Il lupo di Rizor è un romanzo decisamente corposo (465 pagine) scritto da una nostra vecchia conoscenza, Andrea Scavongelli.

Curiosa la storia letteraria di Andrea, che con il suo primo libro Il pianeta di ghiaccio, vale a dire la prima parte del romanzo di cui parliamo oggi, aveva ricevuto un’offerta di pubblicazione da parte di Fanucci nientemeno, vale a dire un signor Editore, mentre la seconda parte, Il Lupo di Rizor appunto, se l’è dovuta pubblicare per conto proprio attraverso Amazon Kindle Direct Publishing.

Nel nostro primo contatto Andrea affermava che lui aveva presentato un unico romanzo all’Editore, che lo ha poi diviso in due decidendo di pubblicare solo la prima parte, Il pianeta di ghiaccio di 384 pagine. È vero che l’intero manoscritto avrebbe prodotto un bel volumone di 849 pagine. È successo proprio così, Andrea?

È andata proprio così. Il libro era unico, una storia continua, che per motivi editoriali era stato diviso in due. Motivi anche logici, un libro di ottocento e passa pagine sarebbe stato molto meno fruibile da un certo tipo di lettore, con costi eccessivi e difficoltà di diffusione (specialmente trattandosi dell’opera di esordio di uno sconosciuto). Ciò che è venuta a mancare è stata l’attuazione del “Piano B”, ossia la pubblicazione del secondo volume (promessa mai mantenuta). Ma come ho più volte ribadito do atto al mio vecchio editore di avermi introdotto in questo mondo, di avermi fatto conoscere a una fetta più o meno ampia di lettori e appassionati di genere e di aver facilitato così la diffusione conseguenziale del secondo volume, nonostante il self publishing. Lo dico in maniera assolutamente onesta, l’editoria non è altro che un’industria e deve far profitto e la fantascienza tende a non farlo al giorno d’oggi (sebbene ogni tanto un po’ di coraggio nel fare delle scelte potrebbe non guastare).

Devo confessare che io avevo ricevuto i due libri contemporaneamente e per la solita, fastidiosa mancanza di tempo, avevo letto solo il primo. Era stata una lettura davvero inaspettata e piacevole.
Il mondo di Rizor all’inizio apparentemente monotono e totalmente ghiacciato, si rivela invece incredibilmente complesso, ospitando una civiltà che ricorda vagamente quella degli Inuit, ma naturalmente in chiave completamente eroica.
Ma non è tutto.

Rizor non è altro che un pianeta nell’ambito di un Universo complesso e guerresco oltre ogni dire. A Rizor gli umani hanno installato delle forze di controllo nella zona dell’equatore, apparentemente la sola abitabile in tutto l’ultra freddo pianeta. Qui all’inizio di tutto, il delinquente Rickard Hill tenta una fuga impossibile durante un trasferimento dalla prigione, ma nel tentativo si schianta sulla superficie ghiacciata. Eppure, sopravvive!

Tutto il primo libro è particolarmente dedicato a Rickard Hill e a ciò che trova inaspettatamente su Rizor 4.

Si parla però anche dell’Impero Umano, di un esercito potentissimo i cui soldati sono detti Volmarix, di uomini inquietanti, i JS, non totalmente vivi e capaci di manipolare la misteriosa Energia J e, in sottofondo, ci sono gli Alieni, terribili nemici probabilmente imbattibili: grossi, veloci, quattro braccia, volti felini, tecnologicamente avanzati e protetti da una corazza, il biosider, che si adatta al corpo e costituisce le loro astronavi, un materiale ignoto, semi biologico e invincibile.

Tutto questo bellissimo meccanismo narrativo del primo libro, mi era completamente sfuggito dalla mente nel momento in cui ho cominciato a leggere il secondo capitolo della saga.

Mi ci sono voluti diversi capitoli per raccapezzarmi e ritrovare i miei ricordi. Non ho voluto, testardamente, rileggere nemmeno una piccola parte del romanzo già letto.

Andrea, se posso darti un suggerimento, in un’opera così complessa io ci metterei un minimo di riassunto all’inizio. Certo, per chi leggesse tutto di seguito non servirebbe, ma non credo che si solito si faccia così.

La mia idea è che scrivendo una serie di romanzi concatenati, non è sufficiente dividere mille pagine in due, o tre pezzi. Ogni volume deve essere leggibile a se stante. Quindi deve esserci una riconfigurazione della trama nella maniera più opportuna.

Il problema di fondo è che la storia andrebbe letta tutta insieme proprio perché la storia è unica. Il difetto della divisione dell’opera causa difficoltà di questo tipo. Sull’idea delle saghe con volumi leggibili in maniera interdipendente mi trovi assolutamente d’accordo, sono le mie preferite, e infatti il volume 3 ha queste caratteristiche, ma per il secondo mi sono trovato in difficoltà. Storia unica, ideata come continuativa, avrei forse dovuto inserire qualche piccolo richiamo ma l’idea originale non era quella e, che ci vuoi fare, ho deciso di non cambiare niente. Tieni conto che in self è tutto estremamente difficile. Impaginazione, strutture, copertina… tutte cose a cui deve pensare l’autore. Ma la cosa peggiore è la responsabilità di metterci la faccia a ogni strafalcione, ogni errore di battitura, ogni buco di trama… Però, come tutti gli amanti della fantascienza, sogno una saga terminata e pubblicata fatta di più romanzi che una volta completa potrà essere fruita dall’appassionato con una totale immersione in un arco di tempo piuttosto lungo. Un po’ come fanno i lettori con Martin…

Sai io ti capisco e in definitiva, questo secondo libro non delude affatto il lettore. Si tratta di una saga ben svolta, con personaggi potenti. Una bella storia che non è meno articolata di opere di grande successo, come il Trono di Spade, per esempio. La differenza è che questa è un’opera spaziale, ma la qualità delle lotte interne della politica e delle battaglie ricorda esattamente i capolavori di George R. R. Martin. È così non tanto per la storia, quanto piuttosto per la tecnica descrittiva utilizzata. Tu, a chi ti sei ispirato per questa trama?

Diciamo che Martin ha lanciato un modo di scrivere che già esisteva prima di lui ma che con lui ha conosciuto il grandissimo successo. Tutto sommato credo che la trama di Martin resti ben più complicata, ma in piccolo devo dire che sì, lo stile è quello. Ammetto di non essere un grande amante di Martin, l’ho letto e mi è piaciuto, ma se mi indicassi un’isola deserta sulla quale poter portare un numero limitato di libri non ci sarebbe lui tra i prescelti. Andrei più con David Gemmell e i suoi personaggi tanto eroici quanto umani (ecco parte dell’ispirazione che chiedevi) o alle grandi Space Opera come Dune (l’impostazione del Planetary Romance), Hyperion o il buon vecchio Guerra Eterna di Haldeman (a proposito di battaglie). Un briciolo di idee mi sono venute anche dal mondo di Warhammer 40000, un universo anche editoriale ma principalmente celebre nell’ambito dei Giochi di Ruolo.

Se la lettura de Il Lupo di Rizor è per me stata inizialmente un po’ difficile avendo letto il primo romanzo un anno fa, ho anche dovuto affrontare come ogni altro lettore la struttura a episodi del romanzo. Inizialmente si passa da una situazione all’altra, da un personaggio, all’altro e sembra proprio di leggere racconti separati.

Il lettore navigato, capisce benissimo che ogni cosa alla fine confluirà in un’unica soluzione. Il bravo Valerio Evangelisti, a suo tempo, mi aveva rivelato che per ottenere un buon risultato in analoghe situazioni, lui scriveva le storie in maniera separata. “Poi,” concludeva, “effettuando col computer i necessari posizionamenti e collages, ottengo l’effetto voluto.”

Andrea, tu come hai fatto per non confonderti?

Non lo so, devo essere sincero. Avevo l’idea di partenza, sapevo come concludere la vicenda, e per tutto quello che sta in mezzo non mi sono posto limiti. Non ho scritto storie separate, no. Qualcuno è rimasto stupito da questo modo di fare in considerazione degli intrecci che poi si ricongiungono molto bene nonostante un percorso tortuoso, ma onestamente non saprei che dirti. Mentre scrivevo mi divertivo ed è uscito un lavoro (credo) buono. Forse il segreto è stato proprio il divertimento. Sai, quando ti diverti nel fare qualcosa spesso ottieni i risultati migliori. Non è una regola, ma tende a funzionare. Ok questa risposta si riassume in tre lettere… “boh”! (risata).

Rickard Hill, indubbio protagonista del primo libro, in questo secondo romanzo mi è parso un po’ lasciato indietro. Peccato, perché era un personaggio di notevole spessore. Ritorna prepotentemente nell’ultimo capitolo. Non ho letto il terzo romanzo, Rickard Hill avrà un futuro?

Rickard Hill è eroe suo malgrado anzi, personaggio suo malgrado. Il suo obbiettivo è defilarsi, mi stava simpatico e gli ho concesso di ottenere ciò che voleva. Mi aveva chiesto espressamente di essere lasciato in pace dopo tutto quello che gli era successo, come facevo a dirgli di no? È un mio vecchio amico e sì, avrà un futuro, e mi piace molto il suo futuro, la sua redenzione, la sua presa di coscienza su passato e futuro. Gli voglio bene e credo che non lo ucciderò. Forse (risata). Vedrai nel terzo volume…

Ciò che più mi è piaciuto ne Il Lupo di Rizor è la rivelazione di molte cose rimaste in sospeso ne Il Pianeta di Ghiaccio. Per esempio, quale sia la vera potenza dei JS, chi è il Formatore, dove sono e cosa sono le incisioni sul ghiaccio… Certo che per chi non abbia letto il primo libro tutto ciò può risultare incomprensibile, ma ovviamente parliamo a chi avrà voglia di leggere tutta la saga.

Una saga è così per definizione. “L’impero colpisce ancora” è un bel film a sé stante ma non può essere compreso a pieno senza aver visto “Episodio IV”. No no, per leggere il secondo volume bisogna aver letto anche il primo. Per il terzo volume, “La Spada e le Stelle“, si potrebbe essere un po’ più indulgenti, ma la lettura dei primi due è sempre consigliata per cogliere a pieno tanti particolari e citazioni.

Tu, alla fine, hai inserito una lunga sequenza di Appendici, che francamente non credo abbiano alcuna attinenza con la storia. Io, per lo meno non l’ho vista.
Credo che avresti dovuto usare tale materiale in qualche altra pubblicazione. Forse mi è sfuggito qualcosa su questa tua scelta?

No, ma dato che tra le ispirazioni di cui abbiamo parlato sopra c’era anche Dune, ricco di appendici alla fine del romanzo, ho voluto seguire uno schema simile. Sia ben chiaro, non ho voluto “copiare”, ma per chi ci vedesse una sorta di plagio vorrei ricordare che si tratta di un omaggio. Omaggio di un appassionato di fantascienza che nel suo piccolo ringrazia autori che gli hanno concesso bei momenti e belle letture. Mi piacerebbe riuscire a fare lo stesso con i miei lettori. Intanto mi diverto a scrivere che già è una gran cosa. Inoltre, diversamente da Dune ho iniziato a inserire i cosiddetti “Ghost Tale”. In questo caso l’idea riprende alle cosiddette “tracce fantasma” che compaiono in alcuni dischi dopo qualche minuto di silenzio, come nascoste. Sono racconti che richiamano marginalmente il romanzo principale. Sono un piccolo nuovo passo nel mondo di Rizor ma mantengono i dettami della divagazione. Magari per chi ha apprezzato la storia trovare alla fine un piccolo ulteriore “cioccolatino” può essere una bella sorpresa. Leggere non fa ingrassare (risata).

Bene. A questo punto credo che il lettore abbia già un bel quadro del tuo lavoro, caro Andrea.

Inutile ripetere che si tratta di un’opera di ottima qualità e di una saga gigantesca, soprattutto se vista come l’opera prima di uno scrittore debuttante.

Complimenti e ci sentiremo per la terza parte.

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nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all'età di otto anni sarà "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo "Nuove Vie per le Indie" e moltissimi racconti.

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Nato a Ortona (Ch) nel 1985, lavora come TSRM nel reparto di Radioterapia di Chieti. Grande appassionato di basket e di musica metal, rock, jazz e country, è un accanito lettore di fantascienza e fantasy. Predilige la Space Opera nella sua versione più spettacolare, e si è divertito a scriverne una tutta sua, Il Ciclo di Rizor, iniziato con "Il pianeta di ghiaccio" (Fanucci) e proseguito in Amazon self con "Il lupo di Rizor".