Al momento su questo sito sono disponibili i seguenti capitoli:
1. Il medico dei sogni,
2. Analisi dell’anima
3. La Sibarita
4. Il salone di bellezza
5. Il circuito fantasma
6. Il Detettàfono
7. La maledizione verde
8. Il sarcofago della mummia
9. L’elisir di lunga vita
10. La tossina della morte
11. La fumeria d’oppio
12. Il cartello della droga
Questa storia è stata già abbozzata alla fine del capitolo 12, ma ora che cosa scopriranno i nostri eroi?
Rapidamente Kennedy, col permesso di Donnelly, riassunse ciò che aveva appena sentito. I due detective colsero sia la comicità, che la gravità della situazione e cercarono punti di contatto.
“Sia il taccheggiatore dilettante che quello professionale hanno sempre rappresentato per me un aspetto interessante della criminalità,” azzardò Kennedy, durante una pausa nella loro reciproca commiserazione. “Con articoli del valore di migliaia di dollari esposti senza protezione sugli scaffali, non c’è da stupirsi se certi individui siano tentati di allungare la mano per prendere quel che vogliono.”
“Sì,” spiegò Donnelly, “il taccheggio è il problema più grande, mai risolto, dei grandi magazzini. Perché, signore, una persona che opera a quel modo, ruba in un anno più di uno scassinatore e costa ai magazzini più di due milioni di dollari. E proprio adesso, con gli acquisti di stagione al picco, è il momento di maggiore attività di questi individui. È il prezzo che i magazzini pagano per poter esporre i loro articoli, il che pur si deve fare e così siamo alla mercè dei ladri. Con questo non mi riferisco al taccheggiatore occasionale, che, se preso in fallo, confessa, piange, supplica e alla fine restituisce il maltolto. Ma c’è chi spesso se la cava. I taccheggiatori regolari… e sono loro che prendono i due milioni. Sono ben noti alla polizia. Nei nostri reparti molto spesso sono donne le cui fotografie costellano gli schedari, le cui carriere e imprese sono note a chi vigila per la libertà. Si intascano bottini che permettono loro una vita lussuosa.”
“Di sicuro non siamo di fronte al suo solito tipo di malfattori”, intervenne Bentley, “ma sappia che se i grandi gioiellieri scoprono qualcosa del genere, la affrontano con decisione.”
“Lor signori hanno qualche idea di chi potrebbe essere?” chiese Kennedy, che aveva seguito la discussione con interesse.
“Be’, qualche idea ce l’ho,” rispose Donnelly. “Da quello che dice Bentley non sarei sorpreso di scoprire che si tratta della stessa persona in entrambi i casi. Di certo saprete quanto siano presi d’assalto i grandi magazzini di questi tempi. È molto più facile per questi individui dalla mano lesta lavorare nei momenti di ressa che in altri momenti. In estate, per esempio, non ci sono quasi taccheggi. Ho pensato che forse potremmo scoprire la nostra particolare taccheggiatrice con metodi semplici, forse potrebbe identificarla qualcuno dei commessi del reparto gioielli. Ne abbiamo uno che dice di poter riconoscere una delle due donne se la rivedesse. E noi abbiamo dei piccoli schedari in molti dei nostri magazzini. Ma purtroppo, in questo caso, non è riuscito a riconoscere nessuno. Allora abbiamo portato il nostro dipendente alla centrale di polizia. Il commesso ha passato pagina per pagina le foto delle taccheggiatrici note sugli schedari della polizia. Alla fine, ha puntato il dito su una fotografia. Questa è una delle donne che ho visto quel giorno, ha detto. E ha aggiunto, Ne sono certo.”
Donnelly esibì una copia della foto segnaletica.
“Che cosa?” esclamò Bentley fissandola, per poi leggere il nome e la storia sul retro. “Annie Grayson? Ma lei è conosciuta come la regina delle taccheggiatrici. Ha operato da Christie’s a Londra e perfino nei negozi d’arte di San Francisco. Ha usato decine di pseudonimi e ha portato l’arte dell’alibi a livelli di perfezione. Ho già sentito di lei molte altre volte. Mi chiedo se sia davvero la persona che cerchiamo. Si dice che Annie Grayson abbia da insegnare sul taccheggio più di quanto altri potranno mai imparare.”
“Già,” continuò Donnelly, “e questa è la parte strana. Il commesso era pronto a giurare di aver visto altre volte quella donna, ma non era sicuro che quella al bancone con la collana fosse lei. Di questo non era affatto convinto.”
“Allora come ha fatto a rubarla?” chiesi io.
“Non ho detto che l’abbia fatto,” rispose cauto Donnelly. “Non lo so, infatti. Per questo sono qui a chiedere aiuto al professor Kennedy.”
“Allora chi pensa che l’abbia rubata?”
“Abbiamo parecchie testimonianze di vari commessi, ma in contrasto tra loro,” continuò Donnelly. “Coloro che per certo hanno visto la collana, confermano ci fosse un’altra donna, di un genere del tutto diverso e molto famosa in città.” Ci guardò fisso, come volesse impressionarci con quello che stava per dire, poi si avvicinò e quasi sussurrò il nome. “Da ciò che posso evincere dall’insieme delle prove, l’ultima persona che è stata vista osservare i diamanti è stata la signora Willoughby, la moglie del broker di Wall Street.”
Il solo alitare un tale sospetto sarebbe stato abbastanza, senza quel modo teatrale di comunicare l’informazione. Capii perché, con un sospetto del genere, l’uomo fosse in dubbio se continuare l’indagine da solo e quindi era venuto a chiedere consiglio a Kennedy. Ella Willoughby, oltre a essere la moglie di uno dei più famosi speculatori di alto bordo, era molto famosa nelle cronache mondane. Viveva a Glenclair, dove era una figura di spicco sia della Chiesa, che del country club. Sapevo che il gruppo che gestiva questo equilibrio tra cielo e terra, tra carne e il diavolo, era un gruppo molto esclusivo, che, sotto la tranquilla egida dei quartieri residenziali, conduceva una vita piuttosto varia. La signora Willoughby, oltre a essere una leader, era una donna molto attraente e di grande eleganza, molto attiva fra i quasi-milionari che costituivano quel gruppo.
Fin dall’inizio tutta la storia si era presentata come un vero rompicapo. Con ogni probabilità era stata la signora Willoughby a guardare i gioielli in entrambi i casi. D’altro canto, almeno in un caso era stata notata anche Annie Grayson, anche se all’apparenza non aveva avuto nulla a che fare con la scomparsa dei gioielli. Almeno per ciò che dicevano le prove tangibili. Inoltre, Donnelly ci comunicò che si era spinto oltre e che alcuni dei suoi uomini avevano pedinato le due donne scoprendo quello che sembrava un curioso incrocio di percorsi. Infatti, avevano l’abitudine di frequentare la stessa sala da tè sulla 32° Strada e, tuttavia, nessuno le aveva mai viste insieme. La coincidenza poteva essere confermata dal fatto che molte signore di Glenclair, durante le loro spedizioni di shopping, consideravano questa sala da tè come una specie di luogo d’incontri. Facendo altre domande nella sua cerchia, Donnelly aveva scoperto che di recente altri negozi avevano registrato delle perdite, soprattutto perle e diamanti, bianchi e neri.
Kennedy rifletté sulla situazione per qualche tempo, senza quasi dire una parola. I due detectives stavano diventando nervosi, nell’attesa che lui parlasse. Quanto a me, sapevo che qualunque cosa si facesse o dicesse, Craig avrebbe parlato solo quando lo avesse ritenuto giusto. Avevo imparato ad avere implicita fiducia e confidenza in lui, poiché dubito che Kennedy potesse essere messo nella situazione di non sapere esattamente che fare dopo aver sondato il terreno.
Alla fine, allungò tranquillamente la mano sul tavolo per prendere l’elenco telefonico della periferia, girò rapidamente le pagine, lo chiuse di scatto e osservò stancamente e con apparente sufficienza: “Ancora il solito vecchio problema delle testimonianze imprecise. Dubito che, se all’improvviso estraessi una pistola e sparassi a Jameson, uno di voi due saprebbe fornire un resoconto dell’accaduto in maniera rigorosa.”
Nessuno disse nulla, intanto lui spostò le mani dalla sua abituale posizione di pensiero con le punte delle dita unite, le mise entrambe dietro la testa e si appoggiò allo schienale guardandoci in faccia.
“Il primo passo”, disse lentamente, “deve essere quello di organizzare un ‘piano’. Per quanto posso capire, le taccheggiatrici o la taccheggiatrice, chiunque sia, non ha idea che qualcuno la stia cercando. Dunque, Donnelly è ancora molto presto e vorrei che lei telefonasse ai giornali rivelando che vorrebbe scrivessero sulle loro colonne di cronaca, che Trimble ha in mostra una nuova e speciale importazione di pietre sudafricane nel reparto di gioielleria, tra cui ce n’è una… vediamo… chiamiamola Kimberley Queen. Sembrerà sofisticato. Nel frattempo, trovi il falso gioiello più grande e perfetto che esista, lo faccia allestire per l’esposizione e lo etichetti come Kimberley Queen. Ci metta anche una storia qualsiasi per attirare l’attenzione. Ci vediamo domani mattina. Buonanotte e grazie per avermi sottoposto questo caso.”
Era piuttosto tardi, ma Kennedy, ormai completamente interessato a continuare la caccia, non aveva intenzione di aspettare fino al giorno dopo per agire di propria iniziativa. In effetti, mandando Donnelly a predisporre il piano, aveva appena organizzato il lavoro della serata. Non meno interessato al caso di lui, non avevo bisogno di un secondo invito e pochi minuti dopo eravamo diretti non nelle nostre stanze, ma verso il laboratorio, dove Kennedy aveva apparecchiature per far fronte a quasi ogni emergenza immaginabile. Da uno scaffale nell’angolo prese una scatola oblunga di quercia, lunga quasi mezzo metro, nella parte anteriore della quale era fissato un disco metallico con una specie di lancetta e un quadrante. Sollevò il coperchio della scatola e all’interno vidi due coperture lucenti che sollevò, rivelando quelle che sembravano due grosse bobine di filo. All’apparenza soddisfatto del suo esame, chiuse il coperchio e avviluppò la scatola con gran cura, affidandola alle mie mani e andò alla ricerca di filo di rame.
Dalla lunga esperienza con Kennedy sapevo che era meglio non chiedergli cosa avesse in mente. Mi bastava sapere che in quei pochi minuti di apparente svagatezza, mentre Donnelly e Bentley non sapevano che dire, lui aveva già tracciato una completa linea d’azione.
“Se i Willoughby fossero sulla guida telefonica”, osservò Craig camminando per Woodridge Avenue come se fossimo del posto, “avremmo potuto organizzare uno stratagemma. Ma, così come stanno le cose, dovremo ricorrere ad altro metodo, forse migliore, poiché non dovremo dipendere da nessuno.”
Il viale era davvero una bella strada, fiancheggiata su entrambi i lati da palazzi grandi e spesso imponenti, circondati da alberi e arbusti, che servivano in qualche modo a isolarli. Alla fine, arrivammo a casa Willoughby, una grande residenza coloniale situata su una collina. Era buio, fatta eccezione per una luce fioca al piano superiore. All’ombra della siepe, Craig scavalcò silenziosamente il basso recinto e strisciò lungo il muro, silenzioso come un indiano, facendo al massimo scricchiolare un ramoscello o frusciare una foglia morta. Si fermò quando raggiunse l’ala a destra della casa.
Io lo avevo seguito più faticosamente, portando la scatola e avevo notato che non guardava tanto la casa quanto il cielo. Non mi ci volle molto per capire cosa stava cercando. Non era una spedizione per osservare le stelle; seguiva il filo del telefono che dalla strada arrivava fino all’angolo della casa vicino alla quale adesso ci trovavamo. Un solo attimo di ispezione gli fece capire dove scendeva il filo esterno, per entrare nella parte superiore di una finestra.
Lavorò velocemente, anche se in una posizione piuttosto scomoda, collegando ai fili del telefono due cavi, con cura. Poi mi prese la scatola di quercia con il suo strano contenuto e la mise sotto il portico, in un punto in cui risultava nascosta da un reticolo che si estendeva fino a terra. Qui collegò altri fili del telefono che nascose come meglio poté dietro i tralci contorti di una vite. Alla fine, quando fu soddisfatto del lavoro, tornammo sui nostri passi, dove scoprimmo con sgomento che la nostra unica possibilità di tornare in città quella notte era prendendo il tram che, dopo molti cambi, ci portò infine nel nostro appartamento di New York, ben convinti degli svantaggi di investigare in periferia.
Ciononostante, il giorno dopo ci ritrovammo a indagare su Glenclair, questa volta in una posizione più gradevole. Avevamo uno o due amici giornalisti ben disposti a introdurci in quel caso, senza fare troppe domande. Kennedy, ovviamente, insistette per cominciare proprio dal quartier generale del pettegolezzo, il country club.
Trascorremmo parecchie ore piacevoli in giro per la città, raccogliendo una buona dose di informazioni varie e inutili. Anche se tutto era come Kennedy aveva sospettato. Annie Grayson aveva preso residenza in una casetta pittoresca in una delle migliori strade riparate della città. Ma il suo nome non era più Annie Grayson. Ora era la signora Maud Emery, un’affascinante giovane vedova piuttosto ricca, che viveva in modo molto tranquillo, ma confortevole e si era ritagliata uno spazio nell’esclusiva comunità del sobborgo, un membro di spicco della Chiesa, una funzionaria della Lega Civica, un nome nel club femminile e per di più popolare per chi riteneva perfetta quella società in cui l’unico ostacolo ai loro diritti sarebbe stato il pensiero anti-suffragio. In effetti, tutti parlavano della preziosa acquisizione sociale rappresentata da questa attraente giovane donna che dava ricevimenti sontuosi e vivacizzava una stagione altrimenti deprimente. Nessuno sapeva molto di lei, ma del resto non era necessario. Ben si vedeva come la signora mostrasse opinioni e azioni per nulla sovversive dell’ordine sociale.
I Willoughby erano senz’altro tra le persone più importanti della città. William Willoughby era a capo della ditta Willoughby & Walton ed era opinione generale che la signora Willoughby fosse a capo della ditta Ella & William Willoughby. I Willoughby sapevano stare in società e ne parlavano bene anche quelli che occupavano lo strato sociale appena inferiore al loro. In effetti l’estate precedente, quando la signora Willoughby, era rimasta ferita gravemente in un incidente automobilistico, Glenclair aveva mostrato sincera sollecitudine per lei e aveva messo da parte gran parte della sua artificiosità a favore di un genuino interesse umano.
Kennedy aspettava con impazienza l’occasione per recuperare la scatola che aveva lasciato sotto il portico di Willoughby. Più volte passammo davanti alla casa, ma fu solo al calar della notte che ritenne saggio effettuare il recupero. Ancora una volta scivolammo silenziosamente lungo il muro. Bastò un attimo per tagliare i fili e Craig portò via la preziosa scatola di quercia e le sue batterie in trionfo.
Durante il viaggio di ritorno verso la città parlò poco, ma appena arrivammo al laboratorio appoggiò la scatola su un tavolo con un accessorio che sembrava essere controllato da dei pedali.
“Walter”, spiegò, tenendo in mano quello che sembrava un auricolare, “questo è un altro di quei nuovi piccoli strumenti che utilizzano oggi gli investigatori scientifici. Un poeta potrebbe scrivere un breve verso intelligente tipo: Il telegrafo ti acchiapperà, se non stai attento. Questo è un telegrafo con la sua miglioria più recente, una piccola magia elettromagnetica in scatola, che noi investigatori usiamo per ricevere e catturare conversazioni telefoniche e altri suoni. Si basa su un principio completamente nuovo, in tutto e per tutto diverso dal fonografo. È stato scoperto da qualcuno che faceva esperimenti nel campo della telefonia diversi anni fa.
“A differenza del fonografo, qui non ci sono dischi, né cilindri di cera, ma due grandi bobine di filo d’acciaio sottilissimo. La registrazione non viene realizzata meccanicamente su un cilindro, ma sopra il filo per via elettromagnetica. Piccole porzioni di magnetismo vengono rilasciate su parti del filo di acciaio passando tra due elettromagneti al carbonio. Ogni porzione rappresenta un’onda sonora. Nel filo non è visibile alcuna differenza, nessuna abrasione superficiale, né altro cambiamento, eppure ogni particella di acciaio subisce una trasformazione elettromagnetica mediante la quale il suono viene impresso su di essa in modo indelebile a meno che non lo si cancelli con l’apposita calamita. Non ci sono cilindri da raschiare; per usare di nuovo il filo basta passarci sopra una calamita, che cancella automaticamente ogni registrazione precedente quando non la si volesse conservare. Si inserisce lo spinotto ed è possibile dettare o registrare una conversazione telefonica. Ruggine o altro deterioramento causato dal tempo sul filo d’acciaio non influiranno sulla registrazione elettromagnetica del suono. Sarà sempre leggibile finché durerà l’acciaio. È efficace tanto sulle lunghe quanto sulle brevi distanze e il filo che c’è su una di queste bobine è sufficiente per trenta minuti di registrazione ininterrotta.”
Craig continuò ad armeggiare estasiato con l’apparecchio.
“Il principio su cui si basa”, aggiunse, “è che una massa di acciaio temperato può essere colpita e trattenere flussi magnetici variabili in densità e segno in porzioni adiacenti della sua massa. Nessuna incisione sul filo o sul disco d’acciaio. Sul filo c’è invece depositato l’impulso magnetico che si ottiene collegando un comune trasmettitore telefonico con gli elettromagneti e parlando attraverso la bobina. Il disturbo provocato nelle bobine dalla vibrazione del diaframma del trasmettitore provoca un deposito di impulsi magnetici sul filo, poiché le bobine sono collegate a delle batterie a secco. Se il filo sarà successivamente fatto passare attraverso queste altre bobine, con un ricevitore come quello che ho qui adesso, nel diaframma del ricevitore avverrà una leggera vibrazione che riproduce il suono delle conversazioni registrate.”
Girò un interruttore, si mise un auricolare e me ne diede un altro collegato. Ascoltammo con attenzione. Nella macchina non si udivano rumori estranei, né cigolii o colpi, poiché controllava lo scorrimento del filo d’acciaio tramite un pedale.
Potevamo ascoltare tutto ciò che durante il giorno era stato detto al telefono dei Willoughby.
Le prime furono chiamate locali ai commercianti, che subito ignorammo. Poi ascoltammo la seguente conversazione:
“Ciao. Sei tu, Ella? Sì, sono Maud. Buongiorno. Come ti senti oggi?”
“Buongiorno, Maud. Non mi sento molto bene. Ho un atroce mal di testa.”
“Oh, che peccato, cara. Stai facendo qualcosa per star meglio? “
“No, niente. Se non passa, dirò a Willoughby di chiamare il dottor Guthrie.”
“Oh, spero che presto tu stia meglio. Poverina, non credi che un salto in città potrebbe farti bene? E se andassimo oggi?”
“Perché no? Non ci avevo pensato. Tu ci vai?”
“Hai visto la pubblicità Trimble sul giornale del mattino?”
“No, stamattina non ho visto i giornali. Mi faceva troppo male la testa.”
“Be’, dagli un’occhiata. Ti interesserà. Hanno in mostra il Kimberley Queen, il nuovo grande diamante sudafricano.”
“Davvero? Non ne ho mai sentito parlare, ma certo. Sì, mi piacerebbe vederlo. Tu l’hai mai visto?”
“No, ma ho deciso di non perdermelo. Dicono che sia meraviglioso. Dovresti proprio venire. Magari ho da dirti qualcosa di interessante.”
“Be’, sì. Grazie per il suggerimento, Maud. Forse un piccolo cambiamento mi farà bene. Che treno prendi? Il dieci-due? Va bene, vedrò di incontrarti alla stazione. Arrivederci, Maud.”
“Arrivederci, Ella.”
Craig fermò la macchina, la riaccese e riascoltò la registrazione. “Così”, commentò alla conclusione del riascolto, “il ‘piano’ ha messo le basi. Annie Grayson ha abboccato all’amo.”
Seguirono alcune altre chiamate in zona e una chiamata a lunga distanza dal signor Willoughby che non trovava la moglie a casa. Poi sembrò che non ci fosse più niente fino a dopo cena. Era lo stesso signor Willoughby che al momento ci interessava.
“Pronto! Pronto! È lei, dottor Guthrie? Bene, dottore, sono il signor Willoughby. Vorrei prendere un appuntamento domani per mia moglie. “
“Perché? Qual è il problema, signor Willoughby? Niente di serio, spero. “
“Oh, no, immagino di no. Però vorrei esserne sicuro e vorrei che lei stia un po’ meglio. Si lamenta che non dorme e di tanto in tanto ha un mal di testa piuttosto brutto.”
“Ah sì? Ah, poveretta. Le donne e i loro mal di testa mi sconcertano, come dottore, voglio dire. Spesso quei malanni spariscono all’improvviso come arrivano. Tuttavia, sarà bene che la visiti.”
“E poi lamenta dei suoni nelle orecchie, le sembra di sentire non so cosa, anche se non c’è nulla… per lo meno, nulla che io senta.”
“Um-m, allucinazioni uditive, direi. Qualche vertigine? “
“Direi sì, un po’, di tanto in tanto.”
“Come sta adesso?”
“Beh, questo pomeriggio è stata in città ed è abbastanza stanca, ma dice di stare un po’ meglio ed è eccitata per il viaggio.”
“Dunque, mi faccia capire. Fra pochi minuti sarò in Woodridge Avenue per visitare un paziente. Potrei fare un salto a casa sua?”
“Molto bene. Crede che sia qualcosa di grave, dottore?”
“Ah, no. Probabilmente sono solo i nervi. Forse un po’ di riposo le farà bene. Vedremo.”
Il telegrafo si fermò e questa doveva essere l’ultima conversazione registrata. Finora non avevamo appreso nulla di sorprendente, pensai e ne ero un po’ deluso. Kennedy, invece, sembrava molto soddisfatto.
Il nostro telefono squillò e si scoprì che c’era Donnelly in linea. Aveva cercato di contattare Kennedy tutto il giorno, per riferirgli che i suoi uomini avevano visto la signora Willoughby a Trimble diverse volte e che Annie Grayson aveva guardato con molto interesse la Kimberley Queen e gli altri gioielli della mostra. Nient’altro da segnalare.
“Continuate l’esposizione un altro giorno o due”, ordinò Kennedy. “Fatelo sapere in giro, ma in modo discreto. Non vogliamo che arrivino troppe persone. Ci vediamo al negozio domattina sul presto.”
“Penso che stasera tornerò di corsa a Glenclair”, comunicò Kennedy mentre riattaccava il ricevitore. “Non serve che venga anche tu, Walter. Voglio vedere un momento il dottor Guthrie. Sai? Oggi ci siamo incontrati al country club, un uomo di mezza età dall’aspetto gentile?”
Sarei tornato volentieri con lui, ma sentivo che non sarei stato di alcuna utilità. Mentre era via riflettei molto sulla situazione. Già in precedenza, almeno altre due volte, qualcuno aveva rubato gioielli nei negozi lasciando al loro posto imitazioni senza valore. Ma entrambe le volte le prove erano risultate contraddittorie, sicché fu impossibile dire se fossero davvero valide. Mi chiedevo se ora ci fosse motivo di supporre che sarebbe andata diversamente. Una ladra sana di mente non avrebbe mai osato rubare la grande gemma della Kimberley Queen, con tutti gli occhi di impiegati e investigatori puntati sull’oggetto. Ammesso che non si accorgesse subito del trucco di un gioiello finto. E se Craig avesse fatto credere al personaggio di poterla far franca, le prove sarebbero di nuovo state contraddittorie; o peggio, non ci sarebbe stata nessuna prova.
Eppure, più ci pensavo, più mi sembrava evidente che Kennedy doveva aver pensato già a tutto da un po’. Al momento l’unica cosa che avevo capito era che stesse preparando una trappola. Ma, quando fosse tornato, avevo intenzione di metterlo in guardia perché, a meno di essere abili o fortunati ben più del solito, non ci potevamo basare solo su ciò che vedevamo, o tantomeno sentivamo in quella operazione. Non sarebbe stato saggio affidarci a qualcosa di fallibile come l’occhio o l’orecchio e contavo di sottolinearlo bene. Del resto, finora, quale era stato il risultato netto delle nostre attività? Non avevamo trovato quasi nulla e tutto restava un mistero più grande di prima.
Era molto tardi quando Craig tornò, ma dall’espressione raggiante del suo viso capii che aveva avuto successo per qualunque cosa avesse in mente quando aveva iniziato il suo giro.
“Ho visto il dottor Guthrie”, riferì laconicamente, mentre ci preparavamo ad andare a dormire. “Dice che non ne è del tutto sicuro, ma che la signora Willoughby potrebbe soffrire un po’ di vertigini. In ogni caso mi ha concesso di accompagnarlo domani a visitarla, sotto le vesti di uno specialista di New York esperto in malattie nervose. Ho dovuto raccontargli del caso quel tanto che basta per suscitare il suo interesse, ma questo non farà danni. Credo che punterò la sveglia un’ora prima. Domani voglio alzarmi presto e se, quando ti svegli non dovessi trovarmi qui, vieni da Trimble.”
Le immagini di questo racconto sono state generate da AI Microsoft Designer.
nasce il 5 ottobre 1880, muore il 9 agosto 1936, è stato uno scrittore americano di misteries. È conosciuto soprattutto per aver creato il personaggio del Professor Craig Kennedy, talvolta chiamato "Lo Sherlock Holmes americano"