Al momento sono disponibili su questo sito i seguenti capitoli:
1. Il medico dei sogni,
2. Analisi dell’anima
3. Il Sibarita
4. Il salone di bellezza
5. Il circuito fantasma
6. Il Detettàfono
Il capitolo di prossima programmazione, Il sarcofago della mummia, toccherà un classico argomento della letteratura di inizio secolo scorso.
La collezione Medici era scomparsa dalla biblioteca principale, dove Miss White stava facendo un minuzioso esame per determinare quali danni fossero stati inferti al reparto che presiedeva.
“A quanto pare ogni libro con una rilegatura verde è stato in qualche modo mutilato,” riassunse il dottor Lith, “ma ciò è solo una minima parte del problema. Anche altri libri hanno sofferto e alcuni sono addirittura scomparsi. Non è possibile che una simile azione possa essere opera di un visitatore qualsiasi. Qui sono ammessi solo pochi amici personali del signor Spencer e non sono mai lasciati soli. No, è un caso strano e misterioso.”
Proprio in quel momento tornò Spencer con Miss White, che era una ragazza estremamente attraente, di figura esile e gli abiti più alla moda di New York non le avrebbero mai conferito un aspetto migliore. I due erano impegnati in una conversazione animata, decisamente in contrasto con l’annoiata attenzione che Spencer aveva dedicato al Dr. Lith, sicché lo notai perfino io che quel magnate non pensava per niente a se stesso e il suo amore per la bellezza non era affatto limitato all’inanimato. Mi chiedevo se fosse stato solo ciò che aveva detto la donna a motivare Spencer. Più guardavo la ragazza e più mi convincevo che lei sapesse benissimo di essere interessante per il milionario.
“Per esempio,” stava dicendo il dottor Lith, “la famosa collezione di smeraldi che è scomparsa è sempre stata considerata ‘maledetta’. Quelle gemme hanno sempre portato sfortuna e, come molte cose simili toccate dalla superstizione, sono state, per così dire, ‘nascoste’ nei musei dai loro proprietari.”
“Ma è possibile venderle; cioè, qualcuno potrebbe smaltire gli smeraldi o le altre curiosità con ragionevole sicurezza e a un buon prezzo?”
“Oh, certamente,” si affrettò a dire il dottor Lith, “non come collezioni, ma come pietre. Gli smeraldi da soli valgono cinquantamila dollari. Credo che il signor Spencer li abbia comprati per la signora Spencer alcuni anni prima che morisse. Tuttavia, alla signora non è mai piaciuto indossarli, per cui li fece sistemare qui.”
Mi parve di aver notato un’ombra di irritazione sul volto del magnate. “Non importa,” disse costui. “Permettetemi di presentare Miss White. Ritengo che troverete la sua storia tra le più inquietanti.”
Predispose una sedia per la donna e, rivolgendosi a noi ma guardando lei, Spencer continuò: “Sembra che la mattina in cui è stato scoperto per la prima volta il vandalismo, Miss White e il dottor Lith abbiano immediatamente iniziato una approfondita perquisizione dell’edificio per accertare l’entità dei danni. La ricerca è durata tutto il giorno e fino a notte fonda. Credo che fosse mezzanotte quando avete finito?”
“Erano quasi le dodici,” esordì la ragazza, con una voce musicale troppo parigina per armonizzarsi con il suo semplice nome anglosassone, “quando il dottor Lith tornò nel suo ufficio a controllare gli oggetti del catalogo che erano danneggiati o mancanti. Io lavoravo in biblioteca. Un rumore, come qualcosa agitato dal vento, attirò la mia attenzione. Sono rimasta in ascolto. Il suono sembrava provenire dalla galleria, una grande stanza al piano di sopra dove sono appesi alcuni dei più grandi capolavori di questo Paese. Mi sono affrettata a salire.
“Quando ho raggiunto la porta, ho avuto la strana sensazione di non essere sola nella stanza. Ho armeggiato per azionare l’interruttore della luce elettrica, ma ero nervosa e non l’ho trovato. Ma c’era abbastanza luce nella stanza per distinguere gli oggetti, anche se non bene. Mi è sembrato di sentire un suono basso, un gemito provenire da una vecchia brocca di rame fiamminga poco più in là. Dicevano, infatti, che quell’oggetto gemesse durante la notte.”
La ragazza si fermò e rabbrividì al ricordo, poi si guardò intorno come se fosse grata per il flusso di luce elettrica che ora illuminava tutto quanto. Spencer si avvicinò e le toccò il braccio per incoraggiarla a proseguire. Lei non sembrò voler protestare per quel tocco.
“Di fronte a me, sul nudo pavimento,” continuò, con gli occhi spalancati e il respiro che andava e veniva rapido, “c’era il sarcofago di Ka, una sacerdotessa tebana, credo. La cassa doveva essere vuota e sul coperchio è dipinta l’immagine della sacerdotessa! Occhi straordinari che sembrano trafiggere l’anima. Spesso durante il giorno mi sono ritagliata qualche minuto per poterli ammirare. Ma di notte – ricordate anche che ora fosse quella notte – ahimè, fu terribile, terribile. Il coperchio del sarcofago si mosse, sì, si mosse proprio, e sembrò fluttuare di fianco. L’ho visto benissimo. E dietro quel volto scolpito e dipinto con gli occhi penetranti c’era un altro volto, un volto vero, occhi veri, che mi guardarono con tantissimo odio da quel sarcofago che avrebbe dovuto essere vuoto.”
La ragazza si era alzata e ora dimostrava un immenso terrore che le si leggeva in viso, come se chiedesse protezione per qualcosa che non era in grado di nominare. Spencer, che non le aveva tolto la mano dal braccio, la spinse delicatamente sulla poltrona e finì lui il racconto.
“Miss White ha urlato ed è svenuta. Il dottor Lith l’ha sentita e si è precipitato al piano di sopra. La signorina giaceva sul pavimento. Il coperchio del sarcofago era stato davvero spostato. Il dottore l’ha visto benissimo. Anche se nient’altro era stato spostato. Il dottor Lith portò qui Miss White, la rianimò e la consigliò di riposare per un giorno o due, ma…”
“Non posso, non ce la faccio,” gridò la ragazza. “Tutto questo è come se mi affascinasse. Mi riporta continuamente in quella stanza. Lo sogno. Anche l’altra notte credevo di aver visto quegli occhi che mi perseguitano. Ne ho paura, ma non li posso evitare, nemmeno se fissandoli dovessi morire. Devo scoprire e sfidare questa forza. Che mai sarà? Una maledizione di quattromila anni che è caduta su di me?”
Avevo sentito storie di mummie che si risvegliavano dal loro sonno secolare per raccontare il destino di qualcuno imprigionato tra i regni. Mummie che gemevano e parlavano e cercavano di respirare, battendo freneticamente le mani fasciate nelle ore stregate della notte. E sapevo che il richiamo di queste mummie per alcune persone era tanto forte da essere irresistibilmente attratti cercando di conferire con loro. Era un caso di studio per oculisti, spiritisti, egittologi o per un detective?
“Vorrei esaminare la galleria d’arte. In realtà, vorrei esaminare l’intero museo,” disse Kennedy a quel punto nel suo tono più pratico.
Spencer, con un’occhiata all’orologio, si scusò, facendo segno al Dr. Lith di accompagnarci e aggiunse la buona notte a Miss White con evidente simpatia per il suo spavento. Disse: “Starò a casa almeno per un’altra mezz’ora, nel caso in cui ci fossero sviluppi veramente importanti.”
Pochi minuti dopo Miss White si allontanò per la notte, apparentemente con riluttanza, ma anche, mi parve, con un piccolo brivido mentre guardava lungo la scala che conduceva alla galleria d’arte.
Il Dr. Lith salì per un’ampia scalinata e ci condusse in una grande sala di marmo col soffitto a volta Superammo bellissime sculture e affreschi che avrei voluto poter ammirare meglio.
La galleria d’arte era una lunga stanza in cima all’edificio, priva di finestre ma illuminata da un enorme doppio lucernario. Ciascuna delle due metà doveva essere larga poco meno di tre metri. La luce che attraversava il lucernario passava attraverso lastre di vetro di meravigliosa trasparenza. Si vedeva il cielo come se al di sopra ci fosse stata solo aria.
Kennedy ignorò la profusione d’arte nella galleria, inestimabile per l’epoca e andò direttamente al sarcofago della sacerdotessa Ka.
“Ha una storia strana,” osservò il dottor Lith. “Non meno di sette morti sono state attribuite all’influenza maligna di quella bara giallo verdastra, oltre a molti incidenti. Come forse sa, gli antichi egizi erano soliti scrivere maledizioni sulle tombe dei morti: ‘Sventura a chi dissacrerà la tomba. Il malfattore sarà consegnato al Divoratore degli Inferi. Anima e corpo saranno distrutti.’”
Era davvero un oggetto notevole. Sul coperchio era dipinto il corpo di una donna di media statura vestita da sacerdotessa egizia, il volto enigmatico. Gli occhi obliqui all’egiziana fissavano letteralmente gli astanti, come aveva ben detto la signorina White. È certo che chi per natura potesse essere influenzato da tali cose, dopo pochi minuti si sarebbe davvero convinto per auto ipnotismo che quegli occhi si muovevano ed erano veri. Anche se ero voltato e guardavo altrove, sentivo quegli occhi penetranti che mi fissavano, mai addormentati, sempre acuti e indagatori.
Per Kennedy non c’era invece alcun timore reverenziale. Spinse con cura da parte il coperchio e sbirciò all’interno. Mi aspettavo quasi di vedere che dentro ci fosse qualcuno. Craig tirò fuori la sua lente d’ingrandimento ed esaminò attentamente lo scomparto. Alla fine, fu apparentemente soddisfatto della ricerca. Aveva controllato attentamente alcuni segni in parte sulla pietra e sul sottile strato di polvere che si era raccolto sul fondo.
“Direi che sia stata una reincarnazione molto attuale e decisamente materiale,” osservò, alzandosi. “Se non sbaglio, l’apparizione indossava delle scarpe con chiodi sui talloni e in punta, dissimili da quelli delle comuni scarpe americane. Dovrò confrontare i segni che ho trovato e di cui ho fatto copia, con i chiodi delle scarpe della meravigliosa collezione di Monsieur Bertillon. Secondo me le scarpe potrebbero essere di fabbricazione francese.”
In seguito, fu esaminata la biblioteca senza che nulla attirasse particolarmente l’attenzione di Kennedy, che dunque chiese di vedere il seminterrato e la cantina. Il Dr. Lith ci fece luce e siamo scesi.
Laggiù c’erano moltissime enormi casse da imballaggio, appena arrivate dall’estero, contenenti l’ultima spedizione di tesori d’arte acquistati da Spencer. A quanto pare il Dr. Lith e Miss White erano stati così assorti nella ricerca dei danni fatti ai tesori d’arte di sopra che non avevano avuto il tempo di esaminare i tesori nuovi sistemati nel seminterrato.
La prima mossa di Kennedy fu quella di avviare una ricerca approfondita di tutte le aperture verso l’esterno protette con grate e di una porta che conduceva in una sorta di piccola area per la rimozione delle ceneri e dei rifiuti. La porta non mostrava alcuna traccia di manomissione, come, a prima vista, nessuna delle finestre. Kennedy ebbe un’esclamazione e noi andammo presso di lui. Aveva aperto una delle finestre e aveva poggiato la mano contro la grata, che era rumorosamente caduta sul marciapiede esterno. Le barre erano state completamente segate con cura e la grata era stata di nuovo incastrata al suo posto, in modo che, a uno sguardo superficiale, nulla potesse essere rilevato. Kennedy osservò la serratura della finestra. Era a posto, ma l’avevano forzata e non avrebbe mai potuto assolvere al suo compito.
“La maggior parte della gente,” osservò, “non sa cosa siano le sbarre da scasso, eppure sono oggetti tremendi e una normale serratura non può proteggere una finestra da una sbarra da scasso di venti centimetri. Anche un ladro mingherlino, se la usa, può esercitare una pressione sufficiente a spostare due tonnellate. Meno di una finestra su mille può sopportare tale tensione. Le serrature sono appena sufficienti a tenere lontani i ladruncoli o costringere un ladro con conoscenze scientifiche a fare del rumore. Ma, in questo caso, fare rumore non è un deterrente, nemmeno di notte. Questo posto con tutti i suoi favolosi tesori dovrebbe essere costantemente controllato, come se la porta d’ingresso fosse spalancata.”
Dopo aver rimesso a posto le sbarre e chiusa apparentemente la finestra come prima, Craig dedicò i suoi sforzi all’esame delle casse di imballaggio del seminterrato. Pareva che lì non fosse stato toccato nulla. Ma rovistando, in un angolo dietro una delle casse, estrasse un bastone. In apparenza un normale bastone da passeggio di Malacca. Lo tenne un momento in equilibrio sulla mano, poi scosse la testa.
“Troppo pesante per essere Malacca,” rimuginò. Poi gli venne un’idea. Diede una torsione al manico. E incredibilmente si divise e si produsse un lampo di luce.
“Eh, che ve ne pare?” disse. “Una scientifica lanterna cieca, la cosa più bella che abbia mai visto. Un bastone di luce elettrica, con una piccola lampada a incandescenza e una pila nascosta dentro. Adesso sì che tutto si fa interessante. Credo che abbiamo finalmente trovato il nascondiglio di un vero ladro scientifico, anche se Bertillon dice che tali individui si trovino solo nei libri. Vediamo se ha nascosto qualche altra cosa.”
Dallo stesso angolo estrasse uno strumento piccolo e insolito: un cilindro d’acciaio blu, con un anello di gomma dura che stava giusto nel palmo della mano. Con indice e medio toccò un mezzo anello d’acciaio posto all’estremità opposta.
Seguì un forte schiocco come a seguito di un’esplosione e un vaso appena disimballato dall’altra parte del seminterrato andò in frantumi.
“Acc…!” esclamò Kennedy. “Non volevo. Sapevo che l’aggeggio era carico, ma non avevo idea che l’anello della molla fosse tanto delicato da sparare al minimo tocco. Si tratta di uno di quegli aristocratici Apache Revolver che si possono tenere in tasca del giubbotto o nasconderli in mano. Piuttosto pericoloso! E qui c’è anche una scatola di cartucce.”
Ci siamo guardati stupiti per quel ritrovamento. A quanto pareva il vandalo aveva programmato altre visite.
“Per cui,” proseguì Kennedy. “Immagino che il nostro intruso, molto umano, ma non meno misterioso, conti di usare altre volte questi attrezzi. Bene, facciamo in modo che li trovi. Per il momento rimetto tutto a posto. Stasera torniamo in galleria d’arte.”
Alla fine, mi son ritrovato a pensare che quel lavoro forse era stato fatto dall’interno e che il lavoretto sulla finestra era solo una copertura. O forse il vandalo era affascinato dalla sottile influenza mistica che così spesso sembra emanare da oggetti provenienti da epoche remote. Non potei, del resto, fare a meno di chiedermi se la storia che Miss White aveva raccontato fosse proprio vera. C’era qualcosa di più della superstizione nell’evidente terrore della ragazza? Quella donna aveva visto qualcosa, ero certo, perché pareva davvero molto turbata. Ma cosa aveva visto? Finora tutto ciò che Kennedy aveva trovato aveva dimostrato che la reincarnazione della sacerdotessa Ka era stata molto fisica. Forse la ‘reincarnazione’ era entrata nella sala di giorno ed era rimasta nascosta nel sarcofago della mummia fino a notte. Sarcofago, molto probabilmente, considerato nascondiglio sicuro e non sospettabile.
Kennedy evidentemente aveva delle idee e un piano, perché non appena si fu accordato con il Dr. Lith per poter entrare nel museo quella sera, si scusò. Uscì e appena voltato l’angolo della strada, si precipitò in una cabina telefonica.
“Ho chiamato il vicesceriffo O’Connor,” mi spiegò uscendo dalla cabina dopo un quarto d’ora. “Sapete che O’Connor ha due uomini che fanno visita a tutti i banchi dei pegni della città almeno una volta alla settimana per esaminare i pegni recenti e confrontarli con le descrizioni degli articoli rubati. Gli ho fornito una lista dal catalogo del Dr. Lith e penso che se qualcuno avesse dato in pegno degli smeraldi, per esempio, lui li potrà identificare facilmente.”
Per far passare il tempo abbiamo tranquillamente cenato in un hotel non lontano e Kennedy per la maggior parte, si limitò a fissare il suo cibo. Solo una volta accennò al caso e fu quasi come se stesse parlando tra sé ad alta voce.
“Al giorno d’oggi,” disse, “i criminali sono eccezionalmente ben informati. Un tempo rubavano solo denaro e gioielli; oggi si appropriano anche di quadri famosi e di oggetti d’antiquariato. Conoscono il valore del bronzo antico e del marmo. In effetti, la diffusione del gusto per l’arte ha insegnato a ogni ladro intraprendente che queste cose non hanno un valore volgare e quello del nostro caso ha fatto in modo che i proprietari dei beni rubati siano portati a pagare una percentuale ragionevole del valore del suo saccheggio artistico. Il successo del ladro d’arte europeo sta facendo scuola al ladro americano. E per questo penso che troveremo alcuni di questi oggetti nelle mani di noti ricettatori.”
Quando infine siamo entrati al museo, era ancora sera presto e abbiamo potuto usare la chiave che il dottor Lith aveva concesso a Kennedy. Lith sarebbe stato ansioso di unirsi a noi nella veglia, ma Craig aveva diplomaticamente rifiutato, una circostanza che mi lasciò alquanto perplesso e mi fu fatto di pensare che forse sospettava anche del curatore.
Ci siamo sistemati in un angolo in cui non ci poteva vedere nessuno, nemmeno col lampadario al massimo della potenza e abbiamo atteso molte ore, senza che succedesse nulla. Ci furono strani e magici rumori in abbondanza, non certo tali da rassicurare, ma Craig aveva sempre pronta una spiegazione.
Nella mattinata successiva alla nostra lunga e infruttuosa veglia in galleria d’arte, il Dr. Lith si presentò nel nostro appartamento in uno stato di grande turbamento.
“Miss White è scomparsa,” disse sconvolto, in risposta all’immediata domanda di Craig. “Quando ho aperto il museo, lei non era lì come al solito. Invece, ho trovato questa nota.”
L’uomo posò sul tavolo il seguente messaggio scritto in modo affrettato:
Non cercate di seguirmi. È la maledizione verde che mi ha perseguitato fin da Parigi. Non posso fuggirne, ma posso impedire che colpisca altri.
LUCILLE WHITE
Niente più. Ci siamo guardati, incapaci di interpretare l’enigmatica frase: “la maledizione verde.”
“Mi aspettavo in effetti qualcosa del genere,” osservò Kennedy. “A proposito, le punte delle scarpe erano francesi, come avevo immaginato. Anche i tacchi erano francesi. Fu dunque la stessa Miss White a essersi nascosta nel sarcofago della mummia.”
“Impossibile,” esclamò incredulo il dottor Lith. Ma io sapevo bene che era una sciocchezza non credere a ciò che diceva Kennedy.
Un attimo dopo si spalancò la porta ed entrò uno degli uomini di O’Connor con delle notizie. Erano stati trovati alcuni degli smeraldi in un banco dei pegni della Third Avenue. O’Connor, memore del destino storico della Madonna del Messico e della statua della dea egizia Neith rubata, aveva avviato una ricerca approfondita e in questo modo almeno una parte dei gioielli rubati era stata localizzata. C’era solo un indizio che poteva indicare chi fosse il ladro, ma sembrava promettente. Il banco dei pegni lo descrisse come “un folle artista francese,” alto, con la barba nera a punta. Nel dare in pegno i gioielli aveva fornito il nome di Edouard Delaverde, e gli investigatori si erano dati a un esame approfondito degli atelier più noti nella speranza di rintracciarlo.
Kennedy, il dottor Lith e io ci avviammo alla pensione in cui viveva la signorina White. A cominciare dalla padrona di casa, fino ai pettegolezzi, proprio nulla distingueva quel posto dalle tantissime camere in affitto dello stesso tipo. Riuscimmo facilmente ad appurare che la signorina White la sera prima non era rientrata. Secondo la padrona di casa era una donna misteriosa e ci disse che tutti sapevano che non era certamente americana. Era dunque una ragazza francese il cui nome, secondo lei, sarebbe stato Lucille Leblanc – che, in vero, significava White. Kennedy non fece alcun commento, ma io ero incerto se concludere che la ragazza fosse la vittima di un gioco maligno, o se fosse lei stessa la criminale, o un membro di banda criminale.
Attraverso le agenzie di persone scomparse non scoprimmo nulla. Tuttavia, a metà del pomeriggio, ci giunse notizia che uno dei detective della polizia aveva apparentemente localizzato l’atelier Delaverde. Assieme a questa informazione c’era l’interessante caso per cui una donna che corrispondeva abbastanza alla descrizione di Miss White era stata vista lì il giorno prima. Delaverde però era uccel di bosco.
Il detective ci condusse in un edificio in centro in una zona residenziale, una piccola isola in mezzo al flusso di edifici d’affari e di commercio che aveva spazzato via tutto ciò che esisteva prima. Era un palazzo vecchio e grande dedicato interamente a studi di artisti.
A noi interessava una delle suite più economiche, quasi spoglia di mobili e in uno stato di disordine particolarmente marcato. Al centro della stanza c’era un quadro non finito e molti altri terminati erano semplicemente appoggiati al muro. Erano del carattere più barbaro che si potesse immaginare. Anche le concezioni dei futuristi al confronto sembravano moderate.
Kennedy iniziò subito a rovistare ed esplorare. Nell’angolo di un armadio vicino alla porta scoprì una fila di bottiglie di colore scuro. Una era riempita a metà con un liquido verde smeraldo.
Lo avvicinò alla luce e lesse l’etichetta “Assenzio.”
“Ah,” esclamò con evidente interesse, guardando prima la bottiglia e poi le immagini barbare e informi. “Il nostro pazzo francese è dedito all’assenzio. E infatti queste immagini sono chiaramente il prodotto di una mente sconvolta, più che di un genio.”
Rimise a posto la bottiglia, dicendo: “È solo di recente che il nostro governo ha vietato l’importazione di questa roba a seguito della decisione del Dipartimento dell’Agricoltura che ha stabilito come sia pericolosa per la salute e in conflitto con la legge alimentare. In Francia lo chiamano il “flagello,” la “peste,” il “nemico,” la “regina dei veleni.” Rispetto ad altre bevande alcoliche presenta la più grande tossicità possibile. In Francia, Svizzera e Belgio esistono leggi contro questa sostanza. Non è solo l’alcol, anche se il liquore ne contiene dal cinquanta all’ottanta per cento. Ma ciò che lo rende così mortale è l’olio di assenzio, la cui amarezza è proverbiale. Il principio attivo dell’absinthium è un narcotico. La sostanza crea un’assuefazione insidiosa e difficile da eliminare, un desiderio più esigente della fame. È fatale quasi quanto la cocaina nei suoi effetti esplosivi sulla mente e sul corpo.
“L’assenzio,” proseguì, senza smettere di rovistare, “ha un’affinità speciale per le cellule cerebrali e il sistema nervoso. Produce una speciale afflizione della mente, che potrebbe essere chiamata assenziomania. In seguito al suo uso si ha perdita della volontà, brutalità, mollezza cerebrale. Dà origine alle allucinazioni più brutali. Forse è per questo che il nostro assenziomane ha deciso di distruggere o rubare tutte le cose verdi, come se ci fosse qualche colpa in quel colore, anche se avrebbe potuto prendere tante cose più preziose. Gli assenziomani sono noti per saper eseguire manovre molto complesse, che richiedono grande abilità con l’uso di strumenti delicati. Sono abili a scomparire e in seguito non hanno memoria delle loro azioni.”
Su una scrivania sporca d’inchiostro giacevano alcuni libri, tra cui “L’uomo delinquente” e “La donna criminale” di Lombroso. Kennedy diede un’occhiata a un manoscritto arrotolato e incastrato in una casella. Era scritto con mano tremante, con grafia piccola, certamente straniera e faceva evidentemente parte di un libro o di un articolo.
“Oh, quanta malvagità nella ricchezza!” lesse. “Mentre milioni di poveri lavoratori schiavi, muoiono di fame e tremano, gli schiavisti di oggi, come gli schiavisti dell’antico Egitto, spendono denaro strappato dal sangue del popolo e lo usano in inutili giocattoli d’arte senza valore mentre il popolo non ha pane; lo usano in vecchi libri mentre il popolo non ha case; in gioielli mentre il popolo non ha vestiti. Spendono migliaia di dollari per artisti morti, ma è malvolentieri speso un unico dollaro per un genio vivente. Abbasso tale arte! Dedico la mia vita a correggere i torti del proletariato. Vive l’anarchisme!”
La cosa stava diventando piuttosto seria. Ma di gran lunga la scoperta più inquietante fu una serie di grandi tubi di vetro in un angolo dello studio ormai deserto, alcuni frantumati, altri non ancora utilizzati e ritti in fila come se dovessero essere riempiti. A un’estremità di uno scaffale c’era una bottiglia etichettata “acido solforico,” mentre all’altra parte c’era un enorme barattolo colmo di grani neri, accanto a una bottiglia di clorato di potassio. Kennedy prese alcuni grani neri e li mise in un posacenere di metallo. Accese un fiammifero e ci fu uno sbuffo con una piccola nuvola di fumo.
“Ah,” esclamò, “polvere nera. Il nostro assenziomane è un fabbricante di bombe, forse un esperto. Vediamo. Immagino che stesse costruendo una bomba potente, ingegnosamente prodotta con questi cinque tubi di vetro. Quello centrale, azzardo, avrebbe contenuto acido solforico e clorato di potassio separati da un batuffolo di cotone idrofilo. Quindi i due tubi su ciascun lato avrebbero probabilmente dovuto contenere la polvere e, credo che i tubi esterni dovessero essere riempiti con spirito di trementina. Nel marchingegno, l’acido del tubo centrale deve stare al di sopra per impregnare gradualmente il batuffolo di cotone e generare un grande calore e un’esplosione a contatto con il potassio. Il che accenderebbe la polvere nei tubi vicini e disperso la trementina infuocandola, provocando una terrificante esplosione e un incendio molto esteso. Con un’idea imperativa di vendetta contro chiunque, come quella che il manoscritto rivelava, sia per i torti subiti come artista, o per i torti immaginari, chissà cosa potrebbe pianificare questo pazzo? È scomparso, ma forse ritrovarlo potrebbe essere molto più pericoloso.”
Traduzione
© 2024 by Mario Luca Moretti
© 2024 by Franco Giambalvo
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nasce il 5 ottobre 1880, muore il 9 agosto 1936, è stato uno scrittore americano di misteries. È conosciuto soprattutto per aver creato il personaggio del Professor Craig Kennedy, talvolta chiamato "Lo Sherlock Holmes americano"