Il decimo racconto di Arthur B. Reeve, che si intitola La tossina della morte, è un estratto da Il medico dei sogni, in una nuova traduzione di Mario Luca Moretti e mia, Franco Giambalvo. Il libro uscirà presso Edizioni Scudo a cura di Giorgio Sangiorgi e Luca Oleastri. La conclusione di questa avventura ci parla di una scienza che non esisteva e solo oggi potrebbe essere messa in pratica (forse) sequenziando il DNA.
Al momento su questo sito sono disponibili i seguenti capitoli:
1. Il dottore mi ha dato sonno ,
2. Analisi dell’anima
3. La Sibarita
4. Il salone di bellezza
5. Il circuito fantasma
6. Il Detettàfono
7. Il verde maledizione
8. Il sarcofago della mummia
9. L’elisir di lunga vita
Il prossimo capitolo, qui accennato, come sempre, a fine avventura, oggi probabilmente non sarebbe possibile scriverlo. Soprattutto per ragioni di Political Correctness : si tratta infatti di un’avventura di mafia e magia cinese…

 

La nota di appello nel suo tono era potente, ma non potevo scrollarmi di dosso così facilmente i miei primi sospetti su quella donna. Se avesse convinto o meno Kennedy, lui non lo diede a vedere.

“Ero solo una ragazzina quando conobbi il signor Thornton,” continuò. “Non avevo ancora diciotto anni quando ci sposammo. Troppo tardi ho scoperto la maledizione della sua vita… e della mia. Era un drogato. Fin dal primo momento la vita con lui fu insopportabile. Ho resistito finché ho potuto, ma quando mi picchiò perché non aveva soldi per comprare la droga, lo lasciai. Mi gettai nella carriera teatrale. Più tardi seppi che era morto, un suicidio. Lavorai giorno e notte, lavorai come una schiava e feci carriera nella professione, finché, alla fine, conobbi il signor Pitts.

Fece una pausa ed era evidente che faceva uno sforzo per parlare a quel modo.

“Tre mesi dopo il nostro matrimonio, Thornton riapparve all’improvviso, mi sembrò resuscitato. Ma non voleva me. No davvero. Tutto ciò che voleva erano soldi. Gli diedi dei soldi, i miei soldi, perché avevo guadagnato molto con il teatro. Ma le sue richieste aumentavano. Per farlo tacere gli diedi migliaia di dollari. Li sperperava sempre più in fretta e alla fine, quando diventò insopportabile, chiesi aiuto a un amico. Quell’amico è ora riuscito a ricoverare tranquillamente quest’uomo in un manicomio.”

“E l’omicidio del cuoco?” esplose Kennedy.

Ci guardò prima l’uno poi l’altro allarmata. “Davanti a Dio, non so niente più di quanto sappia il signor Pitts.”

Stava dicendo la verità? Davanti a cosa si sarebbe fermata pur di evitare lo scandalo e la vergogna dell’accusa di bigamia? C’era altro che nascondeva? Si rifugiò nell’ultima risorsa: le lacrime.

Per quanto fosse incoraggiante aver fatto tali progressi, non mi sembrava, dopo tutto, che fossimo più vicini alla soluzione del mistero. Kennedy, come al solito, non voleva dire nulla finché non fosse assolutamente certo della sua teoria. Trascorse gran parte della giornata successiva lavorando intensamente sui minuziosi esami nel laboratorio, lasciandomi il compito di organizzare i dettagli di un incontro che aveva programmato per quella notte.

Erano presenti il signor e la signora Pitts, il primo responsabile del dottor Lord. C’era anche il cameriere, Edward, e in una stanza accanto c’era Thornton di cui si occupavano due infermiere del sanatorio. Thornton era ormai un triste relitto, qualunque cosa fosse stato quando il suo ricatto gli aveva fornito una scorta illimitata dei farmaci preferiti.

“Torniamo all’inizio,” iniziò Kennedy quando fummo tutti assieme, “l’omicidio del cuoco, Sam.”

Sembrava che il semplice suono della sua voce elettrizzasse il piccolo pubblico. Immaginavo che un brivido attraversasse l’esile figura della signora Pitts, poiché doveva aver capito che quello era il punto in cui Kennedy si era interrotto, nell’interrogarla la sera prima.

“Esiste,” continuò lentamente il mio amico, “un esame del sangue così delicato che, si può dire, potrebbe identificare un criminale proprio dai suoi cristalli sanguigni: le sue impronte digitali, per così dire, del sangue. È stato grazie a questi ‘indizi dell’emoglobina’, se così posso chiamarli, che sono riuscito a prendere la giusta strada. Il fatto è che il sangue dell’uomo non è come quello di qualunque altro essere vivente. Il sangue di uomini diversi, di uomini e donne è diverso. Credo che col tempo saremo in grado di perfezionare questo test anche per individuare con esattezza ogni singolo individuo.

“Qual è questo principio? È che l’emoglobina o sostanza colorante rossa del sangue forma cristalli. Questo è noto da tempo, ma lavorando su questo fatto il dottor Reichert e il professor Brown dell’Università della Pennsylvania hanno fatto delle scoperte meravigliose.

“È vero che già prima potevamo distinguere il sangue umano da quello animale. Ma la scoperta di questi due scienziati ci porta ben oltre. Per mezzo dei cristalli di sangue possiamo distinguere il sangue dell’uomo da quello degli animali e non solo, quello degli uomini bianchi da quello degli uomini di colore o di altre etnie. Spesso è l’unico modo per distinguere i vari tipi di sangue.

“Le variazioni dei cristalli nel sangue riguardano in parte la forma e in parte la struttura molecolare, quest’ultima scoperta solo per mezzo del microscopio polarizzatore. Un cristallo di sangue è lungo appena un millesimo di millimetro e largo quattro centomillesimi di millimetro. Eppure, per quanto piccoli siano questi cristalli, la scoperta è di immensa importanza medico-legale. Ora il crimine può essere rintracciato attraverso i cristalli di sangue,”

Espose sul suo tavolo alcune microfotografie ingrandite. Alcune erano etichettate: “Caratteristici cristalli del sangue dell’uomo bianco”; altre “Cristallizzazione del sangue dell’uomo nero”; altre ancora: “Cristalli di sangue del gatto,”

“Ho qui,” riprese, dopo che tutti noi avevamo esaminato le fotografie e visto che c’era davvero una grande differenza, “tre tipi caratteristici di cristalli, che ho trovato nei vari punti della cucina del signor Pitt. Secondo l’infallibile test di Reichert esistevano tre tipi di sangue,”

Ero preparato alla sua scoperta di due tipi, ma tre aumentavano ancora di più il mistero.

“Solo una piccola parte del sangue che era quello del povero, fedele, sfortunato Sam, il cuoco nero,” continuò Kennedy. “Una maggiore quantità, ritrovata lontano dal suo corpo, è il sangue di una persona bianca. Ma la maggior parte non è affatto sangue umano. Era sangue di gatto.”

La rivelazione fu sorprendente. Prima che qualcuno di noi potesse chiederlo, si affrettò a spiegare.

“È stato messo lì da qualcuno che voleva far sembrare tremenda la lotta per sviare i sospetti. Quella persona era stata effettivamente ferita leggermente, ma voleva che sembrasse che le ferite fossero molto gravi. Il fatto è che il tranciante è macchiato profondamente di sangue, ma non è sangue umano. È il sangue di un gatto. Qualche anno fa anche un investigatore scientifico avrebbe concluso che c’era stato uno scontro corpo a corpo feroce e che anche l’assassino era forse ferito a morte. Ora abbiamo un’altra conclusione, dimostrata infallibilmente da questo test di Reichert. L’assassino è stato ferito, ma non gravemente. Quella persona è addirittura uscita dalla stanza ed è tornata più tardi, probabilmente con un barattolo di sangue animale, cosparso qua e là per dare l’impressione di una colluttazione, forse pensando di preparare in questo modo un’istanza di legittima difesa. Se così fosse, questo test di Reichert lo distruggerebbe completamente, per quanto intelligente fosse la sua trovata.” Nessuno parlava, ma lo stesso pensiero era palese in tutti noi. Chi era il criminale ferito?

Mi ero posto la solita domanda degli avvocati e degli investigatori: chi trarrebbe maggior beneficio dalla morte di Pitts? All’apparenza c’era una sola risposta a questa domanda. Minna Pitts. Eppure, mi era difficile credere che una donna della sua gentilezza potesse essere qui stasera, di fronte a una così grande esposizione, eppure così premurosa per lui come lo era stata e allo stesso tempo complottare contro di lui. Ci rinunciai, deciso a lasciare che Kennedy risolvesse la questione a modo suo.

Evidentemente Craig aveva in mente lo stesso pensiero, perché continuò: “È stata una donna ad uccidere il cuoco? No, perché il terzo campione di sangue, quello della persona bianca, era di sangue maschile; non femminile.”

Pitts lo aveva ascoltato con attenzione, con gli occhi innaturali che ora brillavano. “Ha detto che era ferito, si ricorda?” lo interruppe, come se cercasse nella sua mente qualcuno che mostrasse una ferita recente. “Forse non era una brutta ferita, ma era comunque una ferita, e qualcuno deve averla vista, deve averla notata. Non sono passati nemmeno tre giorni,”

Kennedy scosse la testa. Quell’appunto lo infastidì molto.

“Quanto alle ferite,” aggiunse in tono misurato, “anche se sono state fatte appena tre giorni fa, non c’è persona, neanche lontanamente sospettata del delitto, che possa portare sulle mani o sul volto altro che vecchie cicatrici. “

Fece una pausa. Poi esclamò in un rapido stacco: “Avete mai sentito parlare della più recente scoperta del dottor Carrel, accelerare la guarigione delle ferite in modo che quelle che in circostanze normali potrebbero richiedere dieci giorni per guarire possano essere invece guarite in ventiquattr’ore?”

A quel punto abbozzò rapidamente la teoria. “Se si scoprissero i fattori che determinano la moltiplicazione delle cellule e la crescita dei tessuti, si disse il dottor Carrel, forse diventerebbe possibile accelerare artificialmente il processo di riparazione del corpo. Le ferite asettiche potrebbero probabilmente essere fatte cicatrizzare più rapidamente. Se il ritmo di riparazione dei tessuti fosse accelerato solo di dieci volte, una ferita della pelle guarirebbe in meno di ventiquattro ore e una frattura della gamba in quattro o cinque giorni.

“Da cinque anni il dottor Carrel studia l’argomento, applicando vari estratti sui tessuti feriti. Tutti hanno aumentato la crescita del tessuto connettivo, ma il grado di accelerazione variava notevolmente. In alcuni casi era addirittura quaranta volte superiore alla norma. Il sogno del dottor Carrel di dieci volte la norma è stato superato da lui stesso.”

Per quanto stupiti da questa rivelazione, Kennedy non sembrò considerarla così importante come quella che si apprestava a mostrarci. Prese alcuni centimetri cubi di una coltura che stava preparando, li mise in un tubo e vi versò otto o dieci gocce di acido solforico. Lo scosse.

“Ho qui una cultura di parte del cibo che ho scoperto veniva preparato o era stato preparato per il signor Pitts. Era nella ghiacciaia.”

Poi prese un altro tubo. “Questa,” osservò, “è una soluzione uno a mille di nitrito di sodio,”

Lo sollevò con cautela e ne versò tre o quattro centimetri cubi nel primo tubo in modo che scorresse bene lungo il lato, in modo tale da formare una linea netta di contatto tra la coltura con l’acido, più pesante, e la soluzione più leggera di nitrito.

“Vedete,” disse, “la reazione è molto chiara se si fa in questo modo. Il metodo ordinario in laboratorio e nei libri di testo è rozzo e incerto.”

“Che cos’è?” chiese Pitts con entusiasmo, sporgendosi in avanti con slancio insolito e notando il colore rosa che appariva all’incontro dei due liquidi, in netto contrasto con le porzioni sopra e sotto.

“Il test dell’anello o del contatto per l’indòlo,” rispose Kennedy, con evidente soddisfazione. “Quando si mescolano acido e nitriti la reazione del colore è insoddisfacente. La tinta gialla naturale maschera quella rosa, o talvolta la fa scomparire, se il tubo viene agitato. Ma questo è semplice, chiaro, delicato, ineludibile. C’era dell’indòlo nel suo cibo, signor Pitts.»

“Indòlo?” ripeté Pitts.

“Si tratta,” spiegò Kennedy, “di un composto chimico, una delle tossine secrete dai batteri intestinali e responsabile di molti sintomi della senilità. Un tempo si pensava che grandi dosi di indòlo potessero essere consumate con poco o nessun effetto sull’uomo normale, ma ora sappiamo che da esso possono derivare mal di testa, insonnia, confusione, irritabilità, diminuzione dell’attività delle cellule e intossicazione. Dosi relativamente piccole per un lungo periodo producono cambiamenti negli organi che portano a risultati gravi.

“Sono,” continuò Kennedy, mentre l’orrore della cosa penetrava nelle nostre menti, “i batteri produttori di indòlo e fenolo che sono i cittadini indesiderabili del corpo, mentre i germi produttori di acido lattico bloccano la produzione di indòlo e fenolo. Nei miei test di oggi ho iniettato quattro centesimi di grano di indòlo in una cavia. L’animale soffriva di sclerosi o di indurimento dell’aorta. Sono stati colpiti il fegato, i reni e i vasi surrenali e si è verificato un indurimento del cervello. Insomma, c’erano tutti i sintomi della vecchiaia,”

Eravamo seduti inorriditi. Indòlo! Di che magia nera si trattava? Chi l’aveva messo nel cibo?

“È presente,” continuò Craig, “in quantità molto maggiori di quelle che tutti i germi Metchnikoff potrebbero neutralizzare. Ciò che al cuoco è stato ordinato di mettere nel cibo a suo beneficio, signor Pitts, è stato reso inutile, e un veleno mortale è stato aggiunto da un altro…”

Minna Pitts si era aggrappata ai braccioli della sedia per sostenersi.

Kennedy proseguì. Lei allora si gettò ai piedi di Emery Pitts.

“Perdonami,” singhiozzò. “Non posso più sopportarlo. Avevo cercato di tenerti nascosta questa cosa di Thornton. Ho provato a renderti felice e farti star bene… oh, ci ho provato tanto, fedelmente. Eppure, quel vecchio scheletro del mio passato che credevo sepolto non poteva restare sepolto. Ho comperato più e più volte Thornton, con i soldi… i miei soldi… solo per trovarmelo di nuovo accanto. Ma riguardo a quest’altra cosa, questo veleno, sono innocente, e credo che anche Thornton lo sia…”

Craig le posò delicatamente una mano sulle labbra. Lei si alzò di colpo e lo affrontò con una foga appassionata.

“Chi… chi è questo Thornton?” chiese Emery Pitts.

Rapidamente, con delicatezza, risparmiando quanto poteva, Craig si affrettò a raccontare le nostre esperienze.

“È nella stanza accanto,” continuò Craig, poi, rivolto a Pitts, aggiunse: “Con lei vivo, Emery Pitts, questo ricatto nei confronti di sua moglie avrebbe potuto continuare, anche se c’era sempre il pericolo che lei potesse venirne a conoscenza… e fare quello che vedo ha già fatto: perdonare e pianificare di correggere lo sfortunato errore. Ma con la sua morte, questo Thornton, o meglio qualcuno che lo sta usando, potrebbe togliere a Minna Pitts tutto il suo interesse per la sua proprietà, in poche parole. La legge, o i suoi eredi legali, non la perdonerebbero mai come farebbe lei.”

Pitts, avvelenato da tempo dal sottile veleno microbico, fissò Kennedy come stordito.

“Chi è stato colto nella sua cucina, signor Pitts, e, per non essere scoperto, ha ucciso il suo fedele cuoco e ha coperto le sue tracce in modo così astuto?” urlò Kennedy. “Chi avrebbe potuto conoscere il nuovo processo di guarigione delle ferite? Chi conosceva le proprietà fatali dell’indòlo? Chi era disposto a rinunciare a un premio di centomila dollari per guadagnare una fortuna di molte centinaia di migliaia?”

Kennedy fece una pausa, poi concluse con una logica irresistibilmente drammatica:

“Chi altri se non l’uomo che custodiva il segreto del passato di Minna Pitts e il potere sul suo futuro, ma solo finché avrebbe potuto mantenere in vita lo sfortunato Thornton – il medico ben aggiornato che di notte ha sostituito un elisir di morte con l’elisir di lunga vita prescritto da lui durante il giorno: il dottor Lord.”

Kennedy si era mosso silenziosamente verso la porta. Non era necessario. Il dottor Lord era alle strette e lo sapeva. Non reagì. Infatti, subito la sua mente acuta fu impegnata a delineare la sua battaglia in tribunale, basandosi sulle testimonianze contrastanti di esperti appositamente assunti.

“Minna,” mormorò Pitts, cadendo sui cuscini, esausto per l’eccitazione, “Minna… perdonarti? Cosa c’è da perdonare? L’unica cosa da fare è correggere. Starò bene, presto, mia cara. Allora tutto si sistemerà.”

“Walter,” mi sussurrò Kennedy, “mentre aspettiamo, puoi organizzare che Thornton venga curato al Sanatorio del dottor Hodge?”

Mi consegnò un biglietto con le indicazioni su dove portare lo sfortunato. Quando finalmente ebbi collocato Thornton dove nessun altro avrebbe potuto fare del male tramite lui, tornai di corsa in laboratorio.

Craig era ancora lì, ad aspettare, ma era solo.

“Quel dottor Lord sarà un cliente difficile,” osservò. “Naturalmente non ci interessa cosa succeda dopo che abbiamo catturato il criminale. Ma spesso questo è solo l’inizio della lotta. Comunque, adesso lo abbiamo alloggiato al sicuro nelle Tombe.”

“Vorrei che ci fosse qualche elisir contro la fatica,” osservai, mentre chiudevamo il laboratorio quella notte.

“C’è,” rispose. “Un rimedio omeopatico: più stanchezza.”

Iniziammo la nostra solita passeggiata veloce verso l’appartamento. Ma invece di andare a letto, Kennedy prese un libro dalla libreria.

“Stanotte lo leggerò per addormentarmi,” spiegò, sistemandosi profondamente sulla sedia.

Quanto a me, andai direttamente in camera mia, programmando che l’indomani mi sarei preso qualche ora libera e avrei ripreso i miei appunti.

Quella mattina Kennedy fu convocato in centro e dovette interrompere i suoi compiti più importanti per comparire davanti al dottor Leslie nell’inchiesta del coroner sulla morte del cuoco. Il dottor Lord fu trattenuto davanti al Grand Jury, ma Craig ritornò solo quasi a mezzogiorno.

Stavamo per uscire a pranzo quando suonarono il campanello della porta.

“Un biglietto per il signor Kennedy,” annunciò un uomo in uniforme della polizia, con un’ancora blu bordata di bianco sulla manica del cappotto.

Con l’indice Craig strappò rapidamente la busta con l’intestazione “Polizia portuale, stazione n. 3, Staten Island.” C’era un messaggio urgente del nostro vecchio amico, il vicesceriffo O’Connor.

“Mi sono preso carico personalmente di un caso sufficientemente fuori dall’ordinario da interessarla,” lessi quando Kennedy mi lanciò il biglietto e fece cenno all’uomo della squadra portuale di aspettarci. “La famiglia Curtis desidera assumere un investigatore privato che operi assieme alla polizia nelle indagini sulla morte di Bertha Curtis, il cui corpo è stato trovato questa mattina nelle acque di Kill van Kull.”

Kennedy e io non perdemmo tempo e ci avviammo in città con il poliziotto che aveva portato il biglietto.

I Curtis, per quanto ne sapevamo, erano tra le famiglie più importanti di Manhattan e ricordavo di aver sentito dire che un tempo Bertha Curtis aveva fatto l’attrice, nonostante i mezzi e la posizione sociale della sua famiglia, dalla quale si era allontanata di conseguenza.

Alla stazione della polizia portuale, O’Connor e un altro uomo, che era in uno stato di estrema eccitazione, ci salutarono senza quasi darci il tempo di arrivare.

“Ci sono stati degli strani fatti da queste parti,” esclamò il vicesceriffo mentre afferrava la mano di Kennedy, “ma prima di tutto lasciate che vi presenti il signor Walker Curtis.”

Mentre risalivamo il molo, O’Connor continuò in tono più basso: “È il fratello della ragazza il cui corpo gli uomini della lancia d’ordinanza hanno trovato a Kill questa mattina. All’inizio pensavano che la ragazza si fosse suicidata gettandosi in acqua, ma lui non ci crede e… be’, se venite con noi all’impresa di pompe funebri, mi farebbe piacere che lei desse un’occhiata al corpo per capire se la sua opinione coincide con la mia,”

“Di solito,” continuò O’Connor, “nel lavoro della polizia portuale non c’è molto romanticismo al giorno d’oggi, ma in questo caso sembrano essere presenti altri elementi che di solito non sono associati alle morti violente nelle acque della baia, e io, lo vedrete, ho ritenuto necessario assumermi personalmente la responsabilità delle indagini.

“Ora, per farla breve il più possibile, Kennedy, lei sa ovviamente che l’ultima sessione legislativa ha promulgato leggi che vietano la vendita di droghe come oppio, morfina, cocaina, cloralio e altre, pena sanzioni molto più pesanti di prima. Le autorità sanitarie ci hanno riferito non molto tempo fa che la droga veniva venduta quasi apertamente, senza prescrizione medica, in decine di posti, e noi abbiamo iniziato una crociata per l’applicazione della legge. Naturalmente sa come funziona il proibizionismo in tanti posti e come si batte la legge. I drogati sembrano fare la stessa cosa in questo caso.

“Al giorno d’oggi si parla di un ‘sistema’ che controlla tutto; quindi, suppongo che la gente direbbe che esiste una ‘organizzazione della droga’. In ogni caso ci siamo imbattuti in almeno alcuni posti che sembrano essere in qualche modo collegati, da Chinatown a un bel posto nei quartieri alti intorno a quella che i giornali chiamano ‘Piazza del Crimine’. Ciò che ci interessa non è tanto il fatto che questo posto assecondi i criminali o le donne del Tenderloin, quanto il fatto che i suoi frequentatori siano uomini e donne della società alla moda, i cui nervi eccitati sembrano richiedere forti narcotici.

“Questo luogo in particolare pare sia il quartier generale dove procurarseli, soprattutto oppio e suoi derivati.

“Una delle frequentatrici del posto era questa povera ragazza, Bertha Curtis. L’ho vista entrare e uscire anch’io, con lo sguardo arrabbiato, agitata, mentalmente e fisicamente distrutta per sempre. Forse venticinque o trenta persone visitano quel posto ogni giorno. È gestito da un uomo conosciuto come ‘Big Jack’ Clendenin che una volta faceva l’attore e, credo, incontrò e conquistò la signorina Curtis durante la sua breve carriera sul palco. Ha un attendente, un giapponese, di nome Nichi Moto, che è un vero enigma. Non riesco a capirlo sulla base di nessuna teoria sensata. Molto tempo fa abbiamo fatto irruzione in quel posto e abbiamo sequestrato parecchio oppio, pipe, materiale e altra roba. Lì abbiamo trovato Clendenin, la ragazza, parecchi altri e il giapponese. Non ho mai capito come fosse andata, ma in qualche modo Clendenin se l’è cavata con una multa simbolica e dopo pochi giorni ha riaperto. Tenevamo d’occhio il posto, preparandoci a fare un’altra razzia e a presentare prove tali che Clendenin non avrebbe potuto eludere, quando all’improvviso è arrivata questa… questa tragedia.”

Finalmente arrivammo all’azienda privata che fungeva da obitorio. La forma piena di fango della donna era stata trascinata qua e là per tutta la notte dalle maree e giaceva nel seminterrato freddo e umido. Bertha Curtis un tempo era stata una ragazza di straordinaria bellezza. Osservai a lungo i lineamenti gonfi prima di rendermi conto di ciò che mi affascinava e mi stupiva in lei. Kennedy, però, dopo uno sguardo distratto era arrivato a capire almeno una parte della sua storia.

“Quella ragazza,” mi sussurrò in modo che suo fratello non potesse sentire, “ha condotto una vita piuttosto frenetica. Guarda le unghie, sono gialle e scure. Non ha la faccia di una drogata. Non mi sorprenderei se tutta la faccenda, il glamour orientale e tutto il resto, la affascinassero quasi più della droga.”

A quel punto il caso e la straziante tragedia, mostrava tutte le caratteristiche di un suicidio.

 

Traduzione
© 2024 by Mario Luca Moretti
© 2024 by Franco Giambalvo
Immagini generate con AI Microsoft Designer

 

Arthur B. Reeve: Kennedy & Jameson
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nasce il 5 ottobre 1880, muore il 9 agosto 1936, è stato uno scrittore americano di misteries. È conosciuto soprattutto per aver creato il personaggio del Professor Craig Kennedy, talvolta chiamato "Lo Sherlock Holmes americano"