soffrire di nostalgia e di rimpianto. Oggi tutti i maestri spirituali, le filosofie perenni di tutte le zone della Terra invitano a vivere il presente; il celebre “qui e ora”. se si vive nel qui e ora l’occasione non si può mai perdere. Mi fa piacere che tu apprezzi l’uso di neologismi che ho impiegato nelle mie pagine. Le parole nuove del mio testo non sono nate mai da un ragionamento o da una tattica. Il mio primo romanzo, l’ho scritto usando una strategia, questi racconti invece sono stati generati da una forte ispirazione, li ho scritti di getto, come se dovessi mettere solo sulla carta ciò che si era formato già da tempo nella mia mente. È sembrato strano anche a me, lo confesso.
Ci troviamo quindi di fronte a una scrittrice molto diversa dai soliti schemi: sia quelli della fantascienza, sia quelli della letteratura italiana in genere.
Personalmente ho apprezzato moltissimo l’ironia e l’umorismo di questi racconti e (una mia eterna debolezza) ho amato la speciale lingua di cui è fatto tutto il libro. Buona sorte, Patrizia.
E fatti sentire.